The discipline of jus variandi is based on art. 2103 of the Civil Code, which establishes the employer's power to unilaterally change the tasks originally assigned to the employee, without having to obtain the consent of the obligated party. It is justified by the desire to guarantee a certain level of flexibility to the employer within the organization. The article has been subject to several amendments due to developments in the labor market. The original version was issued by the Civil Code of 1942 and established the limitation of the employer's power to change the tasks agreed upon in the contract without the worker's consent. Over time, art. 2103 of the Civil Code has undergone significant changes, in particular by art. 13 of Law n. 300 of 1970 (Workers' Statute) and by art. 3 of Legislative Decree n. 81/2015 (Jobs Act). Art. 13 of the Workers' Statute has strengthened worker protection by introducing the concept of equivalence and the prohibition of demotion; on the other hand, art. 3 of the Jobs Act has made the discipline of jus variandi more flexible by eliminating the concept of equivalence and providing for demotion hypotheses. Jus variandi, in the subordinate employment contract, has always been possible even before its codification in art. 2103 of the civil code: with it, its conditions of exercise and its effects have been formally explained and, regardless of the rewritings that have occurred over the years, two fundamental constants can be examined, namely its non-admissibility in all cases and, therefore, its need for a factual prerequisite in order to be able to be exercised and, secondly, the perennial respect for the principle of correspondence between tasks.
La disciplina dello jus variandi trova fondamento nell’art. 2103 cod. civ., il quale sancisce il potere del datore di lavoro di cambiare unilateralmente le mansioni originariamente attribuite al prestatore di lavoro, senza dover ottenere il consenso della parte obbligata. Esso si giustifica nel voler garantire un certo livello di flessibilità al datore di lavoro all’interno dell’organizzazione. L'art. 2103 cod. civ. è stato oggetto di diverse modifiche a causa delle evoluzioni del mercato del lavoro. La versione originaria è stata emanata dal Codice Civile del 1942 e stabiliva la limitazione del potere del datore di lavoro di cambiare le mansioni convenute in sede contrattuale senza il consenso del lavoratore. Con il passare del tempo, l'art. 2103 cod. civ. ha subito modifiche significative, in particolare dall'art. 13 della legge n. 300 del 1970 (Statuto dei Lavoratori) e dall'art. 3 del d. lgs. n. 81/2015 (Jobs Act). Da una parte, l'art. 13 dello Statuto dei lavoratori ha rafforzato la tutela per il lavoratore mediante l'introduzione del concetto di equivalenza e del divieto di demansionamento, dall'altra, l'art. 3 del Jobs Act ha reso più flessibile la disciplina dello jus variandi attraverso l'eliminazione del concetto di equivalenza e la previsione di ipotesi di demansionamento. Lo jus variandi, nel contratto di lavoro subordinato, è sempre stato possibile anche anteriormente alla sua codificazione nell’art. 2103 cod. civ.: con essa sono stati esplicati formalmente le sue condizioni di esercizio e i suoi effetti e, a prescindere dalle riscritture avvenute nel corso degli anni, si possono esaminare due costanti fondamentali, ovvero la sua non ammissibilità in tutti i casi e, quindi, la sua necessità di un presupposto di fatto per potersi esercitare e, in secondo luogo, il perenne rispetto del principio di corrispettività tra le mansioni.
LA DISCIPLINA DELLO JUS VARIANDI E LA SUA EVOLUZIONE
ESPOSITO, GIULIA
2023/2024
Abstract
La disciplina dello jus variandi trova fondamento nell’art. 2103 cod. civ., il quale sancisce il potere del datore di lavoro di cambiare unilateralmente le mansioni originariamente attribuite al prestatore di lavoro, senza dover ottenere il consenso della parte obbligata. Esso si giustifica nel voler garantire un certo livello di flessibilità al datore di lavoro all’interno dell’organizzazione. L'art. 2103 cod. civ. è stato oggetto di diverse modifiche a causa delle evoluzioni del mercato del lavoro. La versione originaria è stata emanata dal Codice Civile del 1942 e stabiliva la limitazione del potere del datore di lavoro di cambiare le mansioni convenute in sede contrattuale senza il consenso del lavoratore. Con il passare del tempo, l'art. 2103 cod. civ. ha subito modifiche significative, in particolare dall'art. 13 della legge n. 300 del 1970 (Statuto dei Lavoratori) e dall'art. 3 del d. lgs. n. 81/2015 (Jobs Act). Da una parte, l'art. 13 dello Statuto dei lavoratori ha rafforzato la tutela per il lavoratore mediante l'introduzione del concetto di equivalenza e del divieto di demansionamento, dall'altra, l'art. 3 del Jobs Act ha reso più flessibile la disciplina dello jus variandi attraverso l'eliminazione del concetto di equivalenza e la previsione di ipotesi di demansionamento. Lo jus variandi, nel contratto di lavoro subordinato, è sempre stato possibile anche anteriormente alla sua codificazione nell’art. 2103 cod. civ.: con essa sono stati esplicati formalmente le sue condizioni di esercizio e i suoi effetti e, a prescindere dalle riscritture avvenute nel corso degli anni, si possono esaminare due costanti fondamentali, ovvero la sua non ammissibilità in tutti i casi e, quindi, la sua necessità di un presupposto di fatto per potersi esercitare e, in secondo luogo, il perenne rispetto del principio di corrispettività tra le mansioni.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/161563