La devianza femminile: la criminalità violenta di genere

This paper is born from a specific interest in the theme of female deviance and anthropological and psychological implications that lead women to delinquency and be labeled as "strange", "bad". With a focus on gender-based violent crime, especially mothers who kill their children. The sex of the offender was not a fundamental or specific criterion in relation to studies on female deviance, but when taken into account it was less important than other factors, at least statistically, because the number of crimes committed by women has always been significantly lower than that of men. There has been a persistent cultural difficulty in dealing with and framing the problem of women delinquents; historically, deviant women, that is, contrary to the rules that society (male) had given herself, was never considered as a conscious carrier of rebellion or social discomfort, but, because of her biological and psychic inferiority, as a "possessed" (for example witch) or mentally ill (for example hysterical). This thesis, which is composed of three chapters each subdivided into paragraphs, considers the following topics: In the first chapter I will offer an overview of the main sociological and anthropological theories through which female deviance has been and can be investigated. In the second chapter, we will consider the feminist movement through the three waves, the birth of feminist criminology and the contributions made by some authors. In the third and final chapter, a sensitive issue will be addressed that causes great dismay in society: mothers who kill their children. We will analyze art. 578 of the Penal Code that regulates the crime of infanticide, then take into account the cultural and psychological aspects that lead the mother to commit this aberrant crime. Finally, the reconstruction of the case of Alessia Pifferi.

Il presente elaborato nasce da uno specifico interesse per il tema della devianza femminile e dei risvolti antropologici e psicologici che portano la donna a delinquere e ad essere etichettata come “strana”, “cattiva”. Con un focus incentrato sulla criminalità violenta di genere, in particolare le madri che uccidono i propri figli. L’appartenenza sessuale dell’autore di reato non ha costituito un criterio fondante o specifico in relazione agli studi sulla devianza femminile, anzi, quando è stato preso in considerazione, è risultato meno importante di altri fattori, quantomeno a livello statistico, poiché il numero dei reati commessi dalle donne è da sempre sensibilmente inferiore a quello degli uomini. Vi è stata nel tempo una persistente difficoltà culturale ad affrontare ed inquadrare la problematica della donna delinquente; storicamente, la donna deviante, che cioè contravveniva alle regole che la società (maschile) si era data, non è mai stata considerata come portatrice cosciente di ribellione o disagio sociale, ma, in ragione della sua inferiorità biologica e psichica, come una “posseduta” (ad esempio strega) o malata di mente (ad esempio isterica). Questa tesi, composta di tre capitoli ognuno dei quali suddiviso in paragrafi prende in considerazione le seguenti tematiche: Nel primo capitolo offrirò una panoramica delle principali teorie sociologiche e antropologiche attraverso cui la devianza femminile è stata e può essere indagata. Nel secondo capitolo verrà preso in considerazione il movimento femminista attraverso le tre ondate, la nascita della criminologia femminista e i contributi che sono stati dati da alcune autrici. Nel terzo e ultimo capitolo, verrà affrontato un tema delicato e che genera forte sgomento nella società, le madri che uccidono i propri figli. Si analizzerà l’art. 578 del Codice Penale che disciplina il reato di infanticidio, per poi prendere in considerazione gli aspetti culturali e psicologici che portano la madre a commettere questo aberrante delitto. Infine, la ricostruzione del caso di cronaca di Alessia Pifferi.