The analysis of Ep. 13 focuses on the features of Seneca's language, underling the strong relationship between style and moral education. There are lots of agonistic and military metaphors whereby the philosopher compares Lucilius' fight against fortuna to an athlet's fight against his opponent (§1, §2, §3). The other metaphors belong to medical (§3) and legal sphere (§1, §5); all over the Epistulae Seneca shows himself as a doctor giving auxilia (§3) and remedia (§14). The use of historical exempla is also meaningful: it is a didactic way by which often Seneca explains stoic principles; in this epistle the deaths of Socrate and Caton represent stoic death in order to demonstrate individual libertas. Moreover, the Epicurean maxim at the end of the letter (§16) is a rethorical instrument with a moral intent, whereby Seneca blames the idiocy of senes who are full of ambitio and hope. The main theme of this letter is the proof of the emptiness of troubles about present and future evils; it is only opinio that often harass us. Our metus are unfounded: they are due to what are called phantasmata (falsae imagines) according to Stoic epistemology; if cataleptic representations draw their origin from a real object (phantaston), the phantasma is a mental image produced in the absence of such an object. Lymphatici metus (panic fears) are also brought about by falsae imagines (§9): they have no limits (modus) because they are unfounded. To cope with fears, Seneca tells Lucilius to practice a series of "spiritual exercises", practices and attitudes to be taken daily, whose aim is moral improvement. The philosopher recommends his pupil to look into himself practicing an "examination of conscience", a typically stoic exercise that consists of the constant observation of oneself to free the soul from the passions and to correct one's behavior. To these exercices Seneca matches the levatio aegritudinis, a practice common between Epicureans; this exercise and the exhortation not to be unhappy early (§4) were considered by many as a deviation from the praemeditatio futurorum malorum. The praemeditatio is a Cyrenaic practice that Stoicism welcomes in its own philosophy, which consists of imagining future evils and misfortunes. Since Seneca recommends it in every cicumstance, as also at the end of the epistle (§14), I believe he doesn't refuse this practice. The philosopher is simply stating that the anticipation of future evils doesn't bring an anticipated suffering but a freeing from it.
L'analisi di Ep. 13 mette in luce le peculiarità della lingua senecana, sottolineando la stretta relazione tra stile ed educazione morale. Frequenti sono le metafore agonistico-militari con cui il filosofo paragona la lotta di Lucilio contro la fortuna a quella di un atleta contro il proprio avversario (§1, §2, §3). Le altre metafore impiegate sono di ambito medico (§3) e giuridico (§1, §5); con una posa comune nelle Epistulae, infatti, Seneca si presenta come un medico che dispensa auxilia (§3) e remedia (§14). Significativo è l'impiego di exempla storici, un modulo didattico-parenetico con cui frequentemente il filosofo comunica i principi dello stoicismo; in quest'epistola, le morti di Socrate e Catone diventano esempio del suicidio stoico come affermazione della libertas individuale. Inoltre, la massima epicurea con cui termina l'epistola (§16) è uno strumento retorico con finalità morale, con cui Seneca critica la stoltezza dei senes che, preda dell'ambitio, nutrono sempre nuove speranze. Il tema principale consiste nella dimostrazione della vacuità dei timori: spesso ciò che ci tormenta è solo opinio. I nostri metus sono privi di fondamento perché originati da quelli che secondo la gnoseologia stoica sono phantasmata (falsae imagines); se le rappresentazioni catalettiche traggono la loro origine da un oggetto reale (phantaston), il phantasma è un'immagine mentale prodotta in assenza di tale oggetto. Le falsae imagines originano i lymphatici metus (§9), ossia i timori panici, che non hanno un limite (modus) poiché sono infondati. Per far fronte ai falsi timori, Seneca invita Lucilio a una serie di ¿esercizi spirituali¿, pratiche e atteggiamenti da assumere quotidianamente, mirati all'autoperfezionamento. Il filosofo consiglia all'allievo di interrogare se stesso praticando l'¿esame di coscienza¿, un esercizio tipicamente stoico che consiste nella continua osservazione di se stessi per liberare l'animo dalle passioni e per correggere il proprio comportamento. A questi esercizi Seneca accosta la levatio aegritudinis, una pratica propria già degli Epicurei; questa prassi e l'invito a non essere infelici prima del tempo (§4) sono stati visti come una presa di distanza del filosofo dalla praemeditatio futurorum malorum. La praemeditatio è una pratica cirenaica, poi accolta dallo stoicismo, che consiste nell'immaginazione di mali e sventure futuri; poiché Seneca la raccomanda in ogni situazione, come anche al termine dell'epistola (§14), a parer mio non vi è alcun rifiuto di questa prassi. Il filosofo starebbe semplicemente affermando che l'anticipazione dei mali futuri non deve condurre ad un'anticipazione della sofferenza, ma ad una liberazione da essa.
Lymphatici metus e praemeditatio futurorum malorum: commento all'epistola 13 di Seneca
TESIO, GIOVANNA
2014/2015
Abstract
L'analisi di Ep. 13 mette in luce le peculiarità della lingua senecana, sottolineando la stretta relazione tra stile ed educazione morale. Frequenti sono le metafore agonistico-militari con cui il filosofo paragona la lotta di Lucilio contro la fortuna a quella di un atleta contro il proprio avversario (§1, §2, §3). Le altre metafore impiegate sono di ambito medico (§3) e giuridico (§1, §5); con una posa comune nelle Epistulae, infatti, Seneca si presenta come un medico che dispensa auxilia (§3) e remedia (§14). Significativo è l'impiego di exempla storici, un modulo didattico-parenetico con cui frequentemente il filosofo comunica i principi dello stoicismo; in quest'epistola, le morti di Socrate e Catone diventano esempio del suicidio stoico come affermazione della libertas individuale. Inoltre, la massima epicurea con cui termina l'epistola (§16) è uno strumento retorico con finalità morale, con cui Seneca critica la stoltezza dei senes che, preda dell'ambitio, nutrono sempre nuove speranze. Il tema principale consiste nella dimostrazione della vacuità dei timori: spesso ciò che ci tormenta è solo opinio. I nostri metus sono privi di fondamento perché originati da quelli che secondo la gnoseologia stoica sono phantasmata (falsae imagines); se le rappresentazioni catalettiche traggono la loro origine da un oggetto reale (phantaston), il phantasma è un'immagine mentale prodotta in assenza di tale oggetto. Le falsae imagines originano i lymphatici metus (§9), ossia i timori panici, che non hanno un limite (modus) poiché sono infondati. Per far fronte ai falsi timori, Seneca invita Lucilio a una serie di ¿esercizi spirituali¿, pratiche e atteggiamenti da assumere quotidianamente, mirati all'autoperfezionamento. Il filosofo consiglia all'allievo di interrogare se stesso praticando l'¿esame di coscienza¿, un esercizio tipicamente stoico che consiste nella continua osservazione di se stessi per liberare l'animo dalle passioni e per correggere il proprio comportamento. A questi esercizi Seneca accosta la levatio aegritudinis, una pratica propria già degli Epicurei; questa prassi e l'invito a non essere infelici prima del tempo (§4) sono stati visti come una presa di distanza del filosofo dalla praemeditatio futurorum malorum. La praemeditatio è una pratica cirenaica, poi accolta dallo stoicismo, che consiste nell'immaginazione di mali e sventure futuri; poiché Seneca la raccomanda in ogni situazione, come anche al termine dell'epistola (§14), a parer mio non vi è alcun rifiuto di questa prassi. Il filosofo starebbe semplicemente affermando che l'anticipazione dei mali futuri non deve condurre ad un'anticipazione della sofferenza, ma ad una liberazione da essa.File | Dimensione | Formato | |
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