Introduzione: l’arresto cardiaco è una condizione in cui il cuore cessa la sua attività, causando ipossia agli organi, in particolare l’encefalo. Già dopo 3 minuti si possono verificare dei danni neurologici, per ridurre l’entità di questi danni si utilizza l’ipotermia terapeutica. Si hanno diversi metodi di induzione dell’ipotermia quali infusione di soluzione fisiologica fredda, o metodi percutanei, come ghiaccio o cuscinetti freddi posizionati nelle sedi anatomiche maggiormente vascolarizzate. Ha notevoli complicanze come brividi, iperglicemia, alterazioni elettrolitiche e alterata funzionalità epatica. Materiali e metodi: la ricerca è stata condotta su diverse banche dati: PubMed, Embase e Cinahl, inoltre sono state reperite alcune linee guida dal sito dell’IRC. Discussione e risultati: dall’analisi dei risultati ottenuti tramite la ricerca bibliografica si evince che l’ipotermia riduce notevolmente i danni neurologici e la mortalità a 6 mesi dalla dimissione. In merito alla durata non vi sono differenza significative tra le 24 e le 48 ore. Deve essere iniziata il prima possibile ma un’infusione pre-ospedaliera di soluzione fisiologica fredda risulta non dare benefici, anzi aumentare il rischio di nuovo arresto cardiaco e di insorgenza di edema polmonare. Il raffreddamento intranasale aiuta a ridurre il tempo di raffreddamento ospedaliero. La velocità della fase di riscaldamento deve essere compresa tra 0,25°C e 0,5°C, una velocità superiore induce complicanze quali convulsioni, edema cerebrale e alterazioni elettrolitiche. Conclusione: l’ipotermia terapeutica riduce i danni neurologici e la mortalità a 6 mesi dalla dimissione, deve durare tra le 24 e le 48 ore. La fase di riscaldamento deve avvenire a una velocità non maggiore di 0,5°C.

L'EFFICACIA DELL'IPOTERMIA TERAPEUTICA PER PREVENIRE I DANNI NEUROLOGICI NEL POST ARRESTO CARDIACO: UNA REVISIONE NARRATIVA DELLA LETTERATURA

SERRA, ERIKA
2022/2023

Abstract

Introduzione: l’arresto cardiaco è una condizione in cui il cuore cessa la sua attività, causando ipossia agli organi, in particolare l’encefalo. Già dopo 3 minuti si possono verificare dei danni neurologici, per ridurre l’entità di questi danni si utilizza l’ipotermia terapeutica. Si hanno diversi metodi di induzione dell’ipotermia quali infusione di soluzione fisiologica fredda, o metodi percutanei, come ghiaccio o cuscinetti freddi posizionati nelle sedi anatomiche maggiormente vascolarizzate. Ha notevoli complicanze come brividi, iperglicemia, alterazioni elettrolitiche e alterata funzionalità epatica. Materiali e metodi: la ricerca è stata condotta su diverse banche dati: PubMed, Embase e Cinahl, inoltre sono state reperite alcune linee guida dal sito dell’IRC. Discussione e risultati: dall’analisi dei risultati ottenuti tramite la ricerca bibliografica si evince che l’ipotermia riduce notevolmente i danni neurologici e la mortalità a 6 mesi dalla dimissione. In merito alla durata non vi sono differenza significative tra le 24 e le 48 ore. Deve essere iniziata il prima possibile ma un’infusione pre-ospedaliera di soluzione fisiologica fredda risulta non dare benefici, anzi aumentare il rischio di nuovo arresto cardiaco e di insorgenza di edema polmonare. Il raffreddamento intranasale aiuta a ridurre il tempo di raffreddamento ospedaliero. La velocità della fase di riscaldamento deve essere compresa tra 0,25°C e 0,5°C, una velocità superiore induce complicanze quali convulsioni, edema cerebrale e alterazioni elettrolitiche. Conclusione: l’ipotermia terapeutica riduce i danni neurologici e la mortalità a 6 mesi dalla dimissione, deve durare tra le 24 e le 48 ore. La fase di riscaldamento deve avvenire a una velocità non maggiore di 0,5°C.
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