This thesis aims to investigate the complex relationship between Dante's thinking and the economic and social aspects that most characterized the period in which he lived. This relationship is highly conflicting, and in the works of the great Poet, it can be identified in two distinct phases: on the one hand, Dante proposes an extremely lucid and innovative critical approach to the problems afflicting the society of his time, linked to the deep changes in the economic and cultural system which are also the origin of the bloody factional strifes that devastated Florence in that period. On the other hand, he offers a solution to this crisis proposing an alternative social and economic model consisting of a vision of the past which refuses to accept the cultural, social and economic changes that were taking place at the beginning of the 14th century. Dante does not conceive a solution to the great issues of his time taking the new social and economic relationships of the period as his starting point, unlike what Marx will do centuries later. Instead, he yearns for an economy based on the disinterested virtue of liberality, which is completely anachronistic compared to the reality of the time. In fact, Florence, at the beginning of the 14th century, was one of the most developed cities of the medieval West, a city whose enormous wealth was driven by the wool industry, the flourishing trade and the rich financial activities. All these sources of wealth had profoundly changed the culture of that society, enabling it to become a dynamic one with proto-capitalist traits. This new society could not of course be reconciled with the unproductive evergetism of the courtly reality. Therefore, this thesis aims to investigate the above-mentioned gap between the vision and values expressed by Dante in his poetry, and the fast-changing society of his time, observed with indignant disapproval by the poet.
La presente tesi di laurea si propone di indagare la complessa relazione che intercorre fra il pensiero dantesco e i tratti economico – sociali che maggiormente caratterizzarono l’epoca in cui visse l'autore. Un rapporto altamente conflittuale che si traduce, nelle opere del sommo poeta, in due fasi distinte: da una parte, una visione critica estremamente lucida e innovativa rispetto ai problemi che affliggono la società del suo tempo, legati alle profonde trasformazioni del sistema economico e culturale e che si collocano alla base delle sanguinose faziosità che lacerano il tessuto politico e civile fiorentino. Dall’altra, una risposta a questa crisi che afferisce ad un modello di società e di economia alternativo che consiste in uno sguardo al passato caratterizzato da un rifiuto quasi totale dei mutamenti culturali, sociali ed economici in atto. Diversamente da come farà Marx secoli dopo infatti, Dante non immagina una soluzione alle grandi questioni del suo tempo a partire dal mutato quadro delle relazioni sociali ed economiche, ma vagheggia un’economia del dono, basata sulla disinteressata virtù della liberalità, del tutto anacronistica rispetto alla realtà che lo circondava. La Firenze di inizio Trecento rappresentava infatti uno dei più avanzati centri dell’Occidente medievale, una città dove la ricchissima industria laniera, gli intensi scambi commerciali e la sofisticata attività finanziaria avevano generato enormi ricchezze e, soprattutto, modificato profondamente le radici culturali di quel mondo, dando forma ad una società dinamica dai tratti proto-capitalistici che mal si conciliava con l’improduttivo evergetismo prospettato dalla visione del mondo cortese. Questo lavoro di ricerca vuole quindi dar ragione della frattura appena descritta fra la visione del mondo e i valori espressi dalla poesia dantesca e la società a questa contemporanea, una realtà in profondo e rapido mutamento che il poeta osservava con sdegnata riprovazione.
Dante e la ricchezza: tra istanze critiche e soluzioni di retroguardia
RIBETTO, MATTIA
2022/2023
Abstract
La presente tesi di laurea si propone di indagare la complessa relazione che intercorre fra il pensiero dantesco e i tratti economico – sociali che maggiormente caratterizzarono l’epoca in cui visse l'autore. Un rapporto altamente conflittuale che si traduce, nelle opere del sommo poeta, in due fasi distinte: da una parte, una visione critica estremamente lucida e innovativa rispetto ai problemi che affliggono la società del suo tempo, legati alle profonde trasformazioni del sistema economico e culturale e che si collocano alla base delle sanguinose faziosità che lacerano il tessuto politico e civile fiorentino. Dall’altra, una risposta a questa crisi che afferisce ad un modello di società e di economia alternativo che consiste in uno sguardo al passato caratterizzato da un rifiuto quasi totale dei mutamenti culturali, sociali ed economici in atto. Diversamente da come farà Marx secoli dopo infatti, Dante non immagina una soluzione alle grandi questioni del suo tempo a partire dal mutato quadro delle relazioni sociali ed economiche, ma vagheggia un’economia del dono, basata sulla disinteressata virtù della liberalità, del tutto anacronistica rispetto alla realtà che lo circondava. La Firenze di inizio Trecento rappresentava infatti uno dei più avanzati centri dell’Occidente medievale, una città dove la ricchissima industria laniera, gli intensi scambi commerciali e la sofisticata attività finanziaria avevano generato enormi ricchezze e, soprattutto, modificato profondamente le radici culturali di quel mondo, dando forma ad una società dinamica dai tratti proto-capitalistici che mal si conciliava con l’improduttivo evergetismo prospettato dalla visione del mondo cortese. Questo lavoro di ricerca vuole quindi dar ragione della frattura appena descritta fra la visione del mondo e i valori espressi dalla poesia dantesca e la società a questa contemporanea, una realtà in profondo e rapido mutamento che il poeta osservava con sdegnata riprovazione.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/160120