Il letterato veneziano Giovan Francesco Busenello (Venezia, 1598 ¿ Legnaro, 1659) è oggi ricordato soprattutto per la sua fortunata attività di librettista di melodrammi: sono infatti da segnalare la sua lunga e proficua collaborazione con Francesco Cavalli (Gi amori di Apollo e Dafne, 1640; Didone, 1641; La prosperità infelice di Giulio Cesare dittatore, 1646, opera perduta; La Statira, 1655) e, soprattutto, il fecondo scambio con il grande Claudio Monteverdi (L'incoronazione di Poppea, 1642). Autore di una vastissima opera in prosa e in versi, in parte inedita, studiata all'inizio del Novecento dall'americano Arthur Livingston, che per comodità di indagine ne suggerì la suddivisione in aree di genere (melodrammi, opere in prosa, poesie italiane, sonetti, poesie dialettali, poesie apocrife), il presente lavoro ha per oggetto esclusivamente la produzione sonettistica dello scrittore veneziano, che il Livingston editò nel 1911, dandole con un certo arbitrio forma di canzoniere (strutturazione cui Busenello non aveva pensato), ripartito nelle seguenti sezioni: Sonetti, Sonetti amorosi, Sonetti morali, Appendice: Sonetti vari satirici o triviali. Le ragioni del presente ambito di ricerca vanno individuate, innanzi tutto, nella ¿facilità¿ e nell'efficacia con cui Busenello maneggia quella che, insieme con la canzone, può essere considerata la forma metrica principale della tradizione italiana. Ora, la disinvoltura con cui forgia quartine e terzine consente al poeta di inverare, spesso in modo tutt'altro che peregrino, una precisa fisionomia stilistico-formale e di dar corpo, non di rado con sapiente eloquenza, a una poetica non soltanto amorosa, ma filosofica e morale. L'analisi dell'evoluzione del sonetto busenelliano permette dunque di cogliere agevolmente, da un lato, il passaggio da un estenuato petrarchismo, orientato all'idealizzazione della figura femminile, a più spregiudicate movenze erotiche in cui è facile scorgere l'ammirazione dello scrittore per l'Adone mariniano (uscito nel 1623); da un altro, lo sviluppo di tematiche come il senso di delusione e sconfitta, l'avvertimento dell'incombenza della morte o la vertigine del nulla, frutto dell'attraversamento del dolente moralismo di Giovanni della Casa e, soprattutto, dell'approfondimento del pensiero, di chiara impronta materialistica, del filosofo aristotelico Cesare Cremonini, maestro del poeta presso l'Ateneo padovano.

"La vita e il lampo hanno la stessa luce": i sonetti di Giovan Francesco Busenello.

ROSSI PRECERUTTI, GIACOMO
2014/2015

Abstract

Il letterato veneziano Giovan Francesco Busenello (Venezia, 1598 ¿ Legnaro, 1659) è oggi ricordato soprattutto per la sua fortunata attività di librettista di melodrammi: sono infatti da segnalare la sua lunga e proficua collaborazione con Francesco Cavalli (Gi amori di Apollo e Dafne, 1640; Didone, 1641; La prosperità infelice di Giulio Cesare dittatore, 1646, opera perduta; La Statira, 1655) e, soprattutto, il fecondo scambio con il grande Claudio Monteverdi (L'incoronazione di Poppea, 1642). Autore di una vastissima opera in prosa e in versi, in parte inedita, studiata all'inizio del Novecento dall'americano Arthur Livingston, che per comodità di indagine ne suggerì la suddivisione in aree di genere (melodrammi, opere in prosa, poesie italiane, sonetti, poesie dialettali, poesie apocrife), il presente lavoro ha per oggetto esclusivamente la produzione sonettistica dello scrittore veneziano, che il Livingston editò nel 1911, dandole con un certo arbitrio forma di canzoniere (strutturazione cui Busenello non aveva pensato), ripartito nelle seguenti sezioni: Sonetti, Sonetti amorosi, Sonetti morali, Appendice: Sonetti vari satirici o triviali. Le ragioni del presente ambito di ricerca vanno individuate, innanzi tutto, nella ¿facilità¿ e nell'efficacia con cui Busenello maneggia quella che, insieme con la canzone, può essere considerata la forma metrica principale della tradizione italiana. Ora, la disinvoltura con cui forgia quartine e terzine consente al poeta di inverare, spesso in modo tutt'altro che peregrino, una precisa fisionomia stilistico-formale e di dar corpo, non di rado con sapiente eloquenza, a una poetica non soltanto amorosa, ma filosofica e morale. L'analisi dell'evoluzione del sonetto busenelliano permette dunque di cogliere agevolmente, da un lato, il passaggio da un estenuato petrarchismo, orientato all'idealizzazione della figura femminile, a più spregiudicate movenze erotiche in cui è facile scorgere l'ammirazione dello scrittore per l'Adone mariniano (uscito nel 1623); da un altro, lo sviluppo di tematiche come il senso di delusione e sconfitta, l'avvertimento dell'incombenza della morte o la vertigine del nulla, frutto dell'attraversamento del dolente moralismo di Giovanni della Casa e, soprattutto, dell'approfondimento del pensiero, di chiara impronta materialistica, del filosofo aristotelico Cesare Cremonini, maestro del poeta presso l'Ateneo padovano.
ITA
IMPORT DA TESIONLINE
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
700167_tesi.pdf

non disponibili

Tipologia: Altro materiale allegato
Dimensione 978.78 kB
Formato Adobe PDF
978.78 kB Adobe PDF

I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/160077