Questa tesi di laurea triennale, di tipo compilativo, affronta il tema della rimozione sociale e culturale della morte nel Novecento, per poi procedere ad un approfondimento focalizzato sulla concezione della morte di Elias Canetti. Il primo capitolo riassume la concezione della morte di eminenti filosofi del XX secolo (Heidegger, Sartre e Jankélévitch), introduce l’evoluzione della tanatologia come sapere interdisciplinare adatto allo studio più profondo della morte come “sistema complesso” e infine analizza i primi studi dei precursori dell’approccio tanatologico. Gli studi del filosofo Max Scheler, dell’antropologo Geoffrey Gorer, dello storico francese Philippe Ariès e del sociologo Norbert Elias vengono messi in relazione, per delineare il quadro della cultura funebre e dei costumi legati al lutto nel XX secolo (in generale impoverimento). Si sottolinea come la morte divenga progressivamente oggetto di interdizione nella società del Novecento, come era stato il sesso nell’Ottocento vittoriano (articolo “The pornography of Death” di Gorer). L’aumento dell’aspettativa di vita e l’ospedalizzazione dei morenti sempre più diffusa favoriscono rispettivamente, la diminuzione vertiginosa delle morti giovanili, e la consuetudine che il luogo deputato alla morte sia, non più la casa con gli affetti familiari, ma l’ospedale sotto il controllo medico. L’esperienza del lutto si richiude, invece, nel privato. Le emozioni di dolore collegate al lutto ed espresse in pubblico sono considerate sconvenienti. L’uomo del Novecento, con un’etica individualista, rimuove la morte dalla sua coscienza perché teme di rapportarsi alla propria mortalità che preferirebbe non accettare. Il secondo capitolo tratta dell’intellettuale novecentesco Elias Canetti, considerato paradigmatico di un rapporto non risolto con la morte. Canetti, da un lato è ossessionato dalla morte e coinvolto in una lotta soggettiva contro di essa, dall’altro, teorizza la morte in una dimensione sociale in rapporto col potere e la sopravvivenza. Dopo alcuni accenni biografici sull’autore, che visse quasi interamente il Novecento, si analizza il saggio “Massa e potere”. Questo scritto propone una visione cruda del morto in opposizione al sopravvissuto, simbolo del potere, che desidera nutrirsi della morte dell’altro per rafforzarsi ed evitare la propria distruzione. Il potente mira sempre più a dominare i morti, come colui che ha diritto di stabilire della vita o della morte dell’altro. Questa visione crudele è ridimensionata solamente da due possibili vie di uscita rispetto al desiderio di sopravvivere: 1) l’immortalità letteraria, destinata a pochi, i poeti che vivranno per sempre mettendosi, attraverso le proprie opere, a contatto con i vivi di tutti i tempi o 2) il sabotaggio del sopravvissuto, nel mondo contemporaneo, attraverso lo studio dei suoi punti deboli, in particolare la sua angoscia legata al comando. Le conclusioni della tesi mettono in evidenza, nel confronto tra primo e secondo capitolo, che effettivamente la visione della morte di Canetti è espressione del suo secolo. Le esperienze biografiche dell’autore, collegate a dei lutti vissuti dolorosamente, insieme ai sanguinosi conflitti europei e mondiali del XX secolo, lo portano a non potere accettare in alcun modo la morte e continuamente combatterla. In questo senso, la morte non viene elaborata ma rimossa e Canetti è paradigmatico del suo secolo.
La rimozione sociale e culturale della morte nel pensiero occidentale del Novecento: un approfondimento attraverso il pensiero di Elias Canetti
ALES, FEDERICO
2022/2023
Abstract
Questa tesi di laurea triennale, di tipo compilativo, affronta il tema della rimozione sociale e culturale della morte nel Novecento, per poi procedere ad un approfondimento focalizzato sulla concezione della morte di Elias Canetti. Il primo capitolo riassume la concezione della morte di eminenti filosofi del XX secolo (Heidegger, Sartre e Jankélévitch), introduce l’evoluzione della tanatologia come sapere interdisciplinare adatto allo studio più profondo della morte come “sistema complesso” e infine analizza i primi studi dei precursori dell’approccio tanatologico. Gli studi del filosofo Max Scheler, dell’antropologo Geoffrey Gorer, dello storico francese Philippe Ariès e del sociologo Norbert Elias vengono messi in relazione, per delineare il quadro della cultura funebre e dei costumi legati al lutto nel XX secolo (in generale impoverimento). Si sottolinea come la morte divenga progressivamente oggetto di interdizione nella società del Novecento, come era stato il sesso nell’Ottocento vittoriano (articolo “The pornography of Death” di Gorer). L’aumento dell’aspettativa di vita e l’ospedalizzazione dei morenti sempre più diffusa favoriscono rispettivamente, la diminuzione vertiginosa delle morti giovanili, e la consuetudine che il luogo deputato alla morte sia, non più la casa con gli affetti familiari, ma l’ospedale sotto il controllo medico. L’esperienza del lutto si richiude, invece, nel privato. Le emozioni di dolore collegate al lutto ed espresse in pubblico sono considerate sconvenienti. L’uomo del Novecento, con un’etica individualista, rimuove la morte dalla sua coscienza perché teme di rapportarsi alla propria mortalità che preferirebbe non accettare. Il secondo capitolo tratta dell’intellettuale novecentesco Elias Canetti, considerato paradigmatico di un rapporto non risolto con la morte. Canetti, da un lato è ossessionato dalla morte e coinvolto in una lotta soggettiva contro di essa, dall’altro, teorizza la morte in una dimensione sociale in rapporto col potere e la sopravvivenza. Dopo alcuni accenni biografici sull’autore, che visse quasi interamente il Novecento, si analizza il saggio “Massa e potere”. Questo scritto propone una visione cruda del morto in opposizione al sopravvissuto, simbolo del potere, che desidera nutrirsi della morte dell’altro per rafforzarsi ed evitare la propria distruzione. Il potente mira sempre più a dominare i morti, come colui che ha diritto di stabilire della vita o della morte dell’altro. Questa visione crudele è ridimensionata solamente da due possibili vie di uscita rispetto al desiderio di sopravvivere: 1) l’immortalità letteraria, destinata a pochi, i poeti che vivranno per sempre mettendosi, attraverso le proprie opere, a contatto con i vivi di tutti i tempi o 2) il sabotaggio del sopravvissuto, nel mondo contemporaneo, attraverso lo studio dei suoi punti deboli, in particolare la sua angoscia legata al comando. Le conclusioni della tesi mettono in evidenza, nel confronto tra primo e secondo capitolo, che effettivamente la visione della morte di Canetti è espressione del suo secolo. Le esperienze biografiche dell’autore, collegate a dei lutti vissuti dolorosamente, insieme ai sanguinosi conflitti europei e mondiali del XX secolo, lo portano a non potere accettare in alcun modo la morte e continuamente combatterla. In questo senso, la morte non viene elaborata ma rimossa e Canetti è paradigmatico del suo secolo.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/159911