La discussione si pone come obbiettivo l’analisi del tempo nel pensiero senecano e, in particolare, nel De brevitate vitae. Il problema posto a inizio opera è quello relativo alla brevità della vita, a cui segue una riflessione che mira comprendere se essa sia effettivamente breve e perché l’essere umano sia solito ad avere una percezione simile della propria esistenza. Si arriverà a constatare che la vita non è realmente breve, ma siamo noi a renderla tale, sprecando il tempo che la natura ci ha concesso. Coloro che sono soliti a sperperare il proprio tempo prendono il nome di “occupati”, soggetti sempre pieni di impegni che si lasciano trasportare dalla frenesia della vita pubblica e che quando si ritrovano a stare soli, senza occupazioni, non sono in grado di stare con sé stessi. Tale incapacità a una delle cause che spingono questi soggetti a sovraccaricarsi di impegni, e così a sciupare il proprio tempo. Quest’ultimo però è per sua natura fugace e inafferrabile, e scorre con velocità, pertanto bisognerebbe coglierlo fino all’ultimo secondo, prima che sia troppo tardi. Secondo Seneca, uno dei modi peggiori con cui sprecare tempo è vivere rivolti al futuro; gli occupati infatti rimangono talvolta prigionieri del proprio futuro, che insieme temono e agognano, riponendovi tutte le proprie speranze. Tuttavia non serve avere paura delle proprie possibili sventure in anticipo o rimandare i propri desideri a domani: la vita è imprevedibile e ogni giorno potrebbe essere l’ultimo. L’unico a cui la vita appare sufficientemente lunga è il saggio, figura centrare nell’opera. Il saggio è colui che sa vivere, che sa utilizzare in modo degno e fruttuoso il proprio tempo e che non rifugge la propria compagnia. Egli basta a se stesso ed è in grado di fare proprio il tempo che ha a disposizione: sfrutta il presente, non teme il futuro e, tramite lo studio dei grandi pensatori, si avvale del passato raggiungendo la conduzione più vicina all’immortalità che l’essere umano possa sperimentare. Il saggio inoltre non teme la morte poiché ha vissuto appieno la vita ed è sempre felice per il tempo che gli è stato concesso, a differenza degli occupati, che non sembrano mai esserne soddisfatti. L’esortazione di Seneca è quella di seguire l’esempio del saggio, iniziando a riappropriarsi del proprio tempo e vivendo il momento presente.

Il tempo nell'etica del De brevitate vitae di Seneca

DE MESTRIA, ASYA
2022/2023

Abstract

La discussione si pone come obbiettivo l’analisi del tempo nel pensiero senecano e, in particolare, nel De brevitate vitae. Il problema posto a inizio opera è quello relativo alla brevità della vita, a cui segue una riflessione che mira comprendere se essa sia effettivamente breve e perché l’essere umano sia solito ad avere una percezione simile della propria esistenza. Si arriverà a constatare che la vita non è realmente breve, ma siamo noi a renderla tale, sprecando il tempo che la natura ci ha concesso. Coloro che sono soliti a sperperare il proprio tempo prendono il nome di “occupati”, soggetti sempre pieni di impegni che si lasciano trasportare dalla frenesia della vita pubblica e che quando si ritrovano a stare soli, senza occupazioni, non sono in grado di stare con sé stessi. Tale incapacità a una delle cause che spingono questi soggetti a sovraccaricarsi di impegni, e così a sciupare il proprio tempo. Quest’ultimo però è per sua natura fugace e inafferrabile, e scorre con velocità, pertanto bisognerebbe coglierlo fino all’ultimo secondo, prima che sia troppo tardi. Secondo Seneca, uno dei modi peggiori con cui sprecare tempo è vivere rivolti al futuro; gli occupati infatti rimangono talvolta prigionieri del proprio futuro, che insieme temono e agognano, riponendovi tutte le proprie speranze. Tuttavia non serve avere paura delle proprie possibili sventure in anticipo o rimandare i propri desideri a domani: la vita è imprevedibile e ogni giorno potrebbe essere l’ultimo. L’unico a cui la vita appare sufficientemente lunga è il saggio, figura centrare nell’opera. Il saggio è colui che sa vivere, che sa utilizzare in modo degno e fruttuoso il proprio tempo e che non rifugge la propria compagnia. Egli basta a se stesso ed è in grado di fare proprio il tempo che ha a disposizione: sfrutta il presente, non teme il futuro e, tramite lo studio dei grandi pensatori, si avvale del passato raggiungendo la conduzione più vicina all’immortalità che l’essere umano possa sperimentare. Il saggio inoltre non teme la morte poiché ha vissuto appieno la vita ed è sempre felice per il tempo che gli è stato concesso, a differenza degli occupati, che non sembrano mai esserne soddisfatti. L’esortazione di Seneca è quella di seguire l’esempio del saggio, iniziando a riappropriarsi del proprio tempo e vivendo il momento presente.
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