Contestualizzare le pratiche di scrittura iconica del sé nel dominio del visuale, in accordo con l'orizzonte teorico della visual culture, significa ragionare tanto sugli oggetti (le immagini) quanto sui soggetti che esse sono incaricate di rappresentare. Spostare l'attenzione sul soggetto implica tuttavia un approfondimento dello statuto ambiguo del corpo, la cui immagine, nell'auto-osservazione individuale, rimane sempre interdetta al guardante: esso è quindi costretto a concepire forme del sé solo attraverso meccanismi di visione mediata, ricorrendo cioè al sostituto iconico come compensazione simbolica di una visualizzazione impossibile. In quest'ottica, i percorsi di riconoscimento e mostrazione offerti dalle nuove tecnologie sembrano individuare nel desiderio auto-osservativo un principio generativo della medialità contemporanea, come testimoniano oggi la rincorsa all'utopia del riflesso e l'ossessione per la fenomenologia dell'autoscatto. Ma questo orientamento spinge anche ad interrogarsi sulla definizione dei rapporti tra soggetti e (post)testualità, sollevando questioni quali quelle dell'appartenenza, dell'attribuzione, dell'anonimato nelle pratiche autobiografiche della medialità attuale. Le immagini dal carcere di Abu Ghraib, forti della loro natura di autoscatti, fungono da studio di caso esemplare per passare in rassegna le questioni accennate.
Autoiconografia. Spazi autobiografici e cultura visuale
DONGHI, LORENZO
2009/2010
Abstract
Contestualizzare le pratiche di scrittura iconica del sé nel dominio del visuale, in accordo con l'orizzonte teorico della visual culture, significa ragionare tanto sugli oggetti (le immagini) quanto sui soggetti che esse sono incaricate di rappresentare. Spostare l'attenzione sul soggetto implica tuttavia un approfondimento dello statuto ambiguo del corpo, la cui immagine, nell'auto-osservazione individuale, rimane sempre interdetta al guardante: esso è quindi costretto a concepire forme del sé solo attraverso meccanismi di visione mediata, ricorrendo cioè al sostituto iconico come compensazione simbolica di una visualizzazione impossibile. In quest'ottica, i percorsi di riconoscimento e mostrazione offerti dalle nuove tecnologie sembrano individuare nel desiderio auto-osservativo un principio generativo della medialità contemporanea, come testimoniano oggi la rincorsa all'utopia del riflesso e l'ossessione per la fenomenologia dell'autoscatto. Ma questo orientamento spinge anche ad interrogarsi sulla definizione dei rapporti tra soggetti e (post)testualità, sollevando questioni quali quelle dell'appartenenza, dell'attribuzione, dell'anonimato nelle pratiche autobiografiche della medialità attuale. Le immagini dal carcere di Abu Ghraib, forti della loro natura di autoscatti, fungono da studio di caso esemplare per passare in rassegna le questioni accennate.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/15875