Questa tesi si propone di indagare e denunciare uno dei capitoli più oscuri della storia italiana, focalizzandosi sulla gestione dei rifiuti tossici e nucleari. Partendo dalla decisione di abbandonare l'energia nucleare, presa durante gli anni di piombo, ha portato ad uno stato di caos generale soprattutto nel trattamento di tali rifiuti, evidenziando un'anarchia legislativa e operativa. Legambiente sottolinea come, dagli anni '70, l'Italia abbia utilizzato il dumping ambientale, esportando rifiuti pericolosi verso paesi del Sud del mondo come Somalia e Libano. Le proteste internazionali (nei paesi destinatari e vittime di questi traffici illeciti) e l’indignazione dell’opinione pubblica che caratterizzarono la seconda metà degli anni '80 hanno portato al rimpatrio di questi rifiuti, con navi come la Zanoobia, la Keren B e la più conosciuta, la Jolly Rosso (poi ribattezzata solo ‘Rosso’), denominate "navi dei veleni". La tesi esplora anche il coinvolgimento della criminalità organizzata, in particolare della 'ndrangheta, nello smaltimento illegale di rifiuti, con un focus sulla Calabria, anche perché è la mia terra d’origine e in particolar modo ci tengo a dare voce ancora una volta al lavoro svolto da uomini come il capitano di fregata Natale De Grazia. Restando in mare, un caso emblematico è quello della nave Rigel, affondata nei pressi dello Stretto di Messina, con un carico dichiarato come diversivo per nascondere rifiuti pericolosi. Le indagini hanno rivelato una truffa per ottenere risarcimenti assicurativi, con la complicità di funzionari corrotti. La tesi mira a ricostruire i dettagli di questi traffici e a evidenziare le connessioni tra criminalità organizzata, affari illegali e complicità istituzionali. La presenza dell'ecomafia in Italia è un fenomeno diffuso e profondamente radicato nel tessuto economico e sociale del paese. L'ecomafia può essere definita come l'insieme delle attività illecite legate allo sfruttamento e al traffico illegale di risorse ambientali e rifiuti tossici. In Italia questo fenomeno ha assunto dimensioni preoccupanti, radicandosi soprattutto in alcune regioni del Sud come Campania, Calabria e Sicilia. Le realtà criminali, spesso in connessione con la criminalità organizzata, hanno trovato nell'ambiente un nuovo e soprattutto redditizio campo di azione, sfruttando il degrado ambientale e le carenze del sistema di gestione dei rifiuti. Proseguendo fino agli anni che segnarono la fine della Prima Repubblica, l’elaborato si pone come obiettivo quello di analizzare nonché di indagare sulle vicende accadute in Somalia e dunque di approfondire tutte le dinamiche e gli eventi correlati alla pista somala, che nel 1994 vide la morte prematura della giornalista Ilaria Alpi e del cameraman Miran Hrovatin, due inviati della Rai che si trovavano sul posto (tra Bosaso e Mogadiscio) per indagare ufficiosamente sul traffico illegale di armi ma in realtà per fare luce sul traffico illecito di rifiuti tossici. In conclusione, vorrei con questa tesi provare a contribuire al lavoro svolto dagli inquirenti, dai giornalisti e da chiunque abbia partecipato alle indagini, anche semplicemente parlandone, cercando di far luce su uno degli scenari più bui della storia del nostro Paese, consapevole dei limiti del lavoro svolto a causa della natura contorta che caratterizza questo tema e della difficoltà a reperire tutte le fonti necessarie.

Ecomafia: il ciclo del traffico illecito di rifiuti, le rotte principali e le "navi a perdere". ​

MACCHIONE, GABRIELE
2023/2024

Abstract

Questa tesi si propone di indagare e denunciare uno dei capitoli più oscuri della storia italiana, focalizzandosi sulla gestione dei rifiuti tossici e nucleari. Partendo dalla decisione di abbandonare l'energia nucleare, presa durante gli anni di piombo, ha portato ad uno stato di caos generale soprattutto nel trattamento di tali rifiuti, evidenziando un'anarchia legislativa e operativa. Legambiente sottolinea come, dagli anni '70, l'Italia abbia utilizzato il dumping ambientale, esportando rifiuti pericolosi verso paesi del Sud del mondo come Somalia e Libano. Le proteste internazionali (nei paesi destinatari e vittime di questi traffici illeciti) e l’indignazione dell’opinione pubblica che caratterizzarono la seconda metà degli anni '80 hanno portato al rimpatrio di questi rifiuti, con navi come la Zanoobia, la Keren B e la più conosciuta, la Jolly Rosso (poi ribattezzata solo ‘Rosso’), denominate "navi dei veleni". La tesi esplora anche il coinvolgimento della criminalità organizzata, in particolare della 'ndrangheta, nello smaltimento illegale di rifiuti, con un focus sulla Calabria, anche perché è la mia terra d’origine e in particolar modo ci tengo a dare voce ancora una volta al lavoro svolto da uomini come il capitano di fregata Natale De Grazia. Restando in mare, un caso emblematico è quello della nave Rigel, affondata nei pressi dello Stretto di Messina, con un carico dichiarato come diversivo per nascondere rifiuti pericolosi. Le indagini hanno rivelato una truffa per ottenere risarcimenti assicurativi, con la complicità di funzionari corrotti. La tesi mira a ricostruire i dettagli di questi traffici e a evidenziare le connessioni tra criminalità organizzata, affari illegali e complicità istituzionali. La presenza dell'ecomafia in Italia è un fenomeno diffuso e profondamente radicato nel tessuto economico e sociale del paese. L'ecomafia può essere definita come l'insieme delle attività illecite legate allo sfruttamento e al traffico illegale di risorse ambientali e rifiuti tossici. In Italia questo fenomeno ha assunto dimensioni preoccupanti, radicandosi soprattutto in alcune regioni del Sud come Campania, Calabria e Sicilia. Le realtà criminali, spesso in connessione con la criminalità organizzata, hanno trovato nell'ambiente un nuovo e soprattutto redditizio campo di azione, sfruttando il degrado ambientale e le carenze del sistema di gestione dei rifiuti. Proseguendo fino agli anni che segnarono la fine della Prima Repubblica, l’elaborato si pone come obiettivo quello di analizzare nonché di indagare sulle vicende accadute in Somalia e dunque di approfondire tutte le dinamiche e gli eventi correlati alla pista somala, che nel 1994 vide la morte prematura della giornalista Ilaria Alpi e del cameraman Miran Hrovatin, due inviati della Rai che si trovavano sul posto (tra Bosaso e Mogadiscio) per indagare ufficiosamente sul traffico illegale di armi ma in realtà per fare luce sul traffico illecito di rifiuti tossici. In conclusione, vorrei con questa tesi provare a contribuire al lavoro svolto dagli inquirenti, dai giornalisti e da chiunque abbia partecipato alle indagini, anche semplicemente parlandone, cercando di far luce su uno degli scenari più bui della storia del nostro Paese, consapevole dei limiti del lavoro svolto a causa della natura contorta che caratterizza questo tema e della difficoltà a reperire tutte le fonti necessarie.
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