L’elaborato è suddiviso in tre capitoli, incentrati sulla tematica dei virus. In particolare, il primo capitolo mette in risalto l’origine dei virus, a partire dall’osservazione di una, allora, sconosciuta malattia sulle foglie di tabacco. Vengono dettagliatamente presentate le ricerche di Adolf Mayer, Dmitrij Ivanovskij e Martinus Willem Beijerinck, i tre studiosi coinvolti nelle analisi che portarono all’individuazione di particelle, definite successivamente virus, per il loro particolare comportamento che ricordava quello di un veleno. Fu proprio quello il momento che delineò gli albori della virologia. Vengono successivamente esposte le caratteristiche strutturali, la classificazione, sviluppata secondo lo schema Baltimore, e le modalità di replicazione dei virus, sottolineando la loro peculiarità legata al fatto che per potersi replicare necessitano di vivere all’interno di organismi viventi, sfruttandone metabolismo e strutture cellulari. Nel secondo capitolo viene data esclusiva attenzione ai virus dell’influenza, appartenenti alla famiglia Orthomyxoviridae e responsabili delle grandi pandemie del Novecento: l’influenza Spagnola (1918), l’influenza Asiatica (1956) e l’influenza di Hong Kong (1968), presentatesi ad intervalli ricorrenti durante il secolo scorso. Ciò che è interessante è la loro capacità di mutazione, descritta mediante i concetti di deriva antigenica (antigenic drift) e spostamento antigenico (anitigenic shift). I virus influenzali subiscono una deriva antigenica costante con la comparsa di un nuovo virus ogni otto-dieci anni. Una tale variazione antigenica sembra essere unica per i virus dell’influenza. Ciò è possibile perché il genoma virale è costituito da più frammenti subgenomici o molecole di RNA. Un nuovo virus ibrido può essere formato dallo scambio di una o più molecole di RNA quando due virus infettano lo stesso ospite. Il capitolo tre analizza l’influenza aviaria, punto comune alle tre pandemie citate. Si tratta di una malattia virale che colpisce gli uccelli selvatici, i quali fungono da serbatoio e, mediante il meccanismo di spillover, sono in grado di trasmettere il virus ad altre specie, compreso l’uomo. In ultimo, vengono presentate le due modalità che permettono di ridurre la patogenicità dei virus: vaccini e antivirali. Ciò che è importante sottolineare è la correlazione tra la distruzione antropica degli ecosistemi e la generazione delle pandemie: la colonizzazione di aree da parte dell’uomo ha disturbato ecosistemi naturali, causando effetti a catena e a lungo termine sulle piante, gli animali e i microrganismi del luogo. I virus sono particolarmente abili nello sfruttare questi squilibri dando origine a nuove malattie. L’esperienza del passato è fondamentale nell’affrontare le pandemie influenzali. Tuttavia, è impossibile prevedere la natura dei futuri virus ibridi che possono potenzialmente causare nuove epidemie, dal momento che la grande varietà di ceppi influenzali che infettano diversi animali e le numerose mutazioni minori che modificano costantemente il genoma virale, forniscono un ampio pool di genomi eterogenei.
Piccole particelle virali responsabili di grandi pandemie: storia dei virus influenzali
CROPANESE, EMANUELA
2022/2023
Abstract
L’elaborato è suddiviso in tre capitoli, incentrati sulla tematica dei virus. In particolare, il primo capitolo mette in risalto l’origine dei virus, a partire dall’osservazione di una, allora, sconosciuta malattia sulle foglie di tabacco. Vengono dettagliatamente presentate le ricerche di Adolf Mayer, Dmitrij Ivanovskij e Martinus Willem Beijerinck, i tre studiosi coinvolti nelle analisi che portarono all’individuazione di particelle, definite successivamente virus, per il loro particolare comportamento che ricordava quello di un veleno. Fu proprio quello il momento che delineò gli albori della virologia. Vengono successivamente esposte le caratteristiche strutturali, la classificazione, sviluppata secondo lo schema Baltimore, e le modalità di replicazione dei virus, sottolineando la loro peculiarità legata al fatto che per potersi replicare necessitano di vivere all’interno di organismi viventi, sfruttandone metabolismo e strutture cellulari. Nel secondo capitolo viene data esclusiva attenzione ai virus dell’influenza, appartenenti alla famiglia Orthomyxoviridae e responsabili delle grandi pandemie del Novecento: l’influenza Spagnola (1918), l’influenza Asiatica (1956) e l’influenza di Hong Kong (1968), presentatesi ad intervalli ricorrenti durante il secolo scorso. Ciò che è interessante è la loro capacità di mutazione, descritta mediante i concetti di deriva antigenica (antigenic drift) e spostamento antigenico (anitigenic shift). I virus influenzali subiscono una deriva antigenica costante con la comparsa di un nuovo virus ogni otto-dieci anni. Una tale variazione antigenica sembra essere unica per i virus dell’influenza. Ciò è possibile perché il genoma virale è costituito da più frammenti subgenomici o molecole di RNA. Un nuovo virus ibrido può essere formato dallo scambio di una o più molecole di RNA quando due virus infettano lo stesso ospite. Il capitolo tre analizza l’influenza aviaria, punto comune alle tre pandemie citate. Si tratta di una malattia virale che colpisce gli uccelli selvatici, i quali fungono da serbatoio e, mediante il meccanismo di spillover, sono in grado di trasmettere il virus ad altre specie, compreso l’uomo. In ultimo, vengono presentate le due modalità che permettono di ridurre la patogenicità dei virus: vaccini e antivirali. Ciò che è importante sottolineare è la correlazione tra la distruzione antropica degli ecosistemi e la generazione delle pandemie: la colonizzazione di aree da parte dell’uomo ha disturbato ecosistemi naturali, causando effetti a catena e a lungo termine sulle piante, gli animali e i microrganismi del luogo. I virus sono particolarmente abili nello sfruttare questi squilibri dando origine a nuove malattie. L’esperienza del passato è fondamentale nell’affrontare le pandemie influenzali. Tuttavia, è impossibile prevedere la natura dei futuri virus ibridi che possono potenzialmente causare nuove epidemie, dal momento che la grande varietà di ceppi influenzali che infettano diversi animali e le numerose mutazioni minori che modificano costantemente il genoma virale, forniscono un ampio pool di genomi eterogenei.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/157720