La cheratocongiuntivite infettiva è una patologia contagiosa che colpisce ruminanti domestici e selvatici, indotta da un’agente eziologico definito Mycoplasma conjunctivae. Il decorso della malattia si può suddividere in quattro fasi differenti caratterizzate da una sintomatologia specifica riassumibile a: congiuntivite iperacuta, fotofobia pronunciata, lacrimazione abbondante e chemosi; a cui segue uno scolo muco purulento accompagnato da un’opacizzazione corneale, dove nei casi più gravi può comportare una perforazione di quest’ultima con svuotamento del bulbo oculare. Generalmente il decesso a causa della cheratocongiuntivite è legato a traumatismi o a processi cachettici dovuti alla cecità. L’epidemiologia è principalmente basata sul trasferimento del micoplasma tramite contatto diretto, aereosol o vettori quali mosche. Nei ruminanti selvatici la malattia è nota da quasi un secolo, riscontrando la sua presenza in almeno sette paesi europei, tra cui l’Italia. Una specie particolarmente sensibile alla diffusione della patologia è Rupicapra rupicapra, autoctona e ampiamente diffusa sulle catene alpine e appenniniche italiane. La patologia interessa oltre i bovidi selvatici anche i piccoli ruminanti domestici, in particolar modo gli ovicaprini. È quindi fondamentale prendere in considerazione le relazioni che intercorrono tra le specie selvatiche e quelle domestiche le quali possono favorire il passaggio ed il mantenimento della malattia. Difronte a tale problematica emerge il ruolo del tecnico faunistico, quale figura professionale con l’importante compito della gestione sanitaria della fauna selvatica, che potrà operare tramite i centri di controllo. Diventa indispensabile l’interazione tra il tecnico e i servizi veterinari, al fine di sensibilizzare l’allevatore al buon governo manageriale dell’allevamento, che comporterà la monticazione di animali potenzialmente sani per evitare una possibile trasmissione della patologia agli ungulati selvatici con i quali condivideranno i pascoli estivi. Essendo Rupicapra rupicapra la specie maggiormente suscettibile alla malattia, si farà anche riferimento alla sua biologia, trattando la distribuzione, le caratteristiche generali, il dimorfismo sessuale e la riproduzione. Nella fauna selvatica la cura dei soggetti con segni ascrivibili alla cheratocongiuntivite risulta impensabile; inoltre è un metodo inappropriato per il controllo della malattia dato che la guarigione spontanea è il decorso più comune. Quindi la sola cosa fattibile è ridurre al minimo il disturbo dell’uomo nelle aree dove sono presenti soggetti malati. Il monitoraggio diretto da parte del tecnico faunistico tramite per esempio i censimenti è fondamentale per l’identificazione di soggetti malati. Tutte le buone pratiche attuate da un tecnico sono supportate dalla divulgazione delle informazioni e dalla sensibilizzazione. Viene quindi definito quale dev’essere l’approccio di una figura professionale di fronte alla presenza della patologia in popolazioni di camosci.
La cheratocongiuntivite infettiva del camoscio: il ruolo del centro di controllo e del tecnico faunistico
ZUCCO, ALESSANDRO
2022/2023
Abstract
La cheratocongiuntivite infettiva è una patologia contagiosa che colpisce ruminanti domestici e selvatici, indotta da un’agente eziologico definito Mycoplasma conjunctivae. Il decorso della malattia si può suddividere in quattro fasi differenti caratterizzate da una sintomatologia specifica riassumibile a: congiuntivite iperacuta, fotofobia pronunciata, lacrimazione abbondante e chemosi; a cui segue uno scolo muco purulento accompagnato da un’opacizzazione corneale, dove nei casi più gravi può comportare una perforazione di quest’ultima con svuotamento del bulbo oculare. Generalmente il decesso a causa della cheratocongiuntivite è legato a traumatismi o a processi cachettici dovuti alla cecità. L’epidemiologia è principalmente basata sul trasferimento del micoplasma tramite contatto diretto, aereosol o vettori quali mosche. Nei ruminanti selvatici la malattia è nota da quasi un secolo, riscontrando la sua presenza in almeno sette paesi europei, tra cui l’Italia. Una specie particolarmente sensibile alla diffusione della patologia è Rupicapra rupicapra, autoctona e ampiamente diffusa sulle catene alpine e appenniniche italiane. La patologia interessa oltre i bovidi selvatici anche i piccoli ruminanti domestici, in particolar modo gli ovicaprini. È quindi fondamentale prendere in considerazione le relazioni che intercorrono tra le specie selvatiche e quelle domestiche le quali possono favorire il passaggio ed il mantenimento della malattia. Difronte a tale problematica emerge il ruolo del tecnico faunistico, quale figura professionale con l’importante compito della gestione sanitaria della fauna selvatica, che potrà operare tramite i centri di controllo. Diventa indispensabile l’interazione tra il tecnico e i servizi veterinari, al fine di sensibilizzare l’allevatore al buon governo manageriale dell’allevamento, che comporterà la monticazione di animali potenzialmente sani per evitare una possibile trasmissione della patologia agli ungulati selvatici con i quali condivideranno i pascoli estivi. Essendo Rupicapra rupicapra la specie maggiormente suscettibile alla malattia, si farà anche riferimento alla sua biologia, trattando la distribuzione, le caratteristiche generali, il dimorfismo sessuale e la riproduzione. Nella fauna selvatica la cura dei soggetti con segni ascrivibili alla cheratocongiuntivite risulta impensabile; inoltre è un metodo inappropriato per il controllo della malattia dato che la guarigione spontanea è il decorso più comune. Quindi la sola cosa fattibile è ridurre al minimo il disturbo dell’uomo nelle aree dove sono presenti soggetti malati. Il monitoraggio diretto da parte del tecnico faunistico tramite per esempio i censimenti è fondamentale per l’identificazione di soggetti malati. Tutte le buone pratiche attuate da un tecnico sono supportate dalla divulgazione delle informazioni e dalla sensibilizzazione. Viene quindi definito quale dev’essere l’approccio di una figura professionale di fronte alla presenza della patologia in popolazioni di camosci.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
953311_elaboratofinalezuccoalessandro.pdf
non disponibili
Tipologia:
Altro materiale allegato
Dimensione
2.16 MB
Formato
Adobe PDF
|
2.16 MB | Adobe PDF |
I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14240/157427