Dalla fine degli anni Novanta del secolo scorso i ricercatori hanno iniziato a studiare un comportamento alimentare connotato da un’attenzione, fino ad allora sconosciuta, per la salubrità del cibo. Dobbiamo a Steven Bratman, dietologo statunitense, i primi approfondimenti sul tema così come l’introduzione del termine ortoressia nervosa (ON) nel 1997 al fine di identificare la condizione da cui lui stesso era affetto. L’etimo del termine, apparso per la prima volta sulla rivista Yoga Journal, deriva dalle parole greche orthos (corretto) e orexis (appetito), identificando quindi una dieta incentrata esclusivamente sul consumo di cibi sani e potenzialmente produttiva di effetti negativi sulla salute come sulla qualità della vita di chi la osserva strettamente. Questa condotta, se portata all’eccesso, prevede la totale esclusione dalla dieta di qualsiasi alimento che non venga reputato sufficientemente sano o puro, la spasmodica ricerca di cibi salubri può paradossalmente portare a gravi scompensi e a relativa malnutrizione. A differenza dei regimi ipocalorici, gli alimenti non vengono vagliati per il loro contenuto energetico bensì per le loro caratteristiche intrinseche e per la loro provenienza. Nei casi di ON sono quindi preferiti cibi naturali, biologici, prodotti in casa, integrali, prodotti secondo modalità non industriali o accostati a qualsiasi altro termine che richiami una parvenza di salubrità. Sono invece accuratamente evitati gli alimenti che potrebbero contenere grassi saturi, pesticidi, OGM, olio di palma oppure provenienti da colture chimicamen te controllate, allevamenti intensivi o comunque soggetti a trasformazioni che ne abbiano alterato la naturalezza originaria. L’esasperazione non si limita alla scelta dei cibi ed anche la loro preparazione deve rispettare rigidamente le consegne imposte dal regime di ON, ad esempio gli alimenti non devono essere congelati. Se una maggiore attenzione al regime nutrizionale è stata osservata negli ultimi decenni praticamente a ogni latitudine, il concetto di ON si spinge ben oltre dato che la gratificazione esperita da chi segue questi dettami si esplicita nel senso di superiorità sulle altre persone e sul controllo esercitato sugli alimenti, piuttosto che nel piacere generato dal loro consumo. Le risorse, sia economiche che in termini di tempo, impiegate nella scelta e nella preparazione degli alimenti sono spesso sottratte ad altri ambiti della vita portando questi soggetti a privazioni come a conflitti con le persone che stanno loro accanto. La denutrizione, o i regimi alimentari alternativi, non sono certo un argomento esclusivo della modernità, la storia è costellata da esempi, dalla cosiddetta anoressia santa ai sospetti Medioevali intorno al digiuno. Il sempre maggiore interesse intorno alla forma fisica può aver contribuito a generare situazioni limite, nel caso dell’ON però il focus si sposta dal corpo al cibo.
Analisi del costrutto dell’ortoressia nervosa e relative tecniche di misurazione
NICOLEL TOUSCO, CLAUDIO
2023/2024
Abstract
Dalla fine degli anni Novanta del secolo scorso i ricercatori hanno iniziato a studiare un comportamento alimentare connotato da un’attenzione, fino ad allora sconosciuta, per la salubrità del cibo. Dobbiamo a Steven Bratman, dietologo statunitense, i primi approfondimenti sul tema così come l’introduzione del termine ortoressia nervosa (ON) nel 1997 al fine di identificare la condizione da cui lui stesso era affetto. L’etimo del termine, apparso per la prima volta sulla rivista Yoga Journal, deriva dalle parole greche orthos (corretto) e orexis (appetito), identificando quindi una dieta incentrata esclusivamente sul consumo di cibi sani e potenzialmente produttiva di effetti negativi sulla salute come sulla qualità della vita di chi la osserva strettamente. Questa condotta, se portata all’eccesso, prevede la totale esclusione dalla dieta di qualsiasi alimento che non venga reputato sufficientemente sano o puro, la spasmodica ricerca di cibi salubri può paradossalmente portare a gravi scompensi e a relativa malnutrizione. A differenza dei regimi ipocalorici, gli alimenti non vengono vagliati per il loro contenuto energetico bensì per le loro caratteristiche intrinseche e per la loro provenienza. Nei casi di ON sono quindi preferiti cibi naturali, biologici, prodotti in casa, integrali, prodotti secondo modalità non industriali o accostati a qualsiasi altro termine che richiami una parvenza di salubrità. Sono invece accuratamente evitati gli alimenti che potrebbero contenere grassi saturi, pesticidi, OGM, olio di palma oppure provenienti da colture chimicamen te controllate, allevamenti intensivi o comunque soggetti a trasformazioni che ne abbiano alterato la naturalezza originaria. L’esasperazione non si limita alla scelta dei cibi ed anche la loro preparazione deve rispettare rigidamente le consegne imposte dal regime di ON, ad esempio gli alimenti non devono essere congelati. Se una maggiore attenzione al regime nutrizionale è stata osservata negli ultimi decenni praticamente a ogni latitudine, il concetto di ON si spinge ben oltre dato che la gratificazione esperita da chi segue questi dettami si esplicita nel senso di superiorità sulle altre persone e sul controllo esercitato sugli alimenti, piuttosto che nel piacere generato dal loro consumo. Le risorse, sia economiche che in termini di tempo, impiegate nella scelta e nella preparazione degli alimenti sono spesso sottratte ad altri ambiti della vita portando questi soggetti a privazioni come a conflitti con le persone che stanno loro accanto. La denutrizione, o i regimi alimentari alternativi, non sono certo un argomento esclusivo della modernità, la storia è costellata da esempi, dalla cosiddetta anoressia santa ai sospetti Medioevali intorno al digiuno. Il sempre maggiore interesse intorno alla forma fisica può aver contribuito a generare situazioni limite, nel caso dell’ON però il focus si sposta dal corpo al cibo.File | Dimensione | Formato | |
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