L’obiettivo di questo lavoro di ricerca è stato quello di valutare la qualità di succhi di mela derivanti da un processo di filiera corta del territorio piemontese attraverso un approccio multidisciplinare che comprendesse un’analisi di mercato, un’analisi qualitativa-sensoriale ed un’analisi di rintracciabilità genetica. Tali succhi (monovorieatali e bivarietali) sono stati confrontati con succhi di mela simili nella composizione varietale, ma diversamente processati in quanto derivanti da filiere differenti, in particolare sono stati usati succhi realizzati presso il DISAFA, e succhi industriali di filiera corta. Sono state previste tre attività. La prima parte del lavoro è stata dedicata ad un’analisi di mercato. Dai risultati ottenuti si è potuto comprendere come il consumo di succhi di frutta in generale faccia parte delle abitudini alimentari dei consumatori, in particolar modo nelle occasioni fuori pasto. L’acquisto avviene maggiormente nei super/ipermercati, mentre l’e-commerce non è sviluppato per questo settore. Per quanto riguarda i succhi di mela in particolare, la maggior parte degli intervistati li consuma, ma pochi danno importanza alla composizione varietale delle mele utilizzate per ottenere il prodotto finale. La seconda parte del lavoro ha previsto la caratterizzazione qualitativa e sensoriale dei succhi in considerazione. Le analisi chimiche hanno previsto la determinazione di 5 parametri: colore, contenuto in solidi solubili totali, contenuto di polifenoli, acidità titolabile e torbidità; mentre l’analisi sensoriale ha coinvolto un panel test con assaggiatori non addestrati del DISAFA. Nella maggior parte dei casi il giudizio espresso tramite panel sensoriale ha rispecchiato le caratteristiche dei succhi in termini di acidità e contenuto di solidi solubili totali misurati tramite analisi qualitative. Nell’ultima parte del lavoro l’attenzione è stata spostata verso l’identificazione genetica della cultivar utilizzata nel processo di trasformazione industriale. Per effettuare tali analisi sono stati utilizzati due protocolli diversi, partendo dal protocollo di Doyle e Doyle (1987) al quale sono state apportante delle modifiche tratte dal protocollo di Boccacci et al. (2012), e dal protocollo di Han et al. (2012). Dai risultati ottenuti emerge la necessità di una messa a punto dei protocolli sperimentati utilizzati, in quanto hanno evidenziato dei limiti, soprattutto per i succhi industriali. Nonostante l’estrazione del DNA sia stata possibile per la maggior parte dei succhi analizzati, la presenza di risultati incompleti nella fase di amplificazione del DNA ha compromesso l’identificazione della cultivar, ad eccezione dei succhi realizzati presso il DISAFA. Tale mancanza di risultati, per i succhi industriali di filiera corta, e per i succhi industriali di filiera corta del territorio piemontese, è da attribuire probabilmente al processo di trasformazione (comprensivo di filtrazione, chiarifica e trattamento termico) responsabile della degradazione del DNA. Concludendo, lo sviluppo di un tale approccio multidisciplinare, in grado di caratterizzare un prodotto sia da un punto di vista di abitudini dei consumatori e sensoriale, sia da un punto di vista genetico, potrebbe essere di supporto anche ad altri prodotti agroalimentari trasformati, di cui si intende valorizzare la qualità e l’autenticità.

Caratterizzazione qualitativa, sensoriale e tracciabilità genetica dei succhi di mela

BONINO, ELEONORA
2020/2021

Abstract

L’obiettivo di questo lavoro di ricerca è stato quello di valutare la qualità di succhi di mela derivanti da un processo di filiera corta del territorio piemontese attraverso un approccio multidisciplinare che comprendesse un’analisi di mercato, un’analisi qualitativa-sensoriale ed un’analisi di rintracciabilità genetica. Tali succhi (monovorieatali e bivarietali) sono stati confrontati con succhi di mela simili nella composizione varietale, ma diversamente processati in quanto derivanti da filiere differenti, in particolare sono stati usati succhi realizzati presso il DISAFA, e succhi industriali di filiera corta. Sono state previste tre attività. La prima parte del lavoro è stata dedicata ad un’analisi di mercato. Dai risultati ottenuti si è potuto comprendere come il consumo di succhi di frutta in generale faccia parte delle abitudini alimentari dei consumatori, in particolar modo nelle occasioni fuori pasto. L’acquisto avviene maggiormente nei super/ipermercati, mentre l’e-commerce non è sviluppato per questo settore. Per quanto riguarda i succhi di mela in particolare, la maggior parte degli intervistati li consuma, ma pochi danno importanza alla composizione varietale delle mele utilizzate per ottenere il prodotto finale. La seconda parte del lavoro ha previsto la caratterizzazione qualitativa e sensoriale dei succhi in considerazione. Le analisi chimiche hanno previsto la determinazione di 5 parametri: colore, contenuto in solidi solubili totali, contenuto di polifenoli, acidità titolabile e torbidità; mentre l’analisi sensoriale ha coinvolto un panel test con assaggiatori non addestrati del DISAFA. Nella maggior parte dei casi il giudizio espresso tramite panel sensoriale ha rispecchiato le caratteristiche dei succhi in termini di acidità e contenuto di solidi solubili totali misurati tramite analisi qualitative. Nell’ultima parte del lavoro l’attenzione è stata spostata verso l’identificazione genetica della cultivar utilizzata nel processo di trasformazione industriale. Per effettuare tali analisi sono stati utilizzati due protocolli diversi, partendo dal protocollo di Doyle e Doyle (1987) al quale sono state apportante delle modifiche tratte dal protocollo di Boccacci et al. (2012), e dal protocollo di Han et al. (2012). Dai risultati ottenuti emerge la necessità di una messa a punto dei protocolli sperimentati utilizzati, in quanto hanno evidenziato dei limiti, soprattutto per i succhi industriali. Nonostante l’estrazione del DNA sia stata possibile per la maggior parte dei succhi analizzati, la presenza di risultati incompleti nella fase di amplificazione del DNA ha compromesso l’identificazione della cultivar, ad eccezione dei succhi realizzati presso il DISAFA. Tale mancanza di risultati, per i succhi industriali di filiera corta, e per i succhi industriali di filiera corta del territorio piemontese, è da attribuire probabilmente al processo di trasformazione (comprensivo di filtrazione, chiarifica e trattamento termico) responsabile della degradazione del DNA. Concludendo, lo sviluppo di un tale approccio multidisciplinare, in grado di caratterizzare un prodotto sia da un punto di vista di abitudini dei consumatori e sensoriale, sia da un punto di vista genetico, potrebbe essere di supporto anche ad altri prodotti agroalimentari trasformati, di cui si intende valorizzare la qualità e l’autenticità.
ITA
IMPORT DA TESIONLINE
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
841835_boninoeleonoratesimagistrale.pdf

non disponibili

Tipologia: Altro materiale allegato
Dimensione 5.14 MB
Formato Adobe PDF
5.14 MB Adobe PDF

I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/156155