“L'Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”. Queste le parole di Robert Schuman, uno dei padri fondatori dell’Unione Europea. Si pensava giustamente all’epoca che mettere insieme gli interessi economici nel quadro di un’organizzazione alla quale possano aderire i Paesi europei avrebbe contribuito ad innalzare i livelli di vita. A tale scopo uno degli obiettivi principali dell’Unione Europea era ed è la realizzazione di un mercato comune sopranazionale, all’interno del quale possano circolare liberamente merci, persone, servizi e capitali. Tali libertà di circolazione costituiscono le c.d. quattro libertà fondamentali dell’Unione Europea; esse sono funzionali al raggiungimento dell’obiettivo della libertà di stabilimento all’interno dei confini europei. La realizzazione di tali propositi incontra però le difficoltà dovute alla presenza delle diverse legislazioni nazionali, per il superamento delle quali è necessario individuare delle regole comuni, al riguardo si parla di armonizzazione delle discipline nazionali ad opera del legislatore europeo. In questo contesto risulta fondamentale il ruolo trainante della Corte di Giustizia, la quale a partire dagli anni Ottanta porta l’integrazione giuridica ad un livello avanzato rispetto ad ogni altro campo di azione comunitaria. Allo stesso tempo, essa sancisce la definitiva affermazione anche nelle giurisprudenze nazionali sia dell’effetto diretto delle norme comunitarie sulla posizione giuridica dei singoli, sia del primato delle stesse sulle norme nazionali contrastanti. Ed è proprio la giurisprudenza della Corte, nello specifico l’evoluzione della stessa, la testimonianza dell’equilibrio di un sistema giuridico complesso, che allo stesso tempo conferma e conserva parti della sovranità degli Stati membri ma che deve altresì lasciare spazio alla specificità e alla armonizzazione da parte delle norme comunitarie. Rappresentando le strutture organizzative tipiche per l’esercizio in forma associata dell’attività di impresa, le società rivestono un ruolo decisivo nella visione comunitaria dell’instaurazione di un mercato comune: è pertanto evidente quale rilievo assuma, nella medesima ottica, la disciplina del diritto societario europeo. L’armonizzazione della stessa ha un duplice scopo: promuovere la libertà di stabilimento e garantire la libertà d’impresa. Partendo dall’assunto che beneficiano delle libertà di stabilimento “le società costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro” e secondo una consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia le società sono “enti creati da un ordinamento giuridico e, allo stato attuale del diritto comunitario, da un ordinamento giuridico nazionale”; ci si domanda quali limiti possono frapporre gli Stati membri all’esercizio del diritto di stabilimento delle società e soprattutto la sorte di quelle società a carattere transnazionale una volta varcato il confine del proprio Stato. La legittimità di restrizioni e condizionamenti della libertà di stabilimento sono state a lungo e sono tuttora alquanto controverse. In tal senso la Corte di Giustizia è stata chiamata a porre rimedio alla mancanza di una disciplina comune e attraverso la sua giurisprudenza a trovare un equilibrio tra le diverse discipline degli Stati membri.

LA LIBERTÀ DI STABILIMENTO NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA

ALEXE, SOFIA
2022/2023

Abstract

“L'Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”. Queste le parole di Robert Schuman, uno dei padri fondatori dell’Unione Europea. Si pensava giustamente all’epoca che mettere insieme gli interessi economici nel quadro di un’organizzazione alla quale possano aderire i Paesi europei avrebbe contribuito ad innalzare i livelli di vita. A tale scopo uno degli obiettivi principali dell’Unione Europea era ed è la realizzazione di un mercato comune sopranazionale, all’interno del quale possano circolare liberamente merci, persone, servizi e capitali. Tali libertà di circolazione costituiscono le c.d. quattro libertà fondamentali dell’Unione Europea; esse sono funzionali al raggiungimento dell’obiettivo della libertà di stabilimento all’interno dei confini europei. La realizzazione di tali propositi incontra però le difficoltà dovute alla presenza delle diverse legislazioni nazionali, per il superamento delle quali è necessario individuare delle regole comuni, al riguardo si parla di armonizzazione delle discipline nazionali ad opera del legislatore europeo. In questo contesto risulta fondamentale il ruolo trainante della Corte di Giustizia, la quale a partire dagli anni Ottanta porta l’integrazione giuridica ad un livello avanzato rispetto ad ogni altro campo di azione comunitaria. Allo stesso tempo, essa sancisce la definitiva affermazione anche nelle giurisprudenze nazionali sia dell’effetto diretto delle norme comunitarie sulla posizione giuridica dei singoli, sia del primato delle stesse sulle norme nazionali contrastanti. Ed è proprio la giurisprudenza della Corte, nello specifico l’evoluzione della stessa, la testimonianza dell’equilibrio di un sistema giuridico complesso, che allo stesso tempo conferma e conserva parti della sovranità degli Stati membri ma che deve altresì lasciare spazio alla specificità e alla armonizzazione da parte delle norme comunitarie. Rappresentando le strutture organizzative tipiche per l’esercizio in forma associata dell’attività di impresa, le società rivestono un ruolo decisivo nella visione comunitaria dell’instaurazione di un mercato comune: è pertanto evidente quale rilievo assuma, nella medesima ottica, la disciplina del diritto societario europeo. L’armonizzazione della stessa ha un duplice scopo: promuovere la libertà di stabilimento e garantire la libertà d’impresa. Partendo dall’assunto che beneficiano delle libertà di stabilimento “le società costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro” e secondo una consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia le società sono “enti creati da un ordinamento giuridico e, allo stato attuale del diritto comunitario, da un ordinamento giuridico nazionale”; ci si domanda quali limiti possono frapporre gli Stati membri all’esercizio del diritto di stabilimento delle società e soprattutto la sorte di quelle società a carattere transnazionale una volta varcato il confine del proprio Stato. La legittimità di restrizioni e condizionamenti della libertà di stabilimento sono state a lungo e sono tuttora alquanto controverse. In tal senso la Corte di Giustizia è stata chiamata a porre rimedio alla mancanza di una disciplina comune e attraverso la sua giurisprudenza a trovare un equilibrio tra le diverse discipline degli Stati membri.
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