In questo lavoro, lo scopo è stato quello di approfondire la biodegradazione di due poliesteri alifatici, il poli(butilen succinato) (PBS) e il poli(butilen sebacato) PBSE, ottimizzando tempi e modalità di degradazione e indentificando gli agenti fungini e le condizioni ambientali più efficaci. L’attività di ricerca è stata divisa in tre momenti: innanzitutto, dal momento che negli ambienti naturali gli enzimi svolgono un ruolo importante nel catalizzare l’idrolisi, film di PBS e PBSE sono stati sottoposti a degradazione idrolitica allo scopo di ricevere informazioni inerenti al meccanismo di degradazione, successivamente è stato effettuato uno screening di biodegradazione in solido del PBSE per valutare quali ceppi fungini sono in grado di crescere con la sola presenza del film polimerico e, infine, i ceppi fungini selezionati sono stati utilizzati per impostare un test di biodegradazione in liquido in modo da identificare i prodotti formati dalla biodegradazione del PBS e del PBSE. La degradazione idrolitica ha permesso di supporre che il PBSE degrada molto più lentamente del PBS. Attraverso le analisi effettuate si è compreso che tale comportamento è dovuto alle differenze che si riscontrano nella struttura chimica. Infatti, il PBSE ha un carattere idrofobo maggiore e meno siti idrolizzabili rispetto al PBS. In particolare, è stato ricavato che nel PBS i gruppi esterei rappresentano il 46,25%, mentre nel PBSE il 32,06%. Constatato ciò, grazie ai dati ottenuti con le analisi calorimetriche si è intuito che il PBSE ha una maggiore cristallinità del PBS. Lo screening in solido è stato effettuato lasciando ciascun film di PBSE in un terreno minimo (MM) agarizzato con il relativo ceppo fungino. Le prove sono state eseguite sia a 15°C che a 24°C e hanno avuto una durata di cinque mesi. Successivamente i funghi più efficienti sono stati utilizzati per i test di biodegradazione. Questi sono stati eseguiti su due terreni diversi: il terreno minimale (MM) e il terreno ricco (MEA). MM è un terreno povero privo di fonti di carbonio, infatti, il fungo può sopravvivere, ma non è stimolato a crescere. In questo caso, l’eventuale crescita del fungo è direttamente collegata alla presenza del polimero. Il MEA, essendo costituito anche da glucosio, malto e peptone stimola la crescita del fungo, pertanto successivamente il polimero potrà essere degradato più facilmente. Anche in questo caso è stato confermato che il PBSE degrada più lentamente del PBS. Inoltre, la degradazione del PBS procede più velocemente in MM, indicando che, essendo il polimero l’unica fonte di nutrimento, il fungo è particolarmente attivo per il PBS. Mentre la degradazione del PBSE si verifica solo in MEA, indicando che, in questo caso, il fungo ha bisogno di nutrienti opportuni per crescere e, solo dopo aver acquisito la forza necessaria, degrada il polimero. In conclusione, questo lavoro rappresenta solo uno dei primi passi nello studio della degradazione di polimeri biodegradabili. È stato possibile constatare che il PBS è facilmente idrolizzabile sia in presenza che in assenza di microrganismi, mentre il PBSE richiede tempi maggiori con tutti i metodi sviluppati finora. Relativamente alle prove in liquido, un aspetto fondamentale sarebbe quello di stimare la capacità dei ceppi fungini di metabolizzare i monomeri, mediante spettroscopia UV o respirometria.
Degradazione di poliesteri alifatici mediata da agenti fungini
VENERI, ALESSIA
2019/2020
Abstract
In questo lavoro, lo scopo è stato quello di approfondire la biodegradazione di due poliesteri alifatici, il poli(butilen succinato) (PBS) e il poli(butilen sebacato) PBSE, ottimizzando tempi e modalità di degradazione e indentificando gli agenti fungini e le condizioni ambientali più efficaci. L’attività di ricerca è stata divisa in tre momenti: innanzitutto, dal momento che negli ambienti naturali gli enzimi svolgono un ruolo importante nel catalizzare l’idrolisi, film di PBS e PBSE sono stati sottoposti a degradazione idrolitica allo scopo di ricevere informazioni inerenti al meccanismo di degradazione, successivamente è stato effettuato uno screening di biodegradazione in solido del PBSE per valutare quali ceppi fungini sono in grado di crescere con la sola presenza del film polimerico e, infine, i ceppi fungini selezionati sono stati utilizzati per impostare un test di biodegradazione in liquido in modo da identificare i prodotti formati dalla biodegradazione del PBS e del PBSE. La degradazione idrolitica ha permesso di supporre che il PBSE degrada molto più lentamente del PBS. Attraverso le analisi effettuate si è compreso che tale comportamento è dovuto alle differenze che si riscontrano nella struttura chimica. Infatti, il PBSE ha un carattere idrofobo maggiore e meno siti idrolizzabili rispetto al PBS. In particolare, è stato ricavato che nel PBS i gruppi esterei rappresentano il 46,25%, mentre nel PBSE il 32,06%. Constatato ciò, grazie ai dati ottenuti con le analisi calorimetriche si è intuito che il PBSE ha una maggiore cristallinità del PBS. Lo screening in solido è stato effettuato lasciando ciascun film di PBSE in un terreno minimo (MM) agarizzato con il relativo ceppo fungino. Le prove sono state eseguite sia a 15°C che a 24°C e hanno avuto una durata di cinque mesi. Successivamente i funghi più efficienti sono stati utilizzati per i test di biodegradazione. Questi sono stati eseguiti su due terreni diversi: il terreno minimale (MM) e il terreno ricco (MEA). MM è un terreno povero privo di fonti di carbonio, infatti, il fungo può sopravvivere, ma non è stimolato a crescere. In questo caso, l’eventuale crescita del fungo è direttamente collegata alla presenza del polimero. Il MEA, essendo costituito anche da glucosio, malto e peptone stimola la crescita del fungo, pertanto successivamente il polimero potrà essere degradato più facilmente. Anche in questo caso è stato confermato che il PBSE degrada più lentamente del PBS. Inoltre, la degradazione del PBS procede più velocemente in MM, indicando che, essendo il polimero l’unica fonte di nutrimento, il fungo è particolarmente attivo per il PBS. Mentre la degradazione del PBSE si verifica solo in MEA, indicando che, in questo caso, il fungo ha bisogno di nutrienti opportuni per crescere e, solo dopo aver acquisito la forza necessaria, degrada il polimero. In conclusione, questo lavoro rappresenta solo uno dei primi passi nello studio della degradazione di polimeri biodegradabili. È stato possibile constatare che il PBS è facilmente idrolizzabile sia in presenza che in assenza di microrganismi, mentre il PBSE richiede tempi maggiori con tutti i metodi sviluppati finora. Relativamente alle prove in liquido, un aspetto fondamentale sarebbe quello di stimare la capacità dei ceppi fungini di metabolizzare i monomeri, mediante spettroscopia UV o respirometria.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/154869