Rationality is a concept that has always been together with the philosophical research from its very start. It is, in facts, been elected as the specific property of humans. In the last century the interest towards rationality came back strongly. From a philosophical point of view, a general formulation has been reached, with the Standard Picture (Stein 1996), granting both a descriptive function and a normative function. Still, this result has been challenged by an empirical critic, started from psychology. From many empirical studies, stemming from the famous “Wason Selection Task”, psychologists saw that humans most of the time make mistakes in reasoning. These founds were so much important that the “Rationality Wars” (Samuels, Stich and Bishop 2004) started. From this original psychological spark, many interventions came from other disciplines as well. In this frame, two competitors emerged (Sturm 2012): the school of heuristics and bias, of which Amos Tversky and Daniel Kahneman are the most notorious researchers, and the school of Bounded Rationality, brought forward by Gerd Gigerenzer among others. These two actors believe in a different conception of rationality. Tversky e Kahneman, keeping inside a ruled-based rationality (Sosis and Bishop 2014) conclude to a cognitive pessimism regarding humans, who make mistake most of the time. However, another possibility exists, that is the one to move to another conception of rationality, a pragmatic rationality. In its definition, therefore, also the agent’s goals are included, a part from the environmental and psychological limits already highlighted by Herbert Simon. Gigerenzer’s theory can be considered as the start of a new paradigm. The German psychologist, in facts, describes many heuristics, mental strategies very easy to use that grant to the agent the possibility to reach her goals event in a more efficient way than the rules of the Standard Picture. There is, therefore, a base on which it is possible to work from a philosophical point of view to reach a complete formulation of human rationality. A significant point that emerges from this setting is the rational relativism (Stich 1990). Since we have to include in the definition both the limits and the values followed by the agent, we introduce a relative component. This consequence is also enlarged by the intercultural studies brought forward by Nisbett which show a cognitive pluralism. Even though in philosophy there is a big worry in relativism and we try to avoid it, it can be less dangerous than what thought. First, it doesn’t lead to nihilism, since it is possible to evaluate a judgment, even though inside the context of application using the pragmatical method. Moreover, the fact that the bound between rationality and truth is weakened may not be so problematic. Truth is a concept influenced by culture and language, so already probably relativistic. Humans can then still be judged rational, of a man-size rationality and a pragmatical rationality.
La razionalità è un concetto che ha accompagnato la ricerca filosofica fin dai suoi arbori, essendo stata eletta quale proprietà caratterizzante gli esseri umani. Nell’ultimo secolo l’interesse verso la razionalità si è ripresentato fortemente. A livello filosofico, infatti, si è giunti ad una sua espressione inclusiva nel paradigma del Quadro Standard (Stein 1996), garantendole sia una funzione descrittiva, sia normativa. Eppure, tale coronamento teorico è andato di pari passo con una critica empirica, partita in ambito psicologico. Infatti, da molteplici studi di laboratorio condotti, il primo dei quali è il famoso “Test di selezione di Wason”, si è registrata una diffusa difficoltà al ragionamento da parte degli esseri umani. Questi spunti sono stati talmente tanto importanti e numerosi che si è finito per parlare di “Guerre della razionalità” (Samuels, Stich e Bishop 2004). Dopo la scintilla psicologica iniziale, infatti, molti sono stati gli interventi, anche da parte di studiosi in altre discipline. In questo scontro tra teorie, due sono state in particolare le correnti contrapposte (Sturm 2012): da un lato la scuola delle euristiche e bias, capeggiata da Amos Tversky e Daniel Kanheman, e dall’altro la scuola della razionalità limitata, portata avanti soprattutto da Gerd Gigerenzer. Questi due attori sono portatori di una concezione di razionalità differente. Tversky e Kanheman, rimanendo all’interno di una concezione per principi (Sosis e Bishop 2014) finiscono per concludere ad un pessimismo cognitivo nei confronti degli uomini, che per la maggior parte del tempo sbagliano. Esiste comunque un’altra via, cioè quella di passare ad un’altra concezione di razionalità, una razionalità pragmatica. Nella sua definizione rientrano così anche gli obiettivi dell’agente, oltre ai vincoli ambientali e psicologici già posti in luce da Herbert Simon. La teoria di Gigerenzer può essere ritenuta come l’inizio di questo nuovo paradigma. Lo psicologo tedesco, infatti, descrive tutta una serie di euristiche, strategie mentali di facile utilizzo, che portano l’agente a raggiungere i propri obiettivi anche in maniera più efficiente e rapida rispetto a quanto accadrebbe se seguisse le regole del quadro standard. Esiste quindi una base da cui lavorare sul piano filosofico per giungere ad una nuova formulazione completa della razionalità umana. Un punto di rilievo che emergerebbe da questo nuovo orientamento è il relativismo razionale (Stich 1990). Dovendo infatti considerare sia i vincoli, sia i valori che spingono l’agente alla decisione si finisce per introdurre una componente relativistica. Tale conseguenza è anche supportata dagli studi transculturali portati avanti da Nisbett che dimostrato il pluralismo cognitivo. Per quanto a livello filosofico ci sia grande preoccupazione per il relativismo e si tenti di evitarlo, in realtà, può non essere così devastante quanto si pensa. Infatti, esso non conduce al nichilismo, dal momento che si può valutare un ragionamento, anche se questo non in maniera assoluta, ma calato nel proprio contesto di applicazione, utilizzando il metodo pragmatico. Inoltre, il fatto che si venga ad incrinare il legame tra razionalità e verità può non essere così problematico, dal momento che in realtà questi concetti sono influenzati dalla cultura in cui sono elaborati e, quindi, già di per sé relativi. Gli uomini possono così essere ancora considerati razionali, di una razionalità a misura d’uomo e pragmatica.
Verso una concezione relativa della razionalità
ASVISIO, MARTA
2020/2021
Abstract
La razionalità è un concetto che ha accompagnato la ricerca filosofica fin dai suoi arbori, essendo stata eletta quale proprietà caratterizzante gli esseri umani. Nell’ultimo secolo l’interesse verso la razionalità si è ripresentato fortemente. A livello filosofico, infatti, si è giunti ad una sua espressione inclusiva nel paradigma del Quadro Standard (Stein 1996), garantendole sia una funzione descrittiva, sia normativa. Eppure, tale coronamento teorico è andato di pari passo con una critica empirica, partita in ambito psicologico. Infatti, da molteplici studi di laboratorio condotti, il primo dei quali è il famoso “Test di selezione di Wason”, si è registrata una diffusa difficoltà al ragionamento da parte degli esseri umani. Questi spunti sono stati talmente tanto importanti e numerosi che si è finito per parlare di “Guerre della razionalità” (Samuels, Stich e Bishop 2004). Dopo la scintilla psicologica iniziale, infatti, molti sono stati gli interventi, anche da parte di studiosi in altre discipline. In questo scontro tra teorie, due sono state in particolare le correnti contrapposte (Sturm 2012): da un lato la scuola delle euristiche e bias, capeggiata da Amos Tversky e Daniel Kanheman, e dall’altro la scuola della razionalità limitata, portata avanti soprattutto da Gerd Gigerenzer. Questi due attori sono portatori di una concezione di razionalità differente. Tversky e Kanheman, rimanendo all’interno di una concezione per principi (Sosis e Bishop 2014) finiscono per concludere ad un pessimismo cognitivo nei confronti degli uomini, che per la maggior parte del tempo sbagliano. Esiste comunque un’altra via, cioè quella di passare ad un’altra concezione di razionalità, una razionalità pragmatica. Nella sua definizione rientrano così anche gli obiettivi dell’agente, oltre ai vincoli ambientali e psicologici già posti in luce da Herbert Simon. La teoria di Gigerenzer può essere ritenuta come l’inizio di questo nuovo paradigma. Lo psicologo tedesco, infatti, descrive tutta una serie di euristiche, strategie mentali di facile utilizzo, che portano l’agente a raggiungere i propri obiettivi anche in maniera più efficiente e rapida rispetto a quanto accadrebbe se seguisse le regole del quadro standard. Esiste quindi una base da cui lavorare sul piano filosofico per giungere ad una nuova formulazione completa della razionalità umana. Un punto di rilievo che emergerebbe da questo nuovo orientamento è il relativismo razionale (Stich 1990). Dovendo infatti considerare sia i vincoli, sia i valori che spingono l’agente alla decisione si finisce per introdurre una componente relativistica. Tale conseguenza è anche supportata dagli studi transculturali portati avanti da Nisbett che dimostrato il pluralismo cognitivo. Per quanto a livello filosofico ci sia grande preoccupazione per il relativismo e si tenti di evitarlo, in realtà, può non essere così devastante quanto si pensa. Infatti, esso non conduce al nichilismo, dal momento che si può valutare un ragionamento, anche se questo non in maniera assoluta, ma calato nel proprio contesto di applicazione, utilizzando il metodo pragmatico. Inoltre, il fatto che si venga ad incrinare il legame tra razionalità e verità può non essere così problematico, dal momento che in realtà questi concetti sono influenzati dalla cultura in cui sono elaborati e, quindi, già di per sé relativi. Gli uomini possono così essere ancora considerati razionali, di una razionalità a misura d’uomo e pragmatica.File | Dimensione | Formato | |
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