È noto che, in seguito ad eventi stocastici e a scelte di allevamento messe in atto dall’uomo, i cani di razza mostrino alti livelli di inicrocio, con conseguente aumento dell’omozigosità e perdita di variabilità genetica. In questo lavoro, per la prima volta in letteratura, abbiamo valutato gli effetti, a livello genomico, delle pratiche di inicrocio operate dall’uomo nei confronti dei cani di razza. L’obiettivo di questa tesi è stato duplice: • Valutare, mediante il saggio dei micronuclei (MNi), il livello del danno genomico in un campione di cani di razza, comparandolo con quello osservato in un campione di controllo costituito da cani meticci. • Valutare nei soggetti esaminati, mediante un etotest, il livello di stress e l’eventuale associazione di questo con i livelli di danno genomico. I risultati ottenuti, mostrano un significativo aumento di MNi e aberrazioni totali nel campione dei cani di razza, rispetto a quello di controllo. Da un punto di vista genomico, un’alta frequenza di micronuclei è correlata ad una minore efficienza dei meccanismi di riparo del danno. Questo potrebbe spiegare, ad esempio, il fatto che i cani di razza, di norma, presentino un tasso d’insorgenza maggiore di patologie tumorali e una conseguente aspettativa di vita minore rispetto ai cani meticci. In questo scenario, non possiamo escludere che ad elevati livelli di inincrocio possano corrispondere elevate frequenze di alleli recessivi di geni metabolici e di quelli legati al riparo del danno, rispettivamente impegnati a metabolizzare gli xenobiotici ambientali potenzialmente mutageni e a riparare il danno indotto a livello del DNA. A differenza di quanto riportato in alcuni studi condotti sull’uomo, i nostri risultati non hanno mostrato un’influenza del sesso e dell’età sui livelli di danno genomico. Non essendoci altri lavori di questo tipo sui cani, non è stato possibile comparare i nostri risultati. Per quanto riguarda il risultato dell’etotest, abbiamo osservato l’esistenza di una differenza significativa, tra cani meticci e quelli di razza. Il primo gruppo, ha mostrato un numero di soggetti risultati “stressati” significativamente più alto rispetto a quello dei cani di razza. Una possibile spiegazione potrebbe dipendere dalla provenienza di tali animali, come canili e rifugi, in cui la deprivazione sensoriale, i maltrattamenti, il non soddisfacimento dei bisogni etologici e fisiologici possono sfociare in livelli più alti di stress. I risultati ottenuti con il test etologico non mostrano alcuna associazione tra stress e danno genomico nei due gruppi. Infine, per quanto riguarda il peso e la taglia, i cani di taglia più piccola e di peso minore, presentano un livello maggiore di danno genomico, rispetto ai cani di taglia più grande. La spiegazione potrebbe dipendere dal fatto che, come confermato in alcuni lavori, i cani di taglia più piccola, a fronte di un maggiore attività metabolica basale, avrebbero concentrazioni totali minori di antiossidanti con conseguente più elevata concentrazione di radicali liberi e, quindi, livelli più elevati di danno genomico. È nostra opinione che i risultati ottenuti possano rappresentare uno stimolo per disincentivare l’uso di pratiche di inincrocio negli allevamenti, garantendo così una maggior variabilità genetica degli animali, favorendo l’adozione di animali provenienti da canili e rifugi, più longevi e meno suscettibili a patologie a base genetica.

Utilizzo del saggio dei micronuclei come biomarcatori per la valutazione del danno genomico dovuto all’inincrocio in cani di razza

SARACCO, MARTINA
2020/2021

Abstract

È noto che, in seguito ad eventi stocastici e a scelte di allevamento messe in atto dall’uomo, i cani di razza mostrino alti livelli di inicrocio, con conseguente aumento dell’omozigosità e perdita di variabilità genetica. In questo lavoro, per la prima volta in letteratura, abbiamo valutato gli effetti, a livello genomico, delle pratiche di inicrocio operate dall’uomo nei confronti dei cani di razza. L’obiettivo di questa tesi è stato duplice: • Valutare, mediante il saggio dei micronuclei (MNi), il livello del danno genomico in un campione di cani di razza, comparandolo con quello osservato in un campione di controllo costituito da cani meticci. • Valutare nei soggetti esaminati, mediante un etotest, il livello di stress e l’eventuale associazione di questo con i livelli di danno genomico. I risultati ottenuti, mostrano un significativo aumento di MNi e aberrazioni totali nel campione dei cani di razza, rispetto a quello di controllo. Da un punto di vista genomico, un’alta frequenza di micronuclei è correlata ad una minore efficienza dei meccanismi di riparo del danno. Questo potrebbe spiegare, ad esempio, il fatto che i cani di razza, di norma, presentino un tasso d’insorgenza maggiore di patologie tumorali e una conseguente aspettativa di vita minore rispetto ai cani meticci. In questo scenario, non possiamo escludere che ad elevati livelli di inincrocio possano corrispondere elevate frequenze di alleli recessivi di geni metabolici e di quelli legati al riparo del danno, rispettivamente impegnati a metabolizzare gli xenobiotici ambientali potenzialmente mutageni e a riparare il danno indotto a livello del DNA. A differenza di quanto riportato in alcuni studi condotti sull’uomo, i nostri risultati non hanno mostrato un’influenza del sesso e dell’età sui livelli di danno genomico. Non essendoci altri lavori di questo tipo sui cani, non è stato possibile comparare i nostri risultati. Per quanto riguarda il risultato dell’etotest, abbiamo osservato l’esistenza di una differenza significativa, tra cani meticci e quelli di razza. Il primo gruppo, ha mostrato un numero di soggetti risultati “stressati” significativamente più alto rispetto a quello dei cani di razza. Una possibile spiegazione potrebbe dipendere dalla provenienza di tali animali, come canili e rifugi, in cui la deprivazione sensoriale, i maltrattamenti, il non soddisfacimento dei bisogni etologici e fisiologici possono sfociare in livelli più alti di stress. I risultati ottenuti con il test etologico non mostrano alcuna associazione tra stress e danno genomico nei due gruppi. Infine, per quanto riguarda il peso e la taglia, i cani di taglia più piccola e di peso minore, presentano un livello maggiore di danno genomico, rispetto ai cani di taglia più grande. La spiegazione potrebbe dipendere dal fatto che, come confermato in alcuni lavori, i cani di taglia più piccola, a fronte di un maggiore attività metabolica basale, avrebbero concentrazioni totali minori di antiossidanti con conseguente più elevata concentrazione di radicali liberi e, quindi, livelli più elevati di danno genomico. È nostra opinione che i risultati ottenuti possano rappresentare uno stimolo per disincentivare l’uso di pratiche di inincrocio negli allevamenti, garantendo così una maggior variabilità genetica degli animali, favorendo l’adozione di animali provenienti da canili e rifugi, più longevi e meno suscettibili a patologie a base genetica.
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