Air pollution has been object of studies for years and continues to have significant impacts on human health. Globally, every year there are about 7 million premature deaths attributable to it, according to the estimates elaborated by the World Health Organization (WHO), and about 90% of the world population is exposed to higher average values than what is recommended for the protection of health. In particular, pollution due to fine and ultra-fine particles alone causes about 3 million deaths a year. Fine particulate matter (PM 2.5) is one of the most dangerous pollutants in the environment and it is a result of natural and anthropogenic processes. Long-term exposure to PM 2.5 can cause a broad spectrum of health problems such as respiratory tract infections and alterations, heart disease and even death. In December 2019, a new coronavirus disease of mainly respiratory nature, COVID-19, emerged and within a few months it has caused numerous premature deaths. The goal of this study is to examine whether exposure to PM 2.5 may have contributed to COVID-19 lethality. In Italy, the data that emerged at the beginning of the pandemic show a different spread of the virus between the regions of northern Italy and those of the south. Italy itself, together with Germany, boasts a negative European record of premature deaths caused by exposure to PM 2.5, around 60.000 per year each one, on a total of 374.000, with most of these concentrated in the northen Italy. Starting from the assumption that the regions of northern Italy represent an environment characterized by one of the worst air quality among Europe, we have tried to investigate through the use of the Netlogo program whether it is possible to attribute a role to fine particulate matter to explain the dichotomy observed in Italy in the spread of the virus.
L’inquinamento atmosferico ormai da anni è oggetto di studi e continua ad avere impatti significativi sulla salute umana. Globalmente, ogni anno sono circa 7 milioni le morti premature ad esso attribuibili, secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della sanità (OMS), e circa il 90% della popolazione mondiale è esposta a valori medi superiori rispetto a quanto raccomandato per la salvaguardia della salute. In particolare, l'inquinamento dovuto alle polveri sottili e ultrasottili provoca da solo circa 3 milioni di decessi l’anno. ll particolato fine (PM 2,5) è uno dei più pericolosi inquinanti dell'ambiente, risultato di processi naturali e antropici. L'esposizione a lungo termine al PM 2,5 può causare un ampio spettro di problemi di salute come alterazioni e infezioni del tratto respiratorio, malattie cardiache e persino morte. A Dicembre 2019 è emersa una nuova malattia da coronavirus, il COVID-19, di natura principalmente respiratoria, che nel giro di pochi mesi ha causato numerosi morti premature. L'obiettivo di questo studio è esaminare se l'esposizione al PM 2,5 possa aver contribuito alla letalità da COVID-19. In Italia, dai dati emersi a inizio pandemia si evince una differente diffusione del virus tra le regioni del nord Italia e quelle del sud. La stessa Italia, insieme alla Germania, vanta un record europeo negativo di morti premature causate dall'esposizione al PM 2.5, circa 60.000 l'anno ciascuna, su un totale di 374.000, con la maggior parte di queste concentrate al nord Italia. Partendo dal presupposto che le regioni del nord Italia rappresentano una realtà con una qualità dell'aria fra le peggiori d'Europa, si è cercato di indagare attraverso l'utilizzo del programma Netlogo se è possibile attribuire al particolato fine un ruolo per spiegare la dicotomia osservata in Italia nella diffusione del virus.
Il ruolo del PM 2.5 nella diffusione della Covid-19: un confronto tra nord e sud Italia
GATANI, GIULIANA
2019/2020
Abstract
L’inquinamento atmosferico ormai da anni è oggetto di studi e continua ad avere impatti significativi sulla salute umana. Globalmente, ogni anno sono circa 7 milioni le morti premature ad esso attribuibili, secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della sanità (OMS), e circa il 90% della popolazione mondiale è esposta a valori medi superiori rispetto a quanto raccomandato per la salvaguardia della salute. In particolare, l'inquinamento dovuto alle polveri sottili e ultrasottili provoca da solo circa 3 milioni di decessi l’anno. ll particolato fine (PM 2,5) è uno dei più pericolosi inquinanti dell'ambiente, risultato di processi naturali e antropici. L'esposizione a lungo termine al PM 2,5 può causare un ampio spettro di problemi di salute come alterazioni e infezioni del tratto respiratorio, malattie cardiache e persino morte. A Dicembre 2019 è emersa una nuova malattia da coronavirus, il COVID-19, di natura principalmente respiratoria, che nel giro di pochi mesi ha causato numerosi morti premature. L'obiettivo di questo studio è esaminare se l'esposizione al PM 2,5 possa aver contribuito alla letalità da COVID-19. In Italia, dai dati emersi a inizio pandemia si evince una differente diffusione del virus tra le regioni del nord Italia e quelle del sud. La stessa Italia, insieme alla Germania, vanta un record europeo negativo di morti premature causate dall'esposizione al PM 2.5, circa 60.000 l'anno ciascuna, su un totale di 374.000, con la maggior parte di queste concentrate al nord Italia. Partendo dal presupposto che le regioni del nord Italia rappresentano una realtà con una qualità dell'aria fra le peggiori d'Europa, si è cercato di indagare attraverso l'utilizzo del programma Netlogo se è possibile attribuire al particolato fine un ruolo per spiegare la dicotomia osservata in Italia nella diffusione del virus. File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/154280