Il presente elaborato ha preso forma a partire dalla volontà di comprendere aspetti della clinica dei disturbi alimentari partendo da una prospettiva che abbandonasse una posizione puramente classificatoria e sintomatica dei disturbi e che, simultaneamente, potesse abbracciare una visione più dinamica del significato psicopatologico profondo. Partendo da una prospettiva bioniana, che osserva le funzioni della mente unendo i suoi più semplici prodotti (quali pensieri e narrazioni) con le sue componenti più primitive e sensoriali (elementi β), e mantenendo una matrice prettamente psicodinamica, ho ampliato la prospettiva teorica comprendendo nella revisione una moltitudine di pensieri analitici storici e contemporanei.Si potrebbe teorizzare un utilizzo originale della teoria kleiniana delle identificazioni proiettive (in questo caso intrasoggettiva più che intersoggettiva) che vede come contenitore della proiezione il proprio corpo e non più l'Altro.Spesso in presenza di un disturbo alimentare si riscontra una condizione alessitimica, che si declina in una vera e propria non consapevolezza delle proprie esperienze emotive(PDM-2, 2018). Il terzo capitolo è stato interamente dedicato alla relazione transfert-controtransfert, tentando di cucire tali processi all'area di intervento terapeutico dei disturbi alimentari. Mi sono voluta concentrare maggiormente sul significato trasformativo che emerge dalle interpretazioni di transfert e dall'efficacia della comunicazione: un buon utilizzo della parola deve permettere oggi al paziente di riconoscere l'interpretazione come un'area di confidenza e di possibilità piuttosto che un'area colonizzante. Un secondo tema base che fa da sfondo a questo capitolo riguarda la relazione terapeutica e quali vissuti affettivi emergano controtransferalmente nella stanza d'analisi con una mente altamente rifiutante come quella anoressica. Il campo analitico si presenta come infestato dal rifiuto che è in grado di annientare la spinta vitale (Cosenza, 2018), ma questo come si declina a livello transferale?Lo snodo concettuale più evidente ha preso forma nel quarto capitolo a partire dalle teorizzazioni di Bion (1962; 1963; 1965; 1992), secondo cui vi sia una costante attività da parte della nostra mente (funzione α) volta a sincretizzare in elementi visivi (elementi α) quanto afferisce sotto qualsiasi forma dagli organi di senso. Poiché l'incapacità di mentalizzare i propri contenuti può costringere il soggetto a esperirli fisicamente gestendoli attraverso stati e processi corporei (Fonagy, Target, 2001), ho ipotizzato che vi potesse essere una difettualità nella mente anoressico-bulimica per quanto riguarda il processo trasformazionale che conduce i contenuti protosensoriali a divenire elementi α pensabili e quindi narrazioni colme di significato.Un aspetto è anche la possibilità che in età precoce non si sia fatta esperienza di una mente materna che potesse fare da contenimento per le sofferenze del bambino e questa assenza può condurre il soggetto a non sviluppare nella maniera corretta l'apparato per pensare i pensieri.Considerando la normale funzione della relazione contenitore-contenuto per lo sviluppo di un apparato per pensare i pensieri si potrebbe ipotizzare una sorta di ribaltamento di questa condizione nel quadro patologico di pazienti anoressici o bulimici che, infatti, vede un condensato di protoemozioni tenute volontariamente affamate dalla mente anoressica ed evacuate in maniera distruttiva nella bu
Contenuti affamati e analfabetizzazione emozionale. Una prospettiva contemporanea nella clinica dei disturbi alimentari
CRESTO, FRANCESCA
2019/2020
Abstract
Il presente elaborato ha preso forma a partire dalla volontà di comprendere aspetti della clinica dei disturbi alimentari partendo da una prospettiva che abbandonasse una posizione puramente classificatoria e sintomatica dei disturbi e che, simultaneamente, potesse abbracciare una visione più dinamica del significato psicopatologico profondo. Partendo da una prospettiva bioniana, che osserva le funzioni della mente unendo i suoi più semplici prodotti (quali pensieri e narrazioni) con le sue componenti più primitive e sensoriali (elementi β), e mantenendo una matrice prettamente psicodinamica, ho ampliato la prospettiva teorica comprendendo nella revisione una moltitudine di pensieri analitici storici e contemporanei.Si potrebbe teorizzare un utilizzo originale della teoria kleiniana delle identificazioni proiettive (in questo caso intrasoggettiva più che intersoggettiva) che vede come contenitore della proiezione il proprio corpo e non più l'Altro.Spesso in presenza di un disturbo alimentare si riscontra una condizione alessitimica, che si declina in una vera e propria non consapevolezza delle proprie esperienze emotive(PDM-2, 2018). Il terzo capitolo è stato interamente dedicato alla relazione transfert-controtransfert, tentando di cucire tali processi all'area di intervento terapeutico dei disturbi alimentari. Mi sono voluta concentrare maggiormente sul significato trasformativo che emerge dalle interpretazioni di transfert e dall'efficacia della comunicazione: un buon utilizzo della parola deve permettere oggi al paziente di riconoscere l'interpretazione come un'area di confidenza e di possibilità piuttosto che un'area colonizzante. Un secondo tema base che fa da sfondo a questo capitolo riguarda la relazione terapeutica e quali vissuti affettivi emergano controtransferalmente nella stanza d'analisi con una mente altamente rifiutante come quella anoressica. Il campo analitico si presenta come infestato dal rifiuto che è in grado di annientare la spinta vitale (Cosenza, 2018), ma questo come si declina a livello transferale?Lo snodo concettuale più evidente ha preso forma nel quarto capitolo a partire dalle teorizzazioni di Bion (1962; 1963; 1965; 1992), secondo cui vi sia una costante attività da parte della nostra mente (funzione α) volta a sincretizzare in elementi visivi (elementi α) quanto afferisce sotto qualsiasi forma dagli organi di senso. Poiché l'incapacità di mentalizzare i propri contenuti può costringere il soggetto a esperirli fisicamente gestendoli attraverso stati e processi corporei (Fonagy, Target, 2001), ho ipotizzato che vi potesse essere una difettualità nella mente anoressico-bulimica per quanto riguarda il processo trasformazionale che conduce i contenuti protosensoriali a divenire elementi α pensabili e quindi narrazioni colme di significato.Un aspetto è anche la possibilità che in età precoce non si sia fatta esperienza di una mente materna che potesse fare da contenimento per le sofferenze del bambino e questa assenza può condurre il soggetto a non sviluppare nella maniera corretta l'apparato per pensare i pensieri.Considerando la normale funzione della relazione contenitore-contenuto per lo sviluppo di un apparato per pensare i pensieri si potrebbe ipotizzare una sorta di ribaltamento di questa condizione nel quadro patologico di pazienti anoressici o bulimici che, infatti, vede un condensato di protoemozioni tenute volontariamente affamate dalla mente anoressica ed evacuate in maniera distruttiva nella buFile | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/154059