Il nostro studio ha per oggetto la teoria del brutto, in un arco temporale compreso tra il 1760 e il 1930. Si sono individuati dei testi che avessero tematizzato adeguatamente il brutto, e che per questo rappresentassero i capisaldi della teoria. Essi sono: il saggio sul "Laocoonte" di Lessing, l' "Estetica del Brutto" di Rosenkranz e gli articoli in "Documents" di Bataille. Da una parte si è tentata una analisi sincronica, che sapesse individuare gli estremi del concetto di brutto- il brutto, che si situava nelle zone limitrofe dell'estetica, sfuggiva per questo ad una stretta formalizzazioni. Il suo carattere proteiforme era dunque dovuto al disinteresse nel normalizzare un concetto che doveva più che altro essere escluso dagli studi di estetica (operazione di esclusione compiuta dalla maggior parte degli autori). Nel caso del brutto non abbiamo un termine chiave univoco come per il bello, però è possibile individuare una rosa di termini che rimandano ad una "crudità della forma" come brutto, informe, anamorfo, repellente. Essi rappresentano la parte oggettuale del rapporto soggetto/oggetto, mentre nel caso della sensazione da essi provocata (il corrispettivo del piacevole per il bello, e dunque l'aspetto più soggettivo del rapporto), per quanto non stabilita anch'essa univocamente, è negativa ed è una sensazione verso la quale è difficile mettere una distanza. Oltre a queste limitazioni piuttosto porose del concetto, che però possiamo trovare in tutti e tre gli autori trattati, abbiamo degli assi di analisi lungo i quali si sviluppa il brutto: essi sono i temi che si trovano sempre collegati al brutto, come l'erotismo, il riso, i fluidi corporei, la decomposizione del corpo. D'altra parte si è tentata un'analisi diacronica. Così questi autori devono essere letti progressivamente per la loro capacità di articolare il brutto e di rivendicare un suo ruolo sempre più irriducibile nei confronti del bello. Un primo passo lo si era compiuto con Lessing: un dispiacere, se correttamente combinato, andava ad aumentare il piacevole del bello. Alcune arti potevano e dovevano utilizzare il brutto per creare un effetto maggiormente positivo nel fruitore. Il secondo passo lo si era fatto con Rosenkranz: il brutto doveva essere usato da tutte le arti per ambire alla totalità. Bisognava solo capire in che misura ciò potesse essere fatto. L'articolazione del brutto qui è molto più vasta che in Lessing, ed è parte essenziale dell'arte (assolutamente differente e non assimilabile al bello). Ma il brutto deve essere ancora accompagnato dal bello, nella rappresentazione, per trovare la sua legittimità nell'arte. Infine Bataille. Il brutto ha finalmente la propria autonomia rappresentativa. Il brutto permette la seduzione bassa, che non solo non è riducibile al bello, ma assolutamente antitetico ad esso. Il brutto può finalmente essere rappresentato da solo e farsi addirittura metodo critico, che ridisegna le categorie estetiche indette dal bello (aspetto che si è tentato di mettere in luce con R. Krauss). Che senso ha tutto questo per l'estetica contemporanea? il concetto di brutto, da Bataille in poi, ha sicuramente avuto una evoluzione. Quello che però volevamo mostrare è che la sua tematizzazione si è mostrata sempre più necessaria e per quanto non ci aspettiamo che prenda il posto del bello nell'arte (si parlerà sempre più di bello che di brutto, il bello continuerà ad essere il centro del sistema) la presenza del brutto è all'arte essenziale

Il nostro studio ha per oggetto la teoria del brutto, in un arco temporale compreso tra il 1760 e il 1930. Si sono individuati dei testi che avessero tematizzato adeguatamente il brutto, e che per questo rappresentassero i capisaldi della teoria. Essi sono: il saggio sul "Laocoonte" di Lessing, l' "Estetica del Brutto" di Rosenkranz e gli articoli in "Documents" di Bataille. Da una parte si è tentata una analisi sincronica, che sapesse individuare gli estremi del concetto di brutto- il brutto, che si situava nelle zone limitrofe dell'estetica, sfuggiva per questo ad una stretta formalizzazioni. Il suo carattere proteiforme era dunque dovuto al disinteresse nel normalizzare un concetto che doveva più che altro essere escluso dagli studi di estetica (operazione di esclusione compiuta dalla maggior parte degli autori). Nel caso del brutto non abbiamo un termine chiave univoco come per il bello, però è possibile individuare una rosa di termini che rimandano ad una "crudità della forma" come brutto, informe, anamorfo, repellente. Essi rappresentano la parte oggettuale del rapporto soggetto/oggetto, mentre nel caso della sensazione da essi provocata (il corrispettivo del piacevole per il bello, e dunque l'aspetto più soggettivo del rapporto), per quanto non stabilita anch'essa univocamente, è negativa ed è una sensazione verso la quale è difficile mettere una distanza. Oltre a queste limitazioni piuttosto porose del concetto, che però possiamo trovare in tutti e tre gli autori trattati, abbiamo degli assi di analisi lungo i quali si sviluppa il brutto: essi sono i temi che si trovano sempre collegati al brutto, come l'erotismo, il riso, i fluidi corporei, la decomposizione del corpo. D'altra parte si è tentata un'analisi diacronica. Così questi autori devono essere letti progressivamente per la loro capacità di articolare il brutto e di rivendicare un suo ruolo sempre più irriducibile nei confronti del bello. Un primo passo lo si era compiuto con Lessing: un dispiacere, se correttamente combinato, andava ad aumentare il piacevole del bello. Alcune arti potevano e dovevano utilizzare il brutto per creare un effetto maggiormente positivo nel fruitore. Il secondo passo lo si era fatto con Rosenkranz: il brutto doveva essere usato da tutte le arti per ambire alla totalità. Bisognava solo capire in che misura ciò potesse essere fatto. L'articolazione del brutto qui è molto più vasta che in Lessing, ed è parte essenziale dell'arte (assolutamente differente e non assimilabile al bello). Ma il brutto deve essere ancora accompagnato dal bello, nella rappresentazione, per trovare la sua legittimità nell'arte. Infine Bataille. Il brutto ha finalmente la propria autonomia rappresentativa. Il brutto permette la seduzione bassa, che non solo non è riducibile al bello, ma assolutamente antitetico ad esso. Il brutto può finalmente essere rappresentato da solo e farsi addirittura metodo critico, che ridisegna le categorie estetiche indette dal bello (aspetto che si è tentato di mettere in luce con R. Krauss). Che senso ha tutto questo per l'estetica contemporanea? il concetto di brutto, da Bataille in poi, ha sicuramente avuto una evoluzione. Quello che però volevamo mostrare è che la sua tematizzazione si è mostrata sempre più necessaria e per quanto non ci aspettiamo che prenda il posto del bello nell'arte (si parlerà sempre più di bello che di brutto, il bello continuerà ad essere il centro del sistema) la presenza del brutto è all'arte essenziale

Estetica del Brutto: Lessing, Rosenkranz, Bataille

BRAY, ELENA
2019/2020

Abstract

Il nostro studio ha per oggetto la teoria del brutto, in un arco temporale compreso tra il 1760 e il 1930. Si sono individuati dei testi che avessero tematizzato adeguatamente il brutto, e che per questo rappresentassero i capisaldi della teoria. Essi sono: il saggio sul "Laocoonte" di Lessing, l' "Estetica del Brutto" di Rosenkranz e gli articoli in "Documents" di Bataille. Da una parte si è tentata una analisi sincronica, che sapesse individuare gli estremi del concetto di brutto- il brutto, che si situava nelle zone limitrofe dell'estetica, sfuggiva per questo ad una stretta formalizzazioni. Il suo carattere proteiforme era dunque dovuto al disinteresse nel normalizzare un concetto che doveva più che altro essere escluso dagli studi di estetica (operazione di esclusione compiuta dalla maggior parte degli autori). Nel caso del brutto non abbiamo un termine chiave univoco come per il bello, però è possibile individuare una rosa di termini che rimandano ad una "crudità della forma" come brutto, informe, anamorfo, repellente. Essi rappresentano la parte oggettuale del rapporto soggetto/oggetto, mentre nel caso della sensazione da essi provocata (il corrispettivo del piacevole per il bello, e dunque l'aspetto più soggettivo del rapporto), per quanto non stabilita anch'essa univocamente, è negativa ed è una sensazione verso la quale è difficile mettere una distanza. Oltre a queste limitazioni piuttosto porose del concetto, che però possiamo trovare in tutti e tre gli autori trattati, abbiamo degli assi di analisi lungo i quali si sviluppa il brutto: essi sono i temi che si trovano sempre collegati al brutto, come l'erotismo, il riso, i fluidi corporei, la decomposizione del corpo. D'altra parte si è tentata un'analisi diacronica. Così questi autori devono essere letti progressivamente per la loro capacità di articolare il brutto e di rivendicare un suo ruolo sempre più irriducibile nei confronti del bello. Un primo passo lo si era compiuto con Lessing: un dispiacere, se correttamente combinato, andava ad aumentare il piacevole del bello. Alcune arti potevano e dovevano utilizzare il brutto per creare un effetto maggiormente positivo nel fruitore. Il secondo passo lo si era fatto con Rosenkranz: il brutto doveva essere usato da tutte le arti per ambire alla totalità. Bisognava solo capire in che misura ciò potesse essere fatto. L'articolazione del brutto qui è molto più vasta che in Lessing, ed è parte essenziale dell'arte (assolutamente differente e non assimilabile al bello). Ma il brutto deve essere ancora accompagnato dal bello, nella rappresentazione, per trovare la sua legittimità nell'arte. Infine Bataille. Il brutto ha finalmente la propria autonomia rappresentativa. Il brutto permette la seduzione bassa, che non solo non è riducibile al bello, ma assolutamente antitetico ad esso. Il brutto può finalmente essere rappresentato da solo e farsi addirittura metodo critico, che ridisegna le categorie estetiche indette dal bello (aspetto che si è tentato di mettere in luce con R. Krauss). Che senso ha tutto questo per l'estetica contemporanea? il concetto di brutto, da Bataille in poi, ha sicuramente avuto una evoluzione. Quello che però volevamo mostrare è che la sua tematizzazione si è mostrata sempre più necessaria e per quanto non ci aspettiamo che prenda il posto del bello nell'arte (si parlerà sempre più di bello che di brutto, il bello continuerà ad essere il centro del sistema) la presenza del brutto è all'arte essenziale
ITA
Il nostro studio ha per oggetto la teoria del brutto, in un arco temporale compreso tra il 1760 e il 1930. Si sono individuati dei testi che avessero tematizzato adeguatamente il brutto, e che per questo rappresentassero i capisaldi della teoria. Essi sono: il saggio sul "Laocoonte" di Lessing, l' "Estetica del Brutto" di Rosenkranz e gli articoli in "Documents" di Bataille. Da una parte si è tentata una analisi sincronica, che sapesse individuare gli estremi del concetto di brutto- il brutto, che si situava nelle zone limitrofe dell'estetica, sfuggiva per questo ad una stretta formalizzazioni. Il suo carattere proteiforme era dunque dovuto al disinteresse nel normalizzare un concetto che doveva più che altro essere escluso dagli studi di estetica (operazione di esclusione compiuta dalla maggior parte degli autori). Nel caso del brutto non abbiamo un termine chiave univoco come per il bello, però è possibile individuare una rosa di termini che rimandano ad una "crudità della forma" come brutto, informe, anamorfo, repellente. Essi rappresentano la parte oggettuale del rapporto soggetto/oggetto, mentre nel caso della sensazione da essi provocata (il corrispettivo del piacevole per il bello, e dunque l'aspetto più soggettivo del rapporto), per quanto non stabilita anch'essa univocamente, è negativa ed è una sensazione verso la quale è difficile mettere una distanza. Oltre a queste limitazioni piuttosto porose del concetto, che però possiamo trovare in tutti e tre gli autori trattati, abbiamo degli assi di analisi lungo i quali si sviluppa il brutto: essi sono i temi che si trovano sempre collegati al brutto, come l'erotismo, il riso, i fluidi corporei, la decomposizione del corpo. D'altra parte si è tentata un'analisi diacronica. Così questi autori devono essere letti progressivamente per la loro capacità di articolare il brutto e di rivendicare un suo ruolo sempre più irriducibile nei confronti del bello. Un primo passo lo si era compiuto con Lessing: un dispiacere, se correttamente combinato, andava ad aumentare il piacevole del bello. Alcune arti potevano e dovevano utilizzare il brutto per creare un effetto maggiormente positivo nel fruitore. Il secondo passo lo si era fatto con Rosenkranz: il brutto doveva essere usato da tutte le arti per ambire alla totalità. Bisognava solo capire in che misura ciò potesse essere fatto. L'articolazione del brutto qui è molto più vasta che in Lessing, ed è parte essenziale dell'arte (assolutamente differente e non assimilabile al bello). Ma il brutto deve essere ancora accompagnato dal bello, nella rappresentazione, per trovare la sua legittimità nell'arte. Infine Bataille. Il brutto ha finalmente la propria autonomia rappresentativa. Il brutto permette la seduzione bassa, che non solo non è riducibile al bello, ma assolutamente antitetico ad esso. Il brutto può finalmente essere rappresentato da solo e farsi addirittura metodo critico, che ridisegna le categorie estetiche indette dal bello (aspetto che si è tentato di mettere in luce con R. Krauss). Che senso ha tutto questo per l'estetica contemporanea? il concetto di brutto, da Bataille in poi, ha sicuramente avuto una evoluzione. Quello che però volevamo mostrare è che la sua tematizzazione si è mostrata sempre più necessaria e per quanto non ci aspettiamo che prenda il posto del bello nell'arte (si parlerà sempre più di bello che di brutto, il bello continuerà ad essere il centro del sistema) la presenza del brutto è all'arte essenziale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/154003