Il presente elaborato vuole esplorare il ruolo delle donne nel processo di abolizione della schiavitù a Cuba, per mostrare come siano state esse stesse a mettere alla prova le istituzioni schiaviste e i rapporti di potere dominanti, a partire dalla loro posizione specifica nelle gerarchie razziali, sessuali e di classe. Nel primo capitolo si propone una coincisa analisi dei mutamenti che interessarono la schiavitù nell'isola nelle fasi principali della sua lunga storia, mettendola in contesto con i più ampi processi socio-economici che la riguardarono in quanto possedimento dell'impero spagnolo. A un approfondimento sulle trasformazioni nell'organizzazione della forza lavoro schiava nella second slavery segue l'esplorazione della peculiare posizione e dello specifico ruolo delle donne all'interno della schiavitù nel contesto cubano, per mostrare come furono proprio concezioni sulle donne e le donne stesse a plasmare questa istituzione e le sue determinanti. Considerando la proprietà con forza lavoro schiava come unità patriarcale, si propone poi una ricognizione delle responsabilità e dei ruoli di genere per gli schiavi cubani. Proprio a partire dalle strategie discorsive e dai modi in cui nozioni di razza, genere e classe si sono intersecate nella vita di donne fra loro molto diverse, nel secondo capitolo si esplora l'uso che fecero le donne degli istituti della manomissione e della coartación prima dell'abolizione della schiavitù a Cuba. Nonostante i due istituti non sfidassero apertamente la schiavitù o il diritto di proprietà dell'élite schiavista cubana, mediante questi, ben prima dell'era delle rivoluzioni e dei moti indipendentisti, le schiave dimostrarono di essere capaci di ottenere autonomamente la propria libertà e quella dei familiari. Esse furono infatti in grado di individuare lacune legislative in cui insinuarsi, per migliorare concretamente la loro condizione e, affermando la facoltà di disporre della propria vita nelle aule dei tribunali, portarono il conflitto direttamente dentro le sedi delle istituzioni coloniali. La risposta femminile alla privazione della libertà imposta dalla schiavitù durante gli anni di crescente insofferenza per il dominio coloniale a Cuba (1840 - 1888) emerge, nel terzo capitolo di questo lavoro, come estremamente differenziata. Nello specifico, si considerano innanzitutto le fughe dalla schiavitù urbana presso Santiago De Cuba; in secondo luogo il ruolo delle donne nella Repression de la Escalera, tanto come organizzatrici delle sollevazioni, quanto come complici e portatrici di segreti, o ancora mettendo in discussione la dominazione bianca reclamando i propri diritti di proprietà su beni confiscati, oppure facendo pressioni affinché fosse reso noto lo stato di salute dei cari detenuti. Successivamente, si esplorano la posizione e le esperienze delle Mambisas combattenti nella Guerra dei Dieci Anni e nella Guerra Chica, delle infermiere di campo e di quelle schiave ormai liberate che si rifiutarono di fare ritorno alle piantagioni come era loro richiesto dalla leadership ribelle. Infine, si prendono in esame i contenuti e le conseguenze delle leggi Moret e del Patronato, la prima direttamente esperita sul corpo delle donne come legge del ventre libero, la seconda che le vide comunque protagoniste nell'esigere a gran voce la fine di un istituto che replicava i privilegi schiavisti, pur abolendoli formalmente.

Agire nella differenza: schiavitù, donne e resistenza a Cuba (1791-1888)

BARATTINI, ELENA
2019/2020

Abstract

Il presente elaborato vuole esplorare il ruolo delle donne nel processo di abolizione della schiavitù a Cuba, per mostrare come siano state esse stesse a mettere alla prova le istituzioni schiaviste e i rapporti di potere dominanti, a partire dalla loro posizione specifica nelle gerarchie razziali, sessuali e di classe. Nel primo capitolo si propone una coincisa analisi dei mutamenti che interessarono la schiavitù nell'isola nelle fasi principali della sua lunga storia, mettendola in contesto con i più ampi processi socio-economici che la riguardarono in quanto possedimento dell'impero spagnolo. A un approfondimento sulle trasformazioni nell'organizzazione della forza lavoro schiava nella second slavery segue l'esplorazione della peculiare posizione e dello specifico ruolo delle donne all'interno della schiavitù nel contesto cubano, per mostrare come furono proprio concezioni sulle donne e le donne stesse a plasmare questa istituzione e le sue determinanti. Considerando la proprietà con forza lavoro schiava come unità patriarcale, si propone poi una ricognizione delle responsabilità e dei ruoli di genere per gli schiavi cubani. Proprio a partire dalle strategie discorsive e dai modi in cui nozioni di razza, genere e classe si sono intersecate nella vita di donne fra loro molto diverse, nel secondo capitolo si esplora l'uso che fecero le donne degli istituti della manomissione e della coartación prima dell'abolizione della schiavitù a Cuba. Nonostante i due istituti non sfidassero apertamente la schiavitù o il diritto di proprietà dell'élite schiavista cubana, mediante questi, ben prima dell'era delle rivoluzioni e dei moti indipendentisti, le schiave dimostrarono di essere capaci di ottenere autonomamente la propria libertà e quella dei familiari. Esse furono infatti in grado di individuare lacune legislative in cui insinuarsi, per migliorare concretamente la loro condizione e, affermando la facoltà di disporre della propria vita nelle aule dei tribunali, portarono il conflitto direttamente dentro le sedi delle istituzioni coloniali. La risposta femminile alla privazione della libertà imposta dalla schiavitù durante gli anni di crescente insofferenza per il dominio coloniale a Cuba (1840 - 1888) emerge, nel terzo capitolo di questo lavoro, come estremamente differenziata. Nello specifico, si considerano innanzitutto le fughe dalla schiavitù urbana presso Santiago De Cuba; in secondo luogo il ruolo delle donne nella Repression de la Escalera, tanto come organizzatrici delle sollevazioni, quanto come complici e portatrici di segreti, o ancora mettendo in discussione la dominazione bianca reclamando i propri diritti di proprietà su beni confiscati, oppure facendo pressioni affinché fosse reso noto lo stato di salute dei cari detenuti. Successivamente, si esplorano la posizione e le esperienze delle Mambisas combattenti nella Guerra dei Dieci Anni e nella Guerra Chica, delle infermiere di campo e di quelle schiave ormai liberate che si rifiutarono di fare ritorno alle piantagioni come era loro richiesto dalla leadership ribelle. Infine, si prendono in esame i contenuti e le conseguenze delle leggi Moret e del Patronato, la prima direttamente esperita sul corpo delle donne come legge del ventre libero, la seconda che le vide comunque protagoniste nell'esigere a gran voce la fine di un istituto che replicava i privilegi schiavisti, pur abolendoli formalmente.
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