Despite the diversity and the quality that characterizes the works produced by Japanese women writers until today, an expression born in the early 1900s remains common today: it is the term joryū bungaku, the "feminine style literature". This concept has always delimited the boundaries of female literary expression, characterized by a sentimental writing and the meticulous and non-intellectual observation of everyday life. Depending on the degree of "femininity", the Japanese authors were judged as more or less appropriate by the critics. But what does "femininity" mean? Following the Meiji Restoration in 1868 and the consequent opening up of Japan to Western new ideals, women gradually gained access to the public sphere, starting new debates focused on “women issues” and gaining the right to receive a proper education. In this period the expression Ryōsai kenbo (good wife and a wise mother) was introduced, a term that confined since then the woman into the domestic sphere. The female authors of the modern period implemented therefore various literary strategies to avoid censorship, by adapting, at least apparently, to that model of femininity established by the patriarchal society. Later, through the activities and the debates of the first feminist literary magazine, and subsequently thanks to the Women's Liberation Movement (Ūman ribu), women writers managed, each in her own way and style, to deviate from those models and reinvent their own femininity, in other words, their own identity. The purpose of this thesis is to analyze the ways in which the female authors have struggled against social conventions and impositions, and the literary strategies implemented so they could express their own ideas of femininity, by often putting into words their own personal female experience. The first chapter attempts to analyze the process of definition of women’s roles from a socio-historical perspective, starting from the beginning of the Meiji period, the introduction of the Ryōsai kenbo ideology, to the feminist movements of the 1970s and the 1980s. The second chapter explores the expression strategies used in literary works by the pioneers of feminism, female authors who are unfortunately largely forgotten today, and highlights the fundamental role of Seitō, the first Japanese feminist magazine, and its members. The third chapter analyzes the ways in which female writers, from the Second World War until today, attempted in their texts to explore new themes, talking about femininity from an exclusively female point of view, reversing the hierarchies of power established by the patriarchal system and, broadly speaking, rejecting the roles that society had always assigned them. The last section presents a comparison between five texts from different eras, five works that, in various ways, with different styles and strategies, deal with themes that have nothing to do with the confining label of the joryū bungaku, portraying strong women who, one way or another, discover their identity by themselves, an identity that cannot simply be confined into the roles of wife or mother.
Nonostante la diversità e la qualità che caratterizza le opere prodotte fino ad oggi dalle scrittrici giapponesi, un’espressione nata nei primi anni del 1900 rimane ancora oggi molto diffusa: si tratta del termine joryū bungaku, la “letteratura di stile femminile”. Una simile nozione ha a lungo delimitato i contorni dell’espressione letteraria femminile, caratterizzata da una scrittura sentimentale e dall’osservazione minuziosa e non intellettuale della vita quotidiana. A seconda del grado di “femminilità”, le autrici giapponesi sono state giudicate appropriate o meno dalla critica. Ma cosa vuol dire “femminilità”? In seguito alla Modernizzazione Meiji del 1868 e alla conseguente apertura del Giappone ai modelli di pensiero occidentali, le donne riuscirono gradualmente ad accedere alla sfera pubblica, dando il via ai dibattiti incentrati sulla questione femminile e ottenendo, tra gli altri, il diritto di ricevere un’istruzione adeguata. In questo periodo fu coniata l’espressione Ryōsai kenbo, che da allora avrebbe limitato il ruolo della donna a quello di moglie buona e madre saggia. Le autrici della modernità hanno dunque inizialmente messo in atto diverse strategie letterarie per evitare la censura, adattandosi, perlomeno in apparenza, a quel modello di femminilità stabilito dalla società patriarcale. In seguito, grazie alla comparsa di una prima rivista letteraria femminista e successivamente al Movimento di Liberazione femminile (Ūman ribu), le scrittrici sono riuscite, ognuna a modo suo, a discostarsi da quegli stessi modelli e a reinventare la propria femminilità, dunque la propria identità. Lo scopo di questa tesi è quello di analizzare i modi con cui le autrici si sono destreggiate tra convenzioni e imposizioni sociali e le strategie letterarie messe in atto per poter esprimere al meglio la loro idea di femminilità, spesso mettendo in scena la propria esperienza personale di donne. Il primo capitolo tenta dunque di analizzare il processo di definizione del ruolo della donna da una prospettiva storico-sociale, a partire dall’inizio del periodo Meiji, all’introduzione dell’ideale Ryōsai kenbo, fino ai movimenti femministi degli anni ’70 e ’80. Il secondo capitolo esplora le strategie di espressione usate nelle opere letterarie dalle pioniere del femminismo, autrici che oggi purtroppo sono in larga parte dimenticate, ed evidenzia il ruolo fondamentale di Seitō, la prima rivista femminista giapponese, e delle sue collaboratrici. Nel terzo capitolo vengono analizzati i modi in cui le scrittrici, dalla Seconda guerra mondiale fino a oggi, tentarono nei loro testi di esplorare nuovi temi, di parlare di femminilità da un punto di vista esclusivamente femminile, di invertire le gerarchie di potere del patriarcato e, in generale, di rifiutare i ruoli che la società aveva sempre assegnato loro. L’ultima sezione presenta invece un confronto tra cinque testi di epoche differenti, cinque opere che, sebbene in modo diverso, con uno stile e con strategie diverse, affrontano temi che poco hanno a che vedere con la limitante etichetta joryū bungaku, e ritraggono donne che in un modo o nell’altro scoprono da sole la loro identità, che non è confinabile né al ruolo di moglie, né a quello di madre.
Dal modello Ryōsai kenbo al movimento Ūman ribu. L'evoluzione del ruolo della donna nella società giapponese attraverso la letteratura femminile moderna
VINCI, ANGELA
2020/2021
Abstract
Nonostante la diversità e la qualità che caratterizza le opere prodotte fino ad oggi dalle scrittrici giapponesi, un’espressione nata nei primi anni del 1900 rimane ancora oggi molto diffusa: si tratta del termine joryū bungaku, la “letteratura di stile femminile”. Una simile nozione ha a lungo delimitato i contorni dell’espressione letteraria femminile, caratterizzata da una scrittura sentimentale e dall’osservazione minuziosa e non intellettuale della vita quotidiana. A seconda del grado di “femminilità”, le autrici giapponesi sono state giudicate appropriate o meno dalla critica. Ma cosa vuol dire “femminilità”? In seguito alla Modernizzazione Meiji del 1868 e alla conseguente apertura del Giappone ai modelli di pensiero occidentali, le donne riuscirono gradualmente ad accedere alla sfera pubblica, dando il via ai dibattiti incentrati sulla questione femminile e ottenendo, tra gli altri, il diritto di ricevere un’istruzione adeguata. In questo periodo fu coniata l’espressione Ryōsai kenbo, che da allora avrebbe limitato il ruolo della donna a quello di moglie buona e madre saggia. Le autrici della modernità hanno dunque inizialmente messo in atto diverse strategie letterarie per evitare la censura, adattandosi, perlomeno in apparenza, a quel modello di femminilità stabilito dalla società patriarcale. In seguito, grazie alla comparsa di una prima rivista letteraria femminista e successivamente al Movimento di Liberazione femminile (Ūman ribu), le scrittrici sono riuscite, ognuna a modo suo, a discostarsi da quegli stessi modelli e a reinventare la propria femminilità, dunque la propria identità. Lo scopo di questa tesi è quello di analizzare i modi con cui le autrici si sono destreggiate tra convenzioni e imposizioni sociali e le strategie letterarie messe in atto per poter esprimere al meglio la loro idea di femminilità, spesso mettendo in scena la propria esperienza personale di donne. Il primo capitolo tenta dunque di analizzare il processo di definizione del ruolo della donna da una prospettiva storico-sociale, a partire dall’inizio del periodo Meiji, all’introduzione dell’ideale Ryōsai kenbo, fino ai movimenti femministi degli anni ’70 e ’80. Il secondo capitolo esplora le strategie di espressione usate nelle opere letterarie dalle pioniere del femminismo, autrici che oggi purtroppo sono in larga parte dimenticate, ed evidenzia il ruolo fondamentale di Seitō, la prima rivista femminista giapponese, e delle sue collaboratrici. Nel terzo capitolo vengono analizzati i modi in cui le scrittrici, dalla Seconda guerra mondiale fino a oggi, tentarono nei loro testi di esplorare nuovi temi, di parlare di femminilità da un punto di vista esclusivamente femminile, di invertire le gerarchie di potere del patriarcato e, in generale, di rifiutare i ruoli che la società aveva sempre assegnato loro. L’ultima sezione presenta invece un confronto tra cinque testi di epoche differenti, cinque opere che, sebbene in modo diverso, con uno stile e con strategie diverse, affrontano temi che poco hanno a che vedere con la limitante etichetta joryū bungaku, e ritraggono donne che in un modo o nell’altro scoprono da sole la loro identità, che non è confinabile né al ruolo di moglie, né a quello di madre.File | Dimensione | Formato | |
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