Since the first codifications of company law, the "one share, one vote" principle and the deviation from it has been a very debated topic. In fact, we have witnessed the ever greater spread of control strengthening mechanisms, the so-called "control enhancing mechanisms", which determines a leverage effect of voting rights aimed at encouraging long-term investments by shareholders.
Among the most discussed CEMs, there are multiple voting shares, that have the same nominal value of other ordinary shares issued by the same company, but which allow the owner to exercise a greater number of votes at the shareholders' meeting.
This mechanism has been adopted, in a diversified way, in many European and non-European jurisdictions, especially to allow long-term shareholders and founders to be able to maintain control over the company, despite its growth, up to the possible listing. In Italy, this mechanism is the protagonist of a heated debate that has been going on for decades. If, in fact, until 2014, the issue of multiple voting shares for any type of company was forbidden within the Italian legal system, thanks to the “Competitiveness Decree” of Renzi government, adopting this type of share instrument has become possible but not for everyone. In fact, joint-stock companies listed on regulated markets have been precluded from this possibility, and this has caused several problems. First of all the "flight" of big Italian companies towards those systems that allow them to be able to keep the reins of their business without giving up on expanding it. For this reason, the adoption of multiple voting shares by listed companies has continued to affect the Italian corporate landscape, enough to be included in the new proposal of the 2020 Growth Decree.
This paper wants to analyze this instrument of multiple voting shares and the effects they have on the corporate governance of unlisted companies, up to the possible effects that their adoption by listed companies would entail within the italian panorama. After a historical excursus of the Italian legislation, we continue with an in-depth analysis of the discipline concerning multiple voting shares, with a look at the new article 2351 of the Civil Code and the rules applied in the case of both listed companies and non-listed companies. The effects that the multiple voting shares have on corporate governance are then analyzed, focusing on the protection measures that can be adopted to protect minority shareholders, such as constitutive and decision quorums or the right of withdrawal. The paper continues with a comparative study of the discipline on multiple voting adopted in the main European and non-European countries, seen as the rivals of the Italian system. Particular attention is paid to FCA case which, in order to combine the family's need, who wants to maintain corporate control and that of the company to expand its business, moved its headquarter to the Netherlands. Finally, I concluded with an empirical analysis of the current corporate situation examining the companies that have adopted multiple voting shares.

Il principio “un'azione, un voto” e la deviazione da esso ha rappresentato, fin dalle prime codificazioni del diritto societario, un argomento su cui si è molto dibattuto.
Abbiamo assistito, infatti, alla diffusione sempre più grande dei meccanismi di rafforzamento del controllo, i cosiddetti “control enhancing mechanisms”, i quali determinano un effetto leva dei diritti di voto volto all'incentivazione degli investimenti a lungo termine da parte degli azionisti.
Tra i CEMs più discussi si collocano le azioni a voto plurimo, dei titoli azionari che presentano lo stesso valore nominale rispetto alle altre azioni ordinarie emesse dalla stessa società, ma che conferiscono al proprietario di esercitare un maggior numero di voti in sede assembleare.
Questo meccanismo è stato adottato, in modo diversificato, in molti ordinamenti sia europei che extraeuropei, soprattutto per permettere agli azionisti di lungo termine e ai fondatori di riuscire a mantenere il controllo della società, nonostante la sua crescita, fino all'eventuale quotazione.
In Italia, questo meccanismo è protagonista di un acceso dibattito che va avanti da decenni. Se, infatti, fino al 2014, all'interno dell'ordinamento italiano era vietata l'emissione delle azioni a voto plurimo per qualsiasi tipo di società, con il Decreto Competitività del governo Renzi, adottare questo tipo di strumento azionario è diventato possibile ma non per tutti. Le società per azioni quotate nei mercati regolamentati, infatti, si sono viste precludere questa possibilità, e ciò ha causato alcune problematiche. Prima fra tutte è la “fuga” di grandi società italiane verso quegli ordinamenti che permettessero loro di riuscire a mantenere le redini della propria attività senza rinunciare ad ingrandire il loro business.
Per questo motivo, la questione dell'adozione delle azioni a voto plurimo per le società quotate ha continuato ad interessare il panorama societario italiano, tanto da essere inserita all'interno della nuova proposta del Decreto Crescita del 2020.
Il presente elaborato si pone, quindi, l'obiettivo di analizzare questo specifico strumento, quello delle azioni a voto plurimo e gli effetti che esse comportano sula governance societaria delle società non quotate, fino ai possibili effetti che l'adozione delle stesse da parte delle quotate comporterebbero all'interno del panorama italiano. Dopo un excursus storico della normativa italiana, si prosegue con un'approfondita analisi della disciplina riguardante le azioni a voto plurimo, con uno sguardo al nuovo articolo 2351 del Codice Civile e alle norme applicate sia nel caso di società quotate sia nel caso di società non quotate.
Si analizzano, poi, gli effetti che le azioni a voto plurimo hanno sulla governance aziendale, concentrandosi sulle misure di tutela che possono essere adottate per tutelare i soci di minoranza, come i quorum costitutivi e deliberativi o il diritto di recesso.
L'elaborato prosegue con uno studio comparato della disciplina sul voto plurimo adottata nei principali paesi europei ed extraeuropei, visti come i rivali dell'ordinamento italiano. Particolare attenzione viene dedicata al caso di FCA che, per coniugare l'esigenza della famiglia di mantenere il controllo societario e quello della società di ingrandire il proprio business, ha trasferito la propria sede legale in Olanda.
Ho concluso, infine, con un'analisi empirica dell'attuale situazione societaria con riferimento alle società che hanno adottato le azioni a voto plurimo.

Le azioni a voto plurimo: disciplina e influenza sulla governance aziendale di società chiuse e aperte ​

PACETTO, LUCREZIA
2019/2020

Abstract

Il principio “un'azione, un voto” e la deviazione da esso ha rappresentato, fin dalle prime codificazioni del diritto societario, un argomento su cui si è molto dibattuto.
Abbiamo assistito, infatti, alla diffusione sempre più grande dei meccanismi di rafforzamento del controllo, i cosiddetti “control enhancing mechanisms”, i quali determinano un effetto leva dei diritti di voto volto all'incentivazione degli investimenti a lungo termine da parte degli azionisti.
Tra i CEMs più discussi si collocano le azioni a voto plurimo, dei titoli azionari che presentano lo stesso valore nominale rispetto alle altre azioni ordinarie emesse dalla stessa società, ma che conferiscono al proprietario di esercitare un maggior numero di voti in sede assembleare.
Questo meccanismo è stato adottato, in modo diversificato, in molti ordinamenti sia europei che extraeuropei, soprattutto per permettere agli azionisti di lungo termine e ai fondatori di riuscire a mantenere il controllo della società, nonostante la sua crescita, fino all'eventuale quotazione.
In Italia, questo meccanismo è protagonista di un acceso dibattito che va avanti da decenni. Se, infatti, fino al 2014, all'interno dell'ordinamento italiano era vietata l'emissione delle azioni a voto plurimo per qualsiasi tipo di società, con il Decreto Competitività del governo Renzi, adottare questo tipo di strumento azionario è diventato possibile ma non per tutti. Le società per azioni quotate nei mercati regolamentati, infatti, si sono viste precludere questa possibilità, e ciò ha causato alcune problematiche. Prima fra tutte è la “fuga” di grandi società italiane verso quegli ordinamenti che permettessero loro di riuscire a mantenere le redini della propria attività senza rinunciare ad ingrandire il loro business.
Per questo motivo, la questione dell'adozione delle azioni a voto plurimo per le società quotate ha continuato ad interessare il panorama societario italiano, tanto da essere inserita all'interno della nuova proposta del Decreto Crescita del 2020.
Il presente elaborato si pone, quindi, l'obiettivo di analizzare questo specifico strumento, quello delle azioni a voto plurimo e gli effetti che esse comportano sula governance societaria delle società non quotate, fino ai possibili effetti che l'adozione delle stesse da parte delle quotate comporterebbero all'interno del panorama italiano. Dopo un excursus storico della normativa italiana, si prosegue con un'approfondita analisi della disciplina riguardante le azioni a voto plurimo, con uno sguardo al nuovo articolo 2351 del Codice Civile e alle norme applicate sia nel caso di società quotate sia nel caso di società non quotate.
Si analizzano, poi, gli effetti che le azioni a voto plurimo hanno sulla governance aziendale, concentrandosi sulle misure di tutela che possono essere adottate per tutelare i soci di minoranza, come i quorum costitutivi e deliberativi o il diritto di recesso.
L'elaborato prosegue con uno studio comparato della disciplina sul voto plurimo adottata nei principali paesi europei ed extraeuropei, visti come i rivali dell'ordinamento italiano. Particolare attenzione viene dedicata al caso di FCA che, per coniugare l'esigenza della famiglia di mantenere il controllo societario e quello della società di ingrandire il proprio business, ha trasferito la propria sede legale in Olanda.
Ho concluso, infine, con un'analisi empirica dell'attuale situazione societaria con riferimento alle società che hanno adottato le azioni a voto plurimo.
ITA
Since the first codifications of company law, the "one share, one vote" principle and the deviation from it has been a very debated topic. In fact, we have witnessed the ever greater spread of control strengthening mechanisms, the so-called "control enhancing mechanisms", which determines a leverage effect of voting rights aimed at encouraging long-term investments by shareholders.
Among the most discussed CEMs, there are multiple voting shares, that have the same nominal value of other ordinary shares issued by the same company, but which allow the owner to exercise a greater number of votes at the shareholders' meeting.
This mechanism has been adopted, in a diversified way, in many European and non-European jurisdictions, especially to allow long-term shareholders and founders to be able to maintain control over the company, despite its growth, up to the possible listing. In Italy, this mechanism is the protagonist of a heated debate that has been going on for decades. If, in fact, until 2014, the issue of multiple voting shares for any type of company was forbidden within the Italian legal system, thanks to the “Competitiveness Decree” of Renzi government, adopting this type of share instrument has become possible but not for everyone. In fact, joint-stock companies listed on regulated markets have been precluded from this possibility, and this has caused several problems. First of all the "flight" of big Italian companies towards those systems that allow them to be able to keep the reins of their business without giving up on expanding it. For this reason, the adoption of multiple voting shares by listed companies has continued to affect the Italian corporate landscape, enough to be included in the new proposal of the 2020 Growth Decree.
This paper wants to analyze this instrument of multiple voting shares and the effects they have on the corporate governance of unlisted companies, up to the possible effects that their adoption by listed companies would entail within the italian panorama. After a historical excursus of the Italian legislation, we continue with an in-depth analysis of the discipline concerning multiple voting shares, with a look at the new article 2351 of the Civil Code and the rules applied in the case of both listed companies and non-listed companies. The effects that the multiple voting shares have on corporate governance are then analyzed, focusing on the protection measures that can be adopted to protect minority shareholders, such as constitutive and decision quorums or the right of withdrawal. The paper continues with a comparative study of the discipline on multiple voting adopted in the main European and non-European countries, seen as the rivals of the Italian system. Particular attention is paid to FCA case which, in order to combine the family's need, who wants to maintain corporate control and that of the company to expand its business, moved its headquarter to the Netherlands. Finally, I concluded with an empirical analysis of the current corporate situation examining the companies that have adopted multiple voting shares.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/153176