All wars are fought twice, once at the front and once in the head. Therefore, veterans, psychologically traumatized by the war experience, are considered the victims par excellence that cinematographic art draws to address post-war issues and reintegration into the civil world. War transforms those who live it, not only physically. The risk, for a former soldier, is to remain stuck in the "veteran syndrome", the post-traumatic stress disorder that prevents them from regaining possession of their civilian life away from the front. Cinema has explored the world of war psychology and has produced cinematic masterpieces of rare quality. Starting from the assumption of the theoretical model on personality studies, the behavior of each individual develops and changes in relation to the physical and social environment with which he comes into contact. The war context, therefore, severely threatened the psycho-somatic resistances of 20th century societies. The vast and arduous path between war and psychology begins after the first postwar period: the physical and emotional disability of the soldiers, their madness, the elaboration of mourning and the fear of returning to civilian life are seen through the eyes of directors of the caliber. by Abel Gance, King Vidor and Lewis Milestone. The theme of cinema and war psychopathology in WWII veterans, in particular the psychoanalysis of war neuroses and psychosis, is addressed in the following films: The Best Years of Our Lives by William Wyler (1946) and Five Came Back (Netflix documentary, 2017). Finally, the veterans of the Vietnam War and their traumatic return to normality are represented by cinematic masterpieces such as Martin Scorzese's Taxi Driver (1976), Michael Cimino's The Hunter (1978), Returning to Hal Ashby's House (1978), Apocalypse Now by Francis Ford Coppola (1979) and Born on the Fourth of July by Oliver Stone (1989).

Tutte le guerre vengono combattute due volte, una volta al fronte e una volta nella testa. Pertanto, i reduci, psicologicamente traumatizzati dall’esperienza bellica, sono considerati le vittime per antonomasia che l’arte cinematografica disegna per affrontare i temi del dopoguerra e del reinserimento nel mondo civile. La guerra trasforma chi la vive, non solo fisicamente. Il rischio, per un ex soldato, è di rimanere bloccato nella “sindrome del reduce”, il disturbo post-traumatico da stress che impedisce di riappropriarsi della propria vita civile lontana dal fronte. Il cinema ha esplorato il mondo della psicologia bellica e ha prodotto capolavori filmici di rara qualità. Partendo dal presupposto del modello teorico sugli studi della personalità, il comportamento di ciascun individuo si sviluppa e si modifica in relazione all’ambiente fisico e sociale con cui entra in contatto. Il contesto bellico ha, dunque, minacciato duramente le resistenze psico-somatiche delle società del XX secolo. Il percorso vasto e impervio tra guerra e psicologia comincia a partire dal primo dopoguerra: la disabilità fisica ed emotiva dei soldati, la loro follia, l’elaborazione del lutto e la paura del ritorno alla vita civile sono visti attraverso gli occhi di registi del calibro di Abel Gance, King Vidor e Lewis Milestone. Il tema del cinema e della psicopatologia bellica nei reduci della Seconda guerra mondiale, in particolare la psicoanalisi delle nevrosi e delle psicosi di guerra, è affrontato nei seguenti film: I migliori anni anni della nostra vita di William Wyler (1946) e Five Came Back (Netflix documentary, 2017). Infine, i veterani della guerra in Vietnam e il loro traumatico ritorno alla normalità è rappresentato da capolavori cinematografici come Taxi driver di Martin Scorzese (1976), Il cacciatore di Michael Cimino (1978), Tornando a casa di Hal Ashby (1978), Apocalypse Now di Francis Ford Coppola (1979) e Nato il quattro luglio di Oliver Stone (1989).

Reduci di guerra. La psicologia nel cinema bellico.

RODÀ SAVOINI, MATTIA
2020/2021

Abstract

Tutte le guerre vengono combattute due volte, una volta al fronte e una volta nella testa. Pertanto, i reduci, psicologicamente traumatizzati dall’esperienza bellica, sono considerati le vittime per antonomasia che l’arte cinematografica disegna per affrontare i temi del dopoguerra e del reinserimento nel mondo civile. La guerra trasforma chi la vive, non solo fisicamente. Il rischio, per un ex soldato, è di rimanere bloccato nella “sindrome del reduce”, il disturbo post-traumatico da stress che impedisce di riappropriarsi della propria vita civile lontana dal fronte. Il cinema ha esplorato il mondo della psicologia bellica e ha prodotto capolavori filmici di rara qualità. Partendo dal presupposto del modello teorico sugli studi della personalità, il comportamento di ciascun individuo si sviluppa e si modifica in relazione all’ambiente fisico e sociale con cui entra in contatto. Il contesto bellico ha, dunque, minacciato duramente le resistenze psico-somatiche delle società del XX secolo. Il percorso vasto e impervio tra guerra e psicologia comincia a partire dal primo dopoguerra: la disabilità fisica ed emotiva dei soldati, la loro follia, l’elaborazione del lutto e la paura del ritorno alla vita civile sono visti attraverso gli occhi di registi del calibro di Abel Gance, King Vidor e Lewis Milestone. Il tema del cinema e della psicopatologia bellica nei reduci della Seconda guerra mondiale, in particolare la psicoanalisi delle nevrosi e delle psicosi di guerra, è affrontato nei seguenti film: I migliori anni anni della nostra vita di William Wyler (1946) e Five Came Back (Netflix documentary, 2017). Infine, i veterani della guerra in Vietnam e il loro traumatico ritorno alla normalità è rappresentato da capolavori cinematografici come Taxi driver di Martin Scorzese (1976), Il cacciatore di Michael Cimino (1978), Tornando a casa di Hal Ashby (1978), Apocalypse Now di Francis Ford Coppola (1979) e Nato il quattro luglio di Oliver Stone (1989).
ITA
All wars are fought twice, once at the front and once in the head. Therefore, veterans, psychologically traumatized by the war experience, are considered the victims par excellence that cinematographic art draws to address post-war issues and reintegration into the civil world. War transforms those who live it, not only physically. The risk, for a former soldier, is to remain stuck in the "veteran syndrome", the post-traumatic stress disorder that prevents them from regaining possession of their civilian life away from the front. Cinema has explored the world of war psychology and has produced cinematic masterpieces of rare quality. Starting from the assumption of the theoretical model on personality studies, the behavior of each individual develops and changes in relation to the physical and social environment with which he comes into contact. The war context, therefore, severely threatened the psycho-somatic resistances of 20th century societies. The vast and arduous path between war and psychology begins after the first postwar period: the physical and emotional disability of the soldiers, their madness, the elaboration of mourning and the fear of returning to civilian life are seen through the eyes of directors of the caliber. by Abel Gance, King Vidor and Lewis Milestone. The theme of cinema and war psychopathology in WWII veterans, in particular the psychoanalysis of war neuroses and psychosis, is addressed in the following films: The Best Years of Our Lives by William Wyler (1946) and Five Came Back (Netflix documentary, 2017). Finally, the veterans of the Vietnam War and their traumatic return to normality are represented by cinematic masterpieces such as Martin Scorzese's Taxi Driver (1976), Michael Cimino's The Hunter (1978), Returning to Hal Ashby's House (1978), Apocalypse Now by Francis Ford Coppola (1979) and Born on the Fourth of July by Oliver Stone (1989).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/152790