Muovendo dal presupposto che l’arte sia qualcosa di talmente complesso da non poter rientrare nelle definizioni binarie con cui la nostra società è abituata a catalogare ogni elemento del mondo, essa può essere definita androgina, prendendo in prestito un termine utilizzato proprio da Carmelo Bene. Declinando questa considerazione nello specifico al teatro, il mio campo di interesse e di ricerca da ormai più di cinque anni, ho voluto prendere in considerazione due artisti che, dal mio punto di vista, con il loro lavoro unico e personale, sono riusciti a scardinare l’idea che l’attore debba rientrare in definizioni di genere limitate. In quanto portavoce dell’arte in senso ampio, infatti, l’attore non può rientrare in categorie e, soprattutto, il suo genere biologico, o il suo orientamento sessuale, non hanno niente a che vedere con l’approccio ad un testo o con la sua performance scenica. La tesi è articolata in due capitoli, che prendono in considerazione due studi di caso scelti per essere analizzati da un punto di vista volto allo scardinamento dei ruoli e il raggiungimento di un arte senza definizioni. Il primo capitolo prende in considerazione il lavoro di Carmelo Bene e si apre con una breve introduzione di carattere storico e sociale che mette in risalto i limiti, in particolare di genere, della società a lui contemporanea, gli stessi che con il suo lavoro tenterà di demolire. In seguito vengono brevemente analizzati alcuni elementi utili per comprendere la sua visione del femminile e la sua formulazione di arte come androgina: la sua terra e famiglia di origine, le sue considerazioni rispetto all’arrivo della donna sulle scene e due aspetti fondamentali della sua poetica artistica, ovvero i concetti di Vita - Bambina e di phoné. Il capitolo si conclude con due esempi di opere di Carmelo Bene, Pinocchio e Salomè, entrambi analizzati ponendo l’accento sugli elementi della messinscena, della rappresentazione e della recitazione degli attori che più sono utili per portare alla luce la messa in pratica di questo aspetto della poetica di Bene. Il secondo capitolo, invece, si occupa di un artista contemporaneo nel pieno della sua attività e dell’affermazione della sua personale poetica: Roberto Latini. Ho scelto di prenderlo in considerazione per il mio lavoro basandomi sulla mia esperienza personale: ogni volta, infatti, che ho potuto assistere dal vivo ad una sua performance teatrale, oppure ho avuto la possibilità di ascoltare sue considerazione a eventi o lezioni, ho sempre avuto l’impressione che anche lui portasse avanti un approccio artistico lontano da qualsiasi schematizzazione di genere. Dopo una breve introduzione sul suo percorso artistico, riporto una conversazione avuta recentemente con lui su Skype proprio a proposito delle mie considerazioni e curiosità sul suo lavoro nell’ottica sopra delineata; il tutto si conclude con alcune osservazioni su quanto emerso durante il nostro dialogo.
Il superamento del binarismo di genere in teatro: Carmelo Bene e Roberto Latini
DEL MUTOLO, ALICE
2019/2020
Abstract
Muovendo dal presupposto che l’arte sia qualcosa di talmente complesso da non poter rientrare nelle definizioni binarie con cui la nostra società è abituata a catalogare ogni elemento del mondo, essa può essere definita androgina, prendendo in prestito un termine utilizzato proprio da Carmelo Bene. Declinando questa considerazione nello specifico al teatro, il mio campo di interesse e di ricerca da ormai più di cinque anni, ho voluto prendere in considerazione due artisti che, dal mio punto di vista, con il loro lavoro unico e personale, sono riusciti a scardinare l’idea che l’attore debba rientrare in definizioni di genere limitate. In quanto portavoce dell’arte in senso ampio, infatti, l’attore non può rientrare in categorie e, soprattutto, il suo genere biologico, o il suo orientamento sessuale, non hanno niente a che vedere con l’approccio ad un testo o con la sua performance scenica. La tesi è articolata in due capitoli, che prendono in considerazione due studi di caso scelti per essere analizzati da un punto di vista volto allo scardinamento dei ruoli e il raggiungimento di un arte senza definizioni. Il primo capitolo prende in considerazione il lavoro di Carmelo Bene e si apre con una breve introduzione di carattere storico e sociale che mette in risalto i limiti, in particolare di genere, della società a lui contemporanea, gli stessi che con il suo lavoro tenterà di demolire. In seguito vengono brevemente analizzati alcuni elementi utili per comprendere la sua visione del femminile e la sua formulazione di arte come androgina: la sua terra e famiglia di origine, le sue considerazioni rispetto all’arrivo della donna sulle scene e due aspetti fondamentali della sua poetica artistica, ovvero i concetti di Vita - Bambina e di phoné. Il capitolo si conclude con due esempi di opere di Carmelo Bene, Pinocchio e Salomè, entrambi analizzati ponendo l’accento sugli elementi della messinscena, della rappresentazione e della recitazione degli attori che più sono utili per portare alla luce la messa in pratica di questo aspetto della poetica di Bene. Il secondo capitolo, invece, si occupa di un artista contemporaneo nel pieno della sua attività e dell’affermazione della sua personale poetica: Roberto Latini. Ho scelto di prenderlo in considerazione per il mio lavoro basandomi sulla mia esperienza personale: ogni volta, infatti, che ho potuto assistere dal vivo ad una sua performance teatrale, oppure ho avuto la possibilità di ascoltare sue considerazione a eventi o lezioni, ho sempre avuto l’impressione che anche lui portasse avanti un approccio artistico lontano da qualsiasi schematizzazione di genere. Dopo una breve introduzione sul suo percorso artistico, riporto una conversazione avuta recentemente con lui su Skype proprio a proposito delle mie considerazioni e curiosità sul suo lavoro nell’ottica sopra delineata; il tutto si conclude con alcune osservazioni su quanto emerso durante il nostro dialogo.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/152773