Il lavoro svolto prende in considerazione l'artista Pier Paolo Pasolini, e nella fattispecie quei lavori che lo hanno portato fuori dall'Italia in compagnia della "sua" macchina da presa. Dall'inizio degli anni Sessanta Pier Paolo Pasolini si avvicina al cinema, arte che non smetterà di coltivare fino alla morte; ma questo lavoro non prende in considerazione i suoi film, bensì i suoi documentari socio-antropologici. Due sono i fili conduttori di questo lavoro: il primo è quello dell'amore di Pasolini nei confronti di una bella armonia estetica fra i luoghi da lui visitati e l'architettura che nel tempo gli uomini hanno incastonato in essa; il secondo è quello della ricerca di purezza e semplicità nelle genti che questi luoghi abitano. Pasolini viaggia attraverso l'Italia alla ricerca di ambienti non contaminati dalla speculazione edilizia, ma quando prende coscienza dello stato di colasso della penisola, rifugge da essa per rifugiarsi in luoghi esotici dove il consumismo non sia ancora arrivato a snaturare il passato umano e paesaggistico. Nello Yemen incontra un architettura bellissima ancora intatta ed un modo di vivere legato alla storia passata del paese; in India ed in Africa la natura delle genti e gli immensi spazi lo portato a nutrire la speranza che anche quando questi enormi continenti incontreranno, anzi si scontreranno con il mondo capitalistico, non perdano allora né le loro tradizioni né la propria indole. Questo suo girovagare insomma è stato caratterizzato da un desiderio fortissimo di realtà, di genuinità; il mezzo da lui scelto è stato quello della pellicola, per riprendere e raccontare il reale nel modo più fedele possibile, senza i filtri della lingua.

Pier Paolo Pasolini: il viaggiatore con la macchina da presa.

LAURIERI, ALESSANDRO
2009/2010

Abstract

Il lavoro svolto prende in considerazione l'artista Pier Paolo Pasolini, e nella fattispecie quei lavori che lo hanno portato fuori dall'Italia in compagnia della "sua" macchina da presa. Dall'inizio degli anni Sessanta Pier Paolo Pasolini si avvicina al cinema, arte che non smetterà di coltivare fino alla morte; ma questo lavoro non prende in considerazione i suoi film, bensì i suoi documentari socio-antropologici. Due sono i fili conduttori di questo lavoro: il primo è quello dell'amore di Pasolini nei confronti di una bella armonia estetica fra i luoghi da lui visitati e l'architettura che nel tempo gli uomini hanno incastonato in essa; il secondo è quello della ricerca di purezza e semplicità nelle genti che questi luoghi abitano. Pasolini viaggia attraverso l'Italia alla ricerca di ambienti non contaminati dalla speculazione edilizia, ma quando prende coscienza dello stato di colasso della penisola, rifugge da essa per rifugiarsi in luoghi esotici dove il consumismo non sia ancora arrivato a snaturare il passato umano e paesaggistico. Nello Yemen incontra un architettura bellissima ancora intatta ed un modo di vivere legato alla storia passata del paese; in India ed in Africa la natura delle genti e gli immensi spazi lo portato a nutrire la speranza che anche quando questi enormi continenti incontreranno, anzi si scontreranno con il mondo capitalistico, non perdano allora né le loro tradizioni né la propria indole. Questo suo girovagare insomma è stato caratterizzato da un desiderio fortissimo di realtà, di genuinità; il mezzo da lui scelto è stato quello della pellicola, per riprendere e raccontare il reale nel modo più fedele possibile, senza i filtri della lingua.
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