Nell'ultimo decennio il settore delle piante officinali, a cui appartengono anche quelle aromatiche, ha ricevuto una notevole spinta evolutiva, come conseguenza dell'accresciuta domanda di prodotti legati alla sfera della salute e del benessere da parte dei consumatori. I dati europei mostrano complessivamente un settore piccolo ma in sviluppo, che nel triennio 2007-2010 avrebbe registrato una crescita sia del numero di aziende, sia delle superfici investite di oltre il 50%. In Italia nel 2010 si contano 2.938 aziende con una superficie investita a piante aromatiche complessiva di 7.191 ettari. L'areale di maggiore interesse risulta quello dell'arco alpino che, grazie alla sua varietà di microambienti e suoli, viene definito come il territorio floristicamente più ricco di tutto il continente europeo. Sono numerose le specie endemiche di erbe aromatiche, protette dalle legislazioni regionali e nazionali, che trovano sulle Alpi le condizioni migliori per il loro sviluppo. Fra le specie maggiormente diffuse in Piemonte e con caratteristiche peculiari troviamo Gentiana lutea, Mentha piperita e Artemisia absinthium. Accanto al settore alimentare queste piante sono diventante una risorsa sempre più interessante anche per l'industria farmaceutica, conserviera, cosmetica e delle gomme. Particolare attenzione viene rivolta alle specie aromatiche soprattutto per la produzione di composti bioattivi derivanti dal loro metabolismo secondario. Si tratta di composti chimici aromatici o pigmenti appartenenti alle categorie di: terpeni, alcaloidi e fenoli, con proprietà antiossidanti, antimicrobiche, digestive, antinfiammatorie, antipiretiche e disinfettanti. Le sostanze più interessanti sia dal punto di vista economico che compositivo sono gli oli essenziali. Il loro utilizzo in diversi campi sta riscontrando un incremento a livello mondiale, in linea con l'aumento della sensibilità del consumatore verso l'utilizzo di sostanze naturali in sostituzione a quelle di sintesi chimica industriale. I metodi più comuni per l'estrazione su larga scala di questi composti sono l'idrodistillazione e l'estrazione Soxhlet. Questi metodi hanno però evidenziato alcuni fattori negativi di fondamentali importanza per quanto riguarda la qualità del prodotto finale ottenuto. Fra questi vi sono l'utilizzo di alte temperature per tempi prolungati, la necessità di costosi solventi ad elevata purezza, la bassa selettività della tecnica e la perdita dei composti termolabili. Per ovviare a questi problemi negli ultimi cinquant'anni sono state introdotte nuove promettenti tecniche di estrazione. Le più interessanti utilizzano fonti diverse di energia per provocare la rottura delle ghiandole oleifere ed estrarre gli oli essenziali, per esempio ultrasuoni, microonde, campi elettrici pulsati, fluidi supercritici o liquidi pressurizzati. Queste tecniche rientrano in quelle che vengono definite come ¿green technologies¿ visto il minore impatto ambientale di queste ultime rispetto alle metodiche tradizionali. Tali tecnologie garantiscono, inoltre, l'ottenimento di un prodotto qualitativamente superiore in tempi minori, con un ridotto consumo energetico ed una decisamente più bassa emissione di CO2 in atmosfera.

L'estrazione degli oli essenziali dalle erbe aromatiche: aspetti tecnologici e compositivi​

NERVO, GIULIA
2018/2019

Abstract

Nell'ultimo decennio il settore delle piante officinali, a cui appartengono anche quelle aromatiche, ha ricevuto una notevole spinta evolutiva, come conseguenza dell'accresciuta domanda di prodotti legati alla sfera della salute e del benessere da parte dei consumatori. I dati europei mostrano complessivamente un settore piccolo ma in sviluppo, che nel triennio 2007-2010 avrebbe registrato una crescita sia del numero di aziende, sia delle superfici investite di oltre il 50%. In Italia nel 2010 si contano 2.938 aziende con una superficie investita a piante aromatiche complessiva di 7.191 ettari. L'areale di maggiore interesse risulta quello dell'arco alpino che, grazie alla sua varietà di microambienti e suoli, viene definito come il territorio floristicamente più ricco di tutto il continente europeo. Sono numerose le specie endemiche di erbe aromatiche, protette dalle legislazioni regionali e nazionali, che trovano sulle Alpi le condizioni migliori per il loro sviluppo. Fra le specie maggiormente diffuse in Piemonte e con caratteristiche peculiari troviamo Gentiana lutea, Mentha piperita e Artemisia absinthium. Accanto al settore alimentare queste piante sono diventante una risorsa sempre più interessante anche per l'industria farmaceutica, conserviera, cosmetica e delle gomme. Particolare attenzione viene rivolta alle specie aromatiche soprattutto per la produzione di composti bioattivi derivanti dal loro metabolismo secondario. Si tratta di composti chimici aromatici o pigmenti appartenenti alle categorie di: terpeni, alcaloidi e fenoli, con proprietà antiossidanti, antimicrobiche, digestive, antinfiammatorie, antipiretiche e disinfettanti. Le sostanze più interessanti sia dal punto di vista economico che compositivo sono gli oli essenziali. Il loro utilizzo in diversi campi sta riscontrando un incremento a livello mondiale, in linea con l'aumento della sensibilità del consumatore verso l'utilizzo di sostanze naturali in sostituzione a quelle di sintesi chimica industriale. I metodi più comuni per l'estrazione su larga scala di questi composti sono l'idrodistillazione e l'estrazione Soxhlet. Questi metodi hanno però evidenziato alcuni fattori negativi di fondamentali importanza per quanto riguarda la qualità del prodotto finale ottenuto. Fra questi vi sono l'utilizzo di alte temperature per tempi prolungati, la necessità di costosi solventi ad elevata purezza, la bassa selettività della tecnica e la perdita dei composti termolabili. Per ovviare a questi problemi negli ultimi cinquant'anni sono state introdotte nuove promettenti tecniche di estrazione. Le più interessanti utilizzano fonti diverse di energia per provocare la rottura delle ghiandole oleifere ed estrarre gli oli essenziali, per esempio ultrasuoni, microonde, campi elettrici pulsati, fluidi supercritici o liquidi pressurizzati. Queste tecniche rientrano in quelle che vengono definite come ¿green technologies¿ visto il minore impatto ambientale di queste ultime rispetto alle metodiche tradizionali. Tali tecnologie garantiscono, inoltre, l'ottenimento di un prodotto qualitativamente superiore in tempi minori, con un ridotto consumo energetico ed una decisamente più bassa emissione di CO2 in atmosfera.
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