The intent of this thesis is to delve into the figure of the 'troubled' women staged by Michelangelo Antonioni within the four films that are usually referred to as the tetralogy of incommunicability/feelings, using his inspirational muse of the period, Monica Vitti, as a magnifying glass. In this paper of mine, I would like to begin, within the first chapter, by examining the famous interview that initially appeared in the weekly magazine "L'Europeo" that Oriana Fallaci gave, without losing herself in useless compliments, to Maria Luisa Ceciarelli, aka Monica Vitti, going on to sketch a perfect picture of her. My goal is to recover the most interesting and significant episodes concerning Monica Vitti and her approach to the film industry, considering not only her career as an actress, but above all, what revolves around it: starting with her thoughts on society, fashions and the passage of time, always keeping in mind her change after knocking on the door of the seventh art. The director and actress, in fact, in addition to being professionally linked, are a couple in life for a decade and together they bring to fruition five films, considered to be a fundamental part of the history of Italian cinema: L'avventura in 1960, La notte in 1961, L'eclisse in 1962 and Deserto rosso in 1964. In the second, third, fourth and fifth chapters, I will focus on these newly listed films using as a focus the different interpretative approach that the actress, endowed with great versatility and acting ability, managed to channel differently in creating the characters of Claudia, Valentina, Vittoria and Giuliana by bringing to the stage women who were characteristically different and belonged to different social realities, but at the same time united by the same difficulties with regard to expressing feelings and thoughts; highlighting all the traits that led to the birth of the myth of Monica Vitti, still remembered today as the true matador of Italian cinema. In each chapter, a feature film will be analyzed, initially referring to the film and everything related to life on the set and the making of it, and then focusing, within the sub-chapter, on Vitti's experience in personifying characters and the thoughts that society and intellectuals of the time had about the actress. It wants to be a journey, then, within the mind, gestures and feelings of the women considered 'problematic' who animate these films, leading to the creation of a thesis that sees them, at the same time, as executioners and victims of the bourgeois society brought to the stage.In these four feature films we witness the stories, mainly of women, who do everything to survive in a continuous struggle against themselves and others; Antonioni's characters are immersed in ease and economic well-being without, however, being able to build a stable and true network of affection; they are essentially lonely people and it is in this loneliness that the 'skeletons in the closet' emerge and the dark corners of the character of the same ones develop that I am interested in analyzing. Monica Vitti's acting in Antonioni's films is particular and markedly different from the turn she would take in later years with the comedies. It is a mode of interpretation in which a very calibrated and reasoned gestural expressiveness emerges, to the many words she prefers the use of facial expressions and the body, arriving at the staging of characters who manage to reach the viewer without communicating solely through the use of speech. The intention is to detach myself from an analysis of the purely narrative dimension of the films directed by Antonioni, although I think it is a must to contextualize the events, but trying to focus particularly on the different character creations made by Vitti.
L'intento di questa tesi è quello di approfondire la figura della donna "inquieta" messa in scena da Michelangelo Antonioni all'interno dei quattro film che vengono solitamente indicati come la tetralogia dell'incomunicabilità/sentimento, utilizzando come lente di ingrandimento la sua musa ispiratrice dell'epoca, Monica Vitti. In questo mio lavoro vorrei iniziare, all'interno del primo capitolo, ad esaminare la famosa intervista apparsa inizialmente sul settimanale "L'Europeo" che Oriana Fallaci rilasciò, senza perdersi in inutili complimenti, a Maria Luisa Ceciarelli, in arte Monica Vitti, arrivando a tracciarne un ritratto perfetto. Il mio obiettivo è quello di recuperare gli episodi più interessanti e significativi che riguardano Monica Vitti e il suo approccio al mondo del cinema, considerando non solo la sua carriera di attrice, ma soprattutto ciò che vi ruota intorno: a partire dalle sue riflessioni sulla società, sulle mode e sul passare del tempo, tenendo sempre presente il suo cambiamento dopo aver bussato alla porta della settima arte. Il regista e l'attrice, infatti, oltre a essere legati professionalmente, sono una coppia nella vita da un decennio e insieme portano a compimento cinque film, considerati parte fondamentale della storia del cinema italiano: L'avventura nel 1960, La notte nel 1961, L'eclisse nel 1962 e Deserto rosso nel 1964. Nel secondo, terzo, quarto e quinto capitolo, mi soffermerò su questi film appena elencati utilizzando come focus il diverso approccio interpretativo che l'attrice, dotata di grande versatilità e capacità recitativa, riuscì a incanalare in modo differente nel creare i personaggi di Claudia, Valentina, Vittoria e Giuliana portando in scena donne caratteristicamente diverse e appartenenti a realtà sociali differenti, ma allo stesso tempo accomunate dalle stesse difficoltà nell'esprimere sentimenti e pensieri; evidenziando tutti i tratti che hanno portato alla nascita del mito di Monica Vitti, ancora oggi ricordata come il vero matador del cinema italiano. In ogni capitolo verrà analizzato un lungometraggio, facendo inizialmente riferimento al film e a tutto ciò che riguarda la vita sul set e la sua realizzazione, per poi soffermarsi, all'interno del sotto capitolo, sull'esperienza della Vitti nel personificare i personaggi e sul pensiero che la società e gli intellettuali dell'epoca avevano dell'attrice. Vuole essere un viaggio, quindi, all'interno della mente, dei gesti e dei sentimenti delle donne considerate "problematiche" che animano questi film, portando alla creazione di una tesi che le vede, allo stesso tempo, come carnefici e vittime della società borghese portata in scena.In questi quattro lungometraggi assistiamo alle storie, soprattutto di donne, che fanno di tutto per sopravvivere in una continua lotta contro se stesse e gli altri; i personaggi di Antonioni sono immersi nell'agio e nel benessere economico senza, però, riuscire a costruire una rete di affetti stabile e vera; sono essenzialmente persone sole ed è in questa solitudine che emergono gli "scheletri nell'armadio" e si sviluppano gli angoli oscuri del carattere delle stesse che mi interessa analizzare. La recitazione di Monica Vitti nei film di Antonioni è particolare e nettamente diversa dalla piega che prenderà negli anni successivi con le commedie. È una modalità interpretativa in cui emerge un'espressività gestuale molto calibrata e ragionata, alle tante parole preferisce l'uso della mimica facciale e del corpo, arrivando alla messa in scena di personaggi che riescono a raggiungere lo spettatore senza comunicare solo attraverso l'uso della parola. L'intenzione è quella di distaccarmi da un'analisi della dimensione puramente narrativa dei film diretti da Antonioni, anche se ritengo sia d'obbligo contestualizzare gli eventi, ma cercando di soffermarmi in particolare sulle diverse creazioni di personaggi realizzate dalla Vitti.
l 'fenomeno' Monica Vitti: musa e interprete dell'incomunicabilità nel cinema di Michelangelo Antonioni
CAVIGLIA, ARIANNA
2022/2023
Abstract
L'intento di questa tesi è quello di approfondire la figura della donna "inquieta" messa in scena da Michelangelo Antonioni all'interno dei quattro film che vengono solitamente indicati come la tetralogia dell'incomunicabilità/sentimento, utilizzando come lente di ingrandimento la sua musa ispiratrice dell'epoca, Monica Vitti. In questo mio lavoro vorrei iniziare, all'interno del primo capitolo, ad esaminare la famosa intervista apparsa inizialmente sul settimanale "L'Europeo" che Oriana Fallaci rilasciò, senza perdersi in inutili complimenti, a Maria Luisa Ceciarelli, in arte Monica Vitti, arrivando a tracciarne un ritratto perfetto. Il mio obiettivo è quello di recuperare gli episodi più interessanti e significativi che riguardano Monica Vitti e il suo approccio al mondo del cinema, considerando non solo la sua carriera di attrice, ma soprattutto ciò che vi ruota intorno: a partire dalle sue riflessioni sulla società, sulle mode e sul passare del tempo, tenendo sempre presente il suo cambiamento dopo aver bussato alla porta della settima arte. Il regista e l'attrice, infatti, oltre a essere legati professionalmente, sono una coppia nella vita da un decennio e insieme portano a compimento cinque film, considerati parte fondamentale della storia del cinema italiano: L'avventura nel 1960, La notte nel 1961, L'eclisse nel 1962 e Deserto rosso nel 1964. Nel secondo, terzo, quarto e quinto capitolo, mi soffermerò su questi film appena elencati utilizzando come focus il diverso approccio interpretativo che l'attrice, dotata di grande versatilità e capacità recitativa, riuscì a incanalare in modo differente nel creare i personaggi di Claudia, Valentina, Vittoria e Giuliana portando in scena donne caratteristicamente diverse e appartenenti a realtà sociali differenti, ma allo stesso tempo accomunate dalle stesse difficoltà nell'esprimere sentimenti e pensieri; evidenziando tutti i tratti che hanno portato alla nascita del mito di Monica Vitti, ancora oggi ricordata come il vero matador del cinema italiano. In ogni capitolo verrà analizzato un lungometraggio, facendo inizialmente riferimento al film e a tutto ciò che riguarda la vita sul set e la sua realizzazione, per poi soffermarsi, all'interno del sotto capitolo, sull'esperienza della Vitti nel personificare i personaggi e sul pensiero che la società e gli intellettuali dell'epoca avevano dell'attrice. Vuole essere un viaggio, quindi, all'interno della mente, dei gesti e dei sentimenti delle donne considerate "problematiche" che animano questi film, portando alla creazione di una tesi che le vede, allo stesso tempo, come carnefici e vittime della società borghese portata in scena.In questi quattro lungometraggi assistiamo alle storie, soprattutto di donne, che fanno di tutto per sopravvivere in una continua lotta contro se stesse e gli altri; i personaggi di Antonioni sono immersi nell'agio e nel benessere economico senza, però, riuscire a costruire una rete di affetti stabile e vera; sono essenzialmente persone sole ed è in questa solitudine che emergono gli "scheletri nell'armadio" e si sviluppano gli angoli oscuri del carattere delle stesse che mi interessa analizzare. La recitazione di Monica Vitti nei film di Antonioni è particolare e nettamente diversa dalla piega che prenderà negli anni successivi con le commedie. È una modalità interpretativa in cui emerge un'espressività gestuale molto calibrata e ragionata, alle tante parole preferisce l'uso della mimica facciale e del corpo, arrivando alla messa in scena di personaggi che riescono a raggiungere lo spettatore senza comunicare solo attraverso l'uso della parola. L'intenzione è quella di distaccarmi da un'analisi della dimensione puramente narrativa dei film diretti da Antonioni, anche se ritengo sia d'obbligo contestualizzare gli eventi, ma cercando di soffermarmi in particolare sulle diverse creazioni di personaggi realizzate dalla Vitti.File | Dimensione | Formato | |
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