In Italia il tasso di recidiva si aggira ormai da tempo intorno al 60-70%, affermandosi come uno dei più elevati a livello europeo (Antigone 2022) . Partendo da questo presupposto, l’elaborato intende affrontare, in chiave sociologica, proprio la tematica della recidiva, interrogandosi sulle motivazioni che, nel contesto italiano, ne sono alla base e che sanciscono, di fatto, il fallimento della funzione rieducativa della pena prevista dall’art. 27 della Costituzione. Nel corso del lavoro verranno dunque descritti ed esaminati il percorso trattamentale previsto dall’Ordinamento penitenziario italiano e quello effettivamente attuato, evidenziando come, molto spesso, la funzione principe della pena non rimanga che un nobile costrutto di rara attuazione e come, paradossalmente, il carcere continui a costituirsi come una “fabbrica di recidiva”, fonte di stigmatizzazione, esclusione e di perpetuazione e consolidamento di disagio e deprivazione. Oltre che sull’inefficacia del trattamento rieducativo inframurario, l’attenzione verrà posta in particolar modo anche sull’incapacità e sull’assenza di volontà da parte della società di riaccogliere al suo interno individui indelebilmente marchiati come criminali. La carenza di ricerche relative alla fase del reentry process e la conseguente scarsità di progetti di reinserimento mirati ed inclusivi denotano infatti un ingiustificato disinteresse statale e comunitario che si traduce in una grave lacuna interventistica. La volontà alla base di questo lavoro è dunque quella di sottolineare come la recidiva sia un fenomeno sociale che, in quanto tale, va combattuta non all’interno delle carceri, bensì all’esterno delle mura, tramite l’impegno e la collaborazione delle istituzioni, del privato e della collettività tutta. Infine, dato il mio percorso di studi in Servizio sociale, l’intento è anche quello di evidenziare come la figura professionale dell’assistente sociale potrebbe costituirsi come risorsa essenziale nella progettazione e realizzazione di interventi di reinserimento, nella promozione di reti di servizi in grado di fornire risposte integrate alle istanze dei dimittendi e nella sensibilizzazione della comunità rispetto all’importanza e alla necessità di diventare una società maggiorente inclusiva.

Recidiva carceraria e reinserimento sociale: problematicità e possibili soluzioni

DORNA, FRANCESCA
2023/2024

Abstract

In Italia il tasso di recidiva si aggira ormai da tempo intorno al 60-70%, affermandosi come uno dei più elevati a livello europeo (Antigone 2022) . Partendo da questo presupposto, l’elaborato intende affrontare, in chiave sociologica, proprio la tematica della recidiva, interrogandosi sulle motivazioni che, nel contesto italiano, ne sono alla base e che sanciscono, di fatto, il fallimento della funzione rieducativa della pena prevista dall’art. 27 della Costituzione. Nel corso del lavoro verranno dunque descritti ed esaminati il percorso trattamentale previsto dall’Ordinamento penitenziario italiano e quello effettivamente attuato, evidenziando come, molto spesso, la funzione principe della pena non rimanga che un nobile costrutto di rara attuazione e come, paradossalmente, il carcere continui a costituirsi come una “fabbrica di recidiva”, fonte di stigmatizzazione, esclusione e di perpetuazione e consolidamento di disagio e deprivazione. Oltre che sull’inefficacia del trattamento rieducativo inframurario, l’attenzione verrà posta in particolar modo anche sull’incapacità e sull’assenza di volontà da parte della società di riaccogliere al suo interno individui indelebilmente marchiati come criminali. La carenza di ricerche relative alla fase del reentry process e la conseguente scarsità di progetti di reinserimento mirati ed inclusivi denotano infatti un ingiustificato disinteresse statale e comunitario che si traduce in una grave lacuna interventistica. La volontà alla base di questo lavoro è dunque quella di sottolineare come la recidiva sia un fenomeno sociale che, in quanto tale, va combattuta non all’interno delle carceri, bensì all’esterno delle mura, tramite l’impegno e la collaborazione delle istituzioni, del privato e della collettività tutta. Infine, dato il mio percorso di studi in Servizio sociale, l’intento è anche quello di evidenziare come la figura professionale dell’assistente sociale potrebbe costituirsi come risorsa essenziale nella progettazione e realizzazione di interventi di reinserimento, nella promozione di reti di servizi in grado di fornire risposte integrate alle istanze dei dimittendi e nella sensibilizzazione della comunità rispetto all’importanza e alla necessità di diventare una società maggiorente inclusiva.
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