Le microplastiche rappresentano una tematica ampiamente dibattuta negli ultimi anni in quanto costituiscono una delle fonti di inquinamento ambientale più diffusa e invasiva di tutto il pianeta: questo fatto è stato reso evidente dal ritrovamento di frammenti in plastica anche nelle isolate regioni dell’Antartide. Viene generalmente definito microplastiche l’insieme di frammenti in plastica con dimensioni inferiori a 5mm; possono essere distinte in microplastiche primarie, sintetizzate per funzioni specifiche e utilizzate in prodotti industriali o per la cura personale, e microplastiche secondarie, che hanno origine dalla graduale frammentazione delle primarie in ambiente marino. La presenza di frammenti sintetici, dispersi sia nelle acque sia sulla terraferma, definisce una costante minaccia per la componente biotica di un ecosistema marino: in base al polimero di cui sono composti, i rifiuti in plastica possono persistere nell’ambiente marino fino a centinaia o migliaia di anni. L’inquinamento di origine antropica contribuisce ai cambiamenti ambientali indotti dalla variazione delle condizioni climatiche, conducendo a effetti negativi sulla salute degli organismi viventi: per determinare l’impatto delle nano- e microplastiche sugli organismi antartici è necessario avere una visione globale di questi eventi sui futuri cambiamenti climatici e ambientali che coinvolgono non solo questo territorio ma tutto il pianeta. Negli ultimi anni sono state effettuate numerose spedizioni scientifiche con il fine di determinare l’occorrenza di microplastiche in campioni biologici prelevati da diverse aree antartiche. Le loro dimensioni ridotte e l’ampia diffusione hanno reso particelle di origine antropica facilmente accessibili a un vasto range di organismi viventi dell’ambiente marino. Per questa ragione, ricerche scientifiche recenti sono state focalizzate anche sull’impiego di campioni biologici nei loro studi: in Antartide, ad esempio, sono stati analizzati esemplari di krill antartico (Euphausia superba) e alcune specie autoctone di pinguino, come i pinguini gentoo (Pygoscelis papua), con il fine di determinare eventuali effetti biologici che sostanze estremamente invasive come le microplastiche potrebbero avere su questi organismi. I frammenti in plastica sono classificati in categorie differenti in relazione al polimero costituente e le tre classi predominanti sono quelle dei polimeri di poliestere (PET), polipropilene polipropene (PP) e polietilene (PE). È stata definita un’ulteriore classificazione delle microplastiche collezionate in relazione alla loro morfologia: si distinguono in fibre o forme lineari, in morfologie granulari, in frammenti o in film; per quanto concerne la colorazione, la maggior parte dei frammenti sintetici è risultata trasparente/traslucida, seguita dalla colorazione in blu o in nero. In Antartide la presenza di attività umane impatta in maniera limitata sull’ecosistema locale; la concentrazione più elevata di microplastiche finora è stata rilevata nella regione della Penisola Antartica. Per poter chiarire i possibili rischi biologici delle microplastiche in questo territorio è necessario che le ricerche future abbiano procedure standardizzate di campionamento e metodi di laboratorio universali; è essenziale che si focalizzino la loro sulle specie chiave del continente specificando le eventuali fonti di contaminazione nella catena alimentare permettendo di delineare i rischi di tossicità che potrebbero rappresentare.
Microplastiche in Antartide: origine, composizione, distribuzione e possibili rischi ecologici
PIATTI, LETIZIA
2022/2023
Abstract
Le microplastiche rappresentano una tematica ampiamente dibattuta negli ultimi anni in quanto costituiscono una delle fonti di inquinamento ambientale più diffusa e invasiva di tutto il pianeta: questo fatto è stato reso evidente dal ritrovamento di frammenti in plastica anche nelle isolate regioni dell’Antartide. Viene generalmente definito microplastiche l’insieme di frammenti in plastica con dimensioni inferiori a 5mm; possono essere distinte in microplastiche primarie, sintetizzate per funzioni specifiche e utilizzate in prodotti industriali o per la cura personale, e microplastiche secondarie, che hanno origine dalla graduale frammentazione delle primarie in ambiente marino. La presenza di frammenti sintetici, dispersi sia nelle acque sia sulla terraferma, definisce una costante minaccia per la componente biotica di un ecosistema marino: in base al polimero di cui sono composti, i rifiuti in plastica possono persistere nell’ambiente marino fino a centinaia o migliaia di anni. L’inquinamento di origine antropica contribuisce ai cambiamenti ambientali indotti dalla variazione delle condizioni climatiche, conducendo a effetti negativi sulla salute degli organismi viventi: per determinare l’impatto delle nano- e microplastiche sugli organismi antartici è necessario avere una visione globale di questi eventi sui futuri cambiamenti climatici e ambientali che coinvolgono non solo questo territorio ma tutto il pianeta. Negli ultimi anni sono state effettuate numerose spedizioni scientifiche con il fine di determinare l’occorrenza di microplastiche in campioni biologici prelevati da diverse aree antartiche. Le loro dimensioni ridotte e l’ampia diffusione hanno reso particelle di origine antropica facilmente accessibili a un vasto range di organismi viventi dell’ambiente marino. Per questa ragione, ricerche scientifiche recenti sono state focalizzate anche sull’impiego di campioni biologici nei loro studi: in Antartide, ad esempio, sono stati analizzati esemplari di krill antartico (Euphausia superba) e alcune specie autoctone di pinguino, come i pinguini gentoo (Pygoscelis papua), con il fine di determinare eventuali effetti biologici che sostanze estremamente invasive come le microplastiche potrebbero avere su questi organismi. I frammenti in plastica sono classificati in categorie differenti in relazione al polimero costituente e le tre classi predominanti sono quelle dei polimeri di poliestere (PET), polipropilene polipropene (PP) e polietilene (PE). È stata definita un’ulteriore classificazione delle microplastiche collezionate in relazione alla loro morfologia: si distinguono in fibre o forme lineari, in morfologie granulari, in frammenti o in film; per quanto concerne la colorazione, la maggior parte dei frammenti sintetici è risultata trasparente/traslucida, seguita dalla colorazione in blu o in nero. In Antartide la presenza di attività umane impatta in maniera limitata sull’ecosistema locale; la concentrazione più elevata di microplastiche finora è stata rilevata nella regione della Penisola Antartica. Per poter chiarire i possibili rischi biologici delle microplastiche in questo territorio è necessario che le ricerche future abbiano procedure standardizzate di campionamento e metodi di laboratorio universali; è essenziale che si focalizzino la loro sulle specie chiave del continente specificando le eventuali fonti di contaminazione nella catena alimentare permettendo di delineare i rischi di tossicità che potrebbero rappresentare.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
959813_elaboratopiattifinale.pdf
non disponibili
Tipologia:
Altro materiale allegato
Dimensione
926.38 kB
Formato
Adobe PDF
|
926.38 kB | Adobe PDF |
Se sei interessato/a a consultare l'elaborato, vai nella sezione Home in alto a destra, dove troverai le informazioni su come richiederlo. I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14240/151339