Titolo - Licheni tintori: indagini per un database italiano e su macrolicheni del territorio dell’Abbazia della Novalesa (Torino) Le oltre 15000 specie di licheni conosciute producono più di 1000 differenti metaboliti secondari, che conferiscono loro una peculiare capacità adattativa rispetto a molteplici stress ambientali. Tolleranza degli stress ossidativi legati ai continui cicli di idratazione e disidratazione dei talli, protezione rispetto ad un eccessivo irraggiamento solare, in particolare rispetto all’UV, omeostasi dei metalli, interazioni allelopatiche sono solo alcune delle caratteristiche correlate alla produzione di metaboliti secondari da parte dei funghi lichenizzati, in buona parte prodotti esclusivamente proprio da questi organismi attraverso le vie dell’acetile-polimalonile, dell’acido shikimico e dell’acido mevalonico. Oltre che per queste funzioni ecologiche, tuttavia, tali ‘sostanze licheniche’ suscitano particolare interesse per ricadute applicative fiorite fin dall’antichità in ogni regione del pianeta e che ancora si rinnovano nelle crescenti attività di ricerca in ambito farmaceutico. Accanto ad interessi in ambito alimentare/gastronomico, per l’industria profumiera e per le arti decorative, i licheni hanno per lungo tempo rappresentato una risorsa per l’attività tintoria. In questo ambito, studi recenti hanno esplorato quali licheni siano stati in particolare sorgente di colore, fin dall’età medioevale, per manoscritti decorati, fra cui i libri purpurei. In particolare, sostanze licheniche quali l’acido giroforico e l’acido lecanorico erano utilizzate per la produzione dell’oricello, pigmento utilizzabile per il colore porpora, e molte altre per altri colori. Comprendere con analisi dirette sui manoscritti quali specie siano state utilizzate come sorgente dei metaboliti fornirebbe supporto nel comprendere le origini delle opere e gli scambi dell’epoca. Questo potrebbe essere possibile perché ogni specie contiene spesso un complesso set di metaboliti, anche al di là di quelli principalmente responsabili della tintura, che potrebbero lasciare traccia anche a seguito delle diverse e articolate procedure di produzione dei liquidi tintori. In questo senso, indagini sono già state condotte con buoni esiti, ma, soprattutto rispetto all’Italia, manca un quadro d’insieme di quali specie licheniche abbiano potuto rappresentare in passato una risorsa tintoria accanto a poche specie più note. In questo contesto, il presente lavoro di tesi ha valutato quali dei 143 taxa indicati come tintori nella letteratura internazionale siano anche presenti in Italia, in riferimento al database dei licheni italiani ITALIC 7.0 e quali siano i loro metaboliti. È stato così compilato un dataset di 86 specie, cui sono stati aggiunti, per alcuni generi più rappresentativi, altri 32 taxa con un contenuto metabolico sovrapponibile, così ampliando il quadro delle possibili entità di potenziale utilizzo. I dati raccolti sono stati valutati rispetto a forme e substrati di crescita delle specie, distribuzione altitudinale e regionale e colori ottenibili. Il dataset prodotto è stato quindi adottato per valutare quali specie licheniche possano aver rivestito interesse tintorio nel territorio dell’Abbazia di Novalesa (Torino), sede in passato di attività amanuense. Un nucleo di 6 specie (Cetraria islandica, Cladonia rangiformis, Dermatocarpon miniatum, Flavoparmelia caperata, Umbilicaria vellea, Xanthoparmelia stenophylla) è stato oggetto di raccolta
Licheni tintori: indagini per un database italiano e su macrolicheni del territorio dell'Abbazia della Novalesa (Torino)
GIORS, IRMA
2022/2023
Abstract
Titolo - Licheni tintori: indagini per un database italiano e su macrolicheni del territorio dell’Abbazia della Novalesa (Torino) Le oltre 15000 specie di licheni conosciute producono più di 1000 differenti metaboliti secondari, che conferiscono loro una peculiare capacità adattativa rispetto a molteplici stress ambientali. Tolleranza degli stress ossidativi legati ai continui cicli di idratazione e disidratazione dei talli, protezione rispetto ad un eccessivo irraggiamento solare, in particolare rispetto all’UV, omeostasi dei metalli, interazioni allelopatiche sono solo alcune delle caratteristiche correlate alla produzione di metaboliti secondari da parte dei funghi lichenizzati, in buona parte prodotti esclusivamente proprio da questi organismi attraverso le vie dell’acetile-polimalonile, dell’acido shikimico e dell’acido mevalonico. Oltre che per queste funzioni ecologiche, tuttavia, tali ‘sostanze licheniche’ suscitano particolare interesse per ricadute applicative fiorite fin dall’antichità in ogni regione del pianeta e che ancora si rinnovano nelle crescenti attività di ricerca in ambito farmaceutico. Accanto ad interessi in ambito alimentare/gastronomico, per l’industria profumiera e per le arti decorative, i licheni hanno per lungo tempo rappresentato una risorsa per l’attività tintoria. In questo ambito, studi recenti hanno esplorato quali licheni siano stati in particolare sorgente di colore, fin dall’età medioevale, per manoscritti decorati, fra cui i libri purpurei. In particolare, sostanze licheniche quali l’acido giroforico e l’acido lecanorico erano utilizzate per la produzione dell’oricello, pigmento utilizzabile per il colore porpora, e molte altre per altri colori. Comprendere con analisi dirette sui manoscritti quali specie siano state utilizzate come sorgente dei metaboliti fornirebbe supporto nel comprendere le origini delle opere e gli scambi dell’epoca. Questo potrebbe essere possibile perché ogni specie contiene spesso un complesso set di metaboliti, anche al di là di quelli principalmente responsabili della tintura, che potrebbero lasciare traccia anche a seguito delle diverse e articolate procedure di produzione dei liquidi tintori. In questo senso, indagini sono già state condotte con buoni esiti, ma, soprattutto rispetto all’Italia, manca un quadro d’insieme di quali specie licheniche abbiano potuto rappresentare in passato una risorsa tintoria accanto a poche specie più note. In questo contesto, il presente lavoro di tesi ha valutato quali dei 143 taxa indicati come tintori nella letteratura internazionale siano anche presenti in Italia, in riferimento al database dei licheni italiani ITALIC 7.0 e quali siano i loro metaboliti. È stato così compilato un dataset di 86 specie, cui sono stati aggiunti, per alcuni generi più rappresentativi, altri 32 taxa con un contenuto metabolico sovrapponibile, così ampliando il quadro delle possibili entità di potenziale utilizzo. I dati raccolti sono stati valutati rispetto a forme e substrati di crescita delle specie, distribuzione altitudinale e regionale e colori ottenibili. Il dataset prodotto è stato quindi adottato per valutare quali specie licheniche possano aver rivestito interesse tintorio nel territorio dell’Abbazia di Novalesa (Torino), sede in passato di attività amanuense. Un nucleo di 6 specie (Cetraria islandica, Cladonia rangiformis, Dermatocarpon miniatum, Flavoparmelia caperata, Umbilicaria vellea, Xanthoparmelia stenophylla) è stato oggetto di raccoltaFile | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/151276