L'uso delle piante per il trattamento di malattie, per il mantenimento dell'organismo in buono stato di salute, a scopo culinario e cosmetico sono delle attività che l'uomo pratica da millenni. Nelle regioni tropicali del sud America c'è un interesse nell'uso di piante appartenenti alla famiglia delle Rubiaceae, popolarmente note come china (Cinchona spp). Queste sono state estremamente importanti nella storia e sono state usate da molti gruppi di persone, sia nativi che coloni. Verso la metà del 1600 le piante di china vennero importate negli ambienti europei e successivamente si intraprese la coltivazione. Le cortecce degli alberi di china, che erano distinte in varie qualità a seconda del colore, divennero la principale cura contro le febbri malariche. Nel 1820 due chimici francesi sottoposero la droga all'estrazione di chinina e chinidina, i due alcaloidi più attivi e più abbondanti nelle cortecce. La letteratura scientifica riporta numerose applicazioni della china, in particolare nel trattamento della malaria, di problemi cardiovascolari e nel trattamento dei crampi muscolari, di cui oggi però sono messe in dubbio l'efficacia e la sicurezza. Dall'importazione della droga in Europa e negli anni a seguire la corteccia di china non solo era sfruttata in campo farmaceutico grazie alle proprietà che via via si stavano scoprendo, ma acquisì un ruolo importante anche nell'industria liquoristica. In Piemonte, nella seconda metà del 1800, venne prodotto per la prima volta il Barolo Chinato. La china ha dunque alle spalle una lunga storia che la vede protagonista, negli stessi anni, di due mondi contrapposti tra di loro: quello farmaceutico e quello enogastronomico. Alla base di questa tesi vi è l'analisi della corteccia di china dal punto di vista dell'identità, degli impieghi e delle evidenze scientifiche basate sulla letteratura scientifica esistente.
Corteccia di china: dall'utilizzo farmaceutico a quello enogastronomico
CONTRATTO, MARTA
2018/2019
Abstract
L'uso delle piante per il trattamento di malattie, per il mantenimento dell'organismo in buono stato di salute, a scopo culinario e cosmetico sono delle attività che l'uomo pratica da millenni. Nelle regioni tropicali del sud America c'è un interesse nell'uso di piante appartenenti alla famiglia delle Rubiaceae, popolarmente note come china (Cinchona spp). Queste sono state estremamente importanti nella storia e sono state usate da molti gruppi di persone, sia nativi che coloni. Verso la metà del 1600 le piante di china vennero importate negli ambienti europei e successivamente si intraprese la coltivazione. Le cortecce degli alberi di china, che erano distinte in varie qualità a seconda del colore, divennero la principale cura contro le febbri malariche. Nel 1820 due chimici francesi sottoposero la droga all'estrazione di chinina e chinidina, i due alcaloidi più attivi e più abbondanti nelle cortecce. La letteratura scientifica riporta numerose applicazioni della china, in particolare nel trattamento della malaria, di problemi cardiovascolari e nel trattamento dei crampi muscolari, di cui oggi però sono messe in dubbio l'efficacia e la sicurezza. Dall'importazione della droga in Europa e negli anni a seguire la corteccia di china non solo era sfruttata in campo farmaceutico grazie alle proprietà che via via si stavano scoprendo, ma acquisì un ruolo importante anche nell'industria liquoristica. In Piemonte, nella seconda metà del 1800, venne prodotto per la prima volta il Barolo Chinato. La china ha dunque alle spalle una lunga storia che la vede protagonista, negli stessi anni, di due mondi contrapposti tra di loro: quello farmaceutico e quello enogastronomico. Alla base di questa tesi vi è l'analisi della corteccia di china dal punto di vista dell'identità, degli impieghi e delle evidenze scientifiche basate sulla letteratura scientifica esistente.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/151272