In the current context, talking about work and social inclusion represents a complex challenge. We live in a critical phase for the development of society, characterized by a widespread impoverishment of the middle class, new poverties for the popular classes, the emptying of forms of sociality and the disintegration of social ties. Talking about inclusion means bringing attention back to some fundamental concepts: equality, justice, solidarity and cooperation. For a long time there was a focus on diversity, forgetting that before being different we are also similar as Rousseau (1782) stated: the other is another me, different from me. The other is like me, works like me, feels like me, feels emotions like me, has the right to the same dignity like me but is different from me and as such must be recognized. The word equality must be understood as that feeling that allows the recognition of the other outside and inside me in such a way as to be able to build a relationship based on cooperation, where everyone's existence is recognized, needs and abilities are respected different. This type of feeling is learned through exchange, mutual help, from family experience to school passing through social life in the neighborhood; the feeling of equality and the consequent recognition of differences lies within the cooperative conception of the organization of social life. As F. Engles and K. Marx affirmed “equality is the consciousness that man has of himself in the element of praxis, that is, the consciousness that man has of the other man as a being equal to him; and it is the behavior of man towards another man as towards an equal being. (1967). The inability to be able to recognize in others human beings with equal sentiments and with their dignity leads to the development of visions based on We and They which imply the production of new lacerations, new injustices and inequalities which deny the underlying principles of the Universal Declaration of man and citizen. It is complex to reconstruct the path of dignity and autonomy of the person who has fallen into the cycle of exclusion, it is a question of a material, psychological, mental nature. This process is possible when there is also a recognition, a re-evaluation of oneself as a human being and as a subject with citizenship rights. To talk about inclusion we can start from the definition given by Jurgen Habernas: “Inclusion does not mean assimilatory hoarding, nor closure against the different. Inclusion of the other rather means that the boundaries of the community are open to all: also, and above all, to those who are strangers to each other or who wish to remain strangers” (1998). Inclusion practices aim to guarantee equality of opportunities or the protection for people to be able to implement their ability to act and their rights. In order to understand how these practices are realized we can use the ecological approach of human development by Urie Bronfenbrenner. This approach, he states that the set of social interactions takes place at different levels: macro level (social policies at national level), meso level (regional policies) and the micro level (local territory where the practice takes place). Inclusion therefore takes place within local social intervention systems that favor the growth and recovery of dignity through educational, rehabilitative and therapeutic pathways that aim at the recovery of autonomy and taking charge of oneself.
Nel contesto attuale parlare di inclusione lavorativa e sociale rappresenta una sfida complessa. Viviamo in una fase critica per lo sviluppo della società, caratterizzata da un impoverimento diffuso del ceto medio, nuove povertà per i ceti popolari, svuotamento delle forme di socialità e disgregazione dei legami sociali. Parlare di inclusione significare riportare l’attenzione verso alcuni concetti fondamentali: eguaglianza, giustizia, solidarietà e cooperazione. Per un lungo periodo ci si è concentrati sulla diversità dimenticando che prima di essere diversi siamo anche simili come affermava Rousseau (1782) l’altro è un altro io, diverso da me. L’altro è come me, funziona come me, sente come me, prova emozioni come me, ha diritto come me alla stessa dignità ma è diverso da me e in quanto tale va riconosciuto. La parola eguaglianza deve essere intesa come quel sentimento che permette il riconoscimento dell’altro al di fuori e dentro di me in modo tale da riuscire a costruire una relazione basata sulla cooperazione, dove vengono riconosciute le esistenze di ognuno, rispettati i bisogni e le capacità diverse. Questo tipo di sentimento s’impara tramite lo scambio, l’aiuto-reciproco, dall’esperienza familiare a quella scolastica passando per la vita sociale nel quartiere; il sentimento dell’eguaglianza e del conseguente riconoscimento delle differenze sta dentro la concezione cooperativa dell’organizzazione della vita sociale. Come affermavano F. Engles e K. Marx “l’eguaglianza è la coscienza che l’uomo ha di sé stesso nell’elemento della prassi, cioè la coscienza che l’uomo ha dell’altro uomo in quanto un essere eguale a lui; ed è il comportamento dell’uomo verso un altro uomo come verso un essere eguale.” (1967). L’incapacità di riuscire a riconoscere negli altri degli esseri umani con eguali sentimenti e con una loro dignità porta allo sviluppo di visioni basate sul Noi e Loro che implicano la produzione di nuove lacerazioni, nuove ingiustizie e diseguaglianze che negano i principi che stanno alla base della Dichiarazione universale dell’uomo e del cittadino. È complesso ricostruire il percorso della dignità e dell’autonomia della persona che è precipitata nel ciclo dell’esclusione, si tratta di una questione di natura materiale, psicologica, mentale. Questo processo è possibile quando avviene anche un riconoscimento, una rivalorizzazione di sé come essere umano e come soggetto portatore di diritti di cittadinanza. Per parlare di inclusione possiamo partire dalla definizione data da Jurgen Habernas: “Inclusione non significa accaparramento assimilatorio, né chiusura contro il diverso. Inclusione dell’altro significa piuttosto che i confini della comunità sono aperti a tutti: anche, e soprattutto, a coloro che sono reciprocamente estranei o che estranei vogliono rimanere” (1998). Le pratiche d’inclusione hanno l’obiettivo di garantire l’eguaglianza delle opportunità ovvero la tutela per le persone poter attuare la propria capacità di agire e i propri diritti. Per poter comprendere come queste pratiche si realizzano possiamo utilizzare l’approccio ecologico dello sviluppo umano di Urie Bronfenbrenner. Tale approccio, afferma che l’insieme delle interazioni sociali avviene a diversi livelli: livello macro (politiche sociali a livello nazionale), livello meso (politiche regionali) e il livello micro (territorio locale dove si svolge la pratica). L’inclusione quindi si realizza all’interno di sistemi d’intervento sociali locali che favoriscan
L’inclusione sociale e lavorativa di soggetti fragili.
VASTOLA, FABIANA
2022/2023
Abstract
Nel contesto attuale parlare di inclusione lavorativa e sociale rappresenta una sfida complessa. Viviamo in una fase critica per lo sviluppo della società, caratterizzata da un impoverimento diffuso del ceto medio, nuove povertà per i ceti popolari, svuotamento delle forme di socialità e disgregazione dei legami sociali. Parlare di inclusione significare riportare l’attenzione verso alcuni concetti fondamentali: eguaglianza, giustizia, solidarietà e cooperazione. Per un lungo periodo ci si è concentrati sulla diversità dimenticando che prima di essere diversi siamo anche simili come affermava Rousseau (1782) l’altro è un altro io, diverso da me. L’altro è come me, funziona come me, sente come me, prova emozioni come me, ha diritto come me alla stessa dignità ma è diverso da me e in quanto tale va riconosciuto. La parola eguaglianza deve essere intesa come quel sentimento che permette il riconoscimento dell’altro al di fuori e dentro di me in modo tale da riuscire a costruire una relazione basata sulla cooperazione, dove vengono riconosciute le esistenze di ognuno, rispettati i bisogni e le capacità diverse. Questo tipo di sentimento s’impara tramite lo scambio, l’aiuto-reciproco, dall’esperienza familiare a quella scolastica passando per la vita sociale nel quartiere; il sentimento dell’eguaglianza e del conseguente riconoscimento delle differenze sta dentro la concezione cooperativa dell’organizzazione della vita sociale. Come affermavano F. Engles e K. Marx “l’eguaglianza è la coscienza che l’uomo ha di sé stesso nell’elemento della prassi, cioè la coscienza che l’uomo ha dell’altro uomo in quanto un essere eguale a lui; ed è il comportamento dell’uomo verso un altro uomo come verso un essere eguale.” (1967). L’incapacità di riuscire a riconoscere negli altri degli esseri umani con eguali sentimenti e con una loro dignità porta allo sviluppo di visioni basate sul Noi e Loro che implicano la produzione di nuove lacerazioni, nuove ingiustizie e diseguaglianze che negano i principi che stanno alla base della Dichiarazione universale dell’uomo e del cittadino. È complesso ricostruire il percorso della dignità e dell’autonomia della persona che è precipitata nel ciclo dell’esclusione, si tratta di una questione di natura materiale, psicologica, mentale. Questo processo è possibile quando avviene anche un riconoscimento, una rivalorizzazione di sé come essere umano e come soggetto portatore di diritti di cittadinanza. Per parlare di inclusione possiamo partire dalla definizione data da Jurgen Habernas: “Inclusione non significa accaparramento assimilatorio, né chiusura contro il diverso. Inclusione dell’altro significa piuttosto che i confini della comunità sono aperti a tutti: anche, e soprattutto, a coloro che sono reciprocamente estranei o che estranei vogliono rimanere” (1998). Le pratiche d’inclusione hanno l’obiettivo di garantire l’eguaglianza delle opportunità ovvero la tutela per le persone poter attuare la propria capacità di agire e i propri diritti. Per poter comprendere come queste pratiche si realizzano possiamo utilizzare l’approccio ecologico dello sviluppo umano di Urie Bronfenbrenner. Tale approccio, afferma che l’insieme delle interazioni sociali avviene a diversi livelli: livello macro (politiche sociali a livello nazionale), livello meso (politiche regionali) e il livello micro (territorio locale dove si svolge la pratica). L’inclusione quindi si realizza all’interno di sistemi d’intervento sociali locali che favoriscanI documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14240/151207