Con la conquista del Nuovo Mondo, e la separazione dalla Corona inglese, il popolo americano sente sempre di più l'esigenza di costruirsi una propria mitologia nazionale che si distacchi da quella presente nel Vecchio Continente. Il mito nazionale per eccellenza, condiviso da tutti i critici, sembra essere quello dell'Adamo Americano, analizzato a lungo da R. W. B Lewis nel 1955. Al centro di questo mito troviamo la figura di un uomo, Adamo, che si configura come un eroe in grado di muoversi liberamente nel Nuovo Mondo e nella storia, completamente distaccato e libero, che può essere rivisto in molti dei più grandi scrittori americani Questa costruzione mitica è caratterizzata da forti limiti e stereotipi, tra cui l'assenza di Eva, che viene menzionata brevemente, limitata alla funzione di compagna e strumento di emancipazione di Adamo e in più tutta una serie di caratteristiche stereotipiche maschili limitanti. Prima di avere dei riscontri e delle analisi sulla figura di Eva dobbiamo aspettare fino agli anni ottanta del novecento, con Annette Kolodny e il suo saggio The Land Before Her: Fantasy and Experience of the American Frontiers 1630-1860, un compendio di immagini e fantasie sulla frontiera dal punto di vista completamente femminile, che non comprende solo materiale di tipo letterario, ma si estende anche a lettere e diari. Nonostante le ottime premesse anche questo saggio presenta alcuni limiti, in particolare la costruzione in toto, che si pone in continua opposizione rispetto all'Adamo americano, sottolineando ed evidenziando continuamente il binarismo di genere, che relega inevitabilmente Eva alla figura mite e delicata, legata alla domesticità e al marito, senza contestarne l'immagine, ma anzi esaltandola. Il potere della mitologia è quello di pervadere le menti delle persone, cristallizzandosi e generando una serie di comportamenti e tendenze caratteriali che in questo caso si legano indissolubilmente ad un determinato genere, che pur evolvendosi nel tempo mantengono e protraggono nel futuro. Il mio intento è quello di proporre una narrazione che invece si interroga sulla questione del genere: The Left Hand of Darkness di Ursula K. Le Guin, si presta perfettamente, in quanto è un romanzo di science fiction al cui centro ruota la storia dell'esplorazione di un pianeta in cui la connotazione di genere non esiste. Il genere della science fiction si presta perfettamente alle speculazioni sul futuro, tra l'utopia e la distopia, che in questo testo si configura come un interessante esperimento di pensiero, una profonda analisi sull'esistenza degli esseri umani. Il testo di Le Guin è ancora discusso nei giorni nostri e nonostante anch'esso abbia qualche limitazione si verifica comunque come un ottima narrazione speculativa. In conclusione, non è ancora finito il tempo di esplorazione e sperimentazione sulle questioni sul genere, c'è ancora molto di cui discutere e ancora molto da sradicare. Molto interessante è il mito del cyborg di Donna Haraway, che sembra essere la possibile soluzione per la liberazione dagli stereotipi di genere, e che resta ancora molto rilevante per la contemporaneità, e dunque, se proprio non si riesce ad uscire dalle narrazioni mitiche questa è la migliore alternativa che abbiamo ad oggi, su cui si potrebbe ancora discutere e ampliare le argomentazioni.

Esperimenti sul genere. Ursula K. Le Guin oltre il binarismo dei miti americani

MANGIONE, MIRYEA ANTONIETTA
2022/2023

Abstract

Con la conquista del Nuovo Mondo, e la separazione dalla Corona inglese, il popolo americano sente sempre di più l'esigenza di costruirsi una propria mitologia nazionale che si distacchi da quella presente nel Vecchio Continente. Il mito nazionale per eccellenza, condiviso da tutti i critici, sembra essere quello dell'Adamo Americano, analizzato a lungo da R. W. B Lewis nel 1955. Al centro di questo mito troviamo la figura di un uomo, Adamo, che si configura come un eroe in grado di muoversi liberamente nel Nuovo Mondo e nella storia, completamente distaccato e libero, che può essere rivisto in molti dei più grandi scrittori americani Questa costruzione mitica è caratterizzata da forti limiti e stereotipi, tra cui l'assenza di Eva, che viene menzionata brevemente, limitata alla funzione di compagna e strumento di emancipazione di Adamo e in più tutta una serie di caratteristiche stereotipiche maschili limitanti. Prima di avere dei riscontri e delle analisi sulla figura di Eva dobbiamo aspettare fino agli anni ottanta del novecento, con Annette Kolodny e il suo saggio The Land Before Her: Fantasy and Experience of the American Frontiers 1630-1860, un compendio di immagini e fantasie sulla frontiera dal punto di vista completamente femminile, che non comprende solo materiale di tipo letterario, ma si estende anche a lettere e diari. Nonostante le ottime premesse anche questo saggio presenta alcuni limiti, in particolare la costruzione in toto, che si pone in continua opposizione rispetto all'Adamo americano, sottolineando ed evidenziando continuamente il binarismo di genere, che relega inevitabilmente Eva alla figura mite e delicata, legata alla domesticità e al marito, senza contestarne l'immagine, ma anzi esaltandola. Il potere della mitologia è quello di pervadere le menti delle persone, cristallizzandosi e generando una serie di comportamenti e tendenze caratteriali che in questo caso si legano indissolubilmente ad un determinato genere, che pur evolvendosi nel tempo mantengono e protraggono nel futuro. Il mio intento è quello di proporre una narrazione che invece si interroga sulla questione del genere: The Left Hand of Darkness di Ursula K. Le Guin, si presta perfettamente, in quanto è un romanzo di science fiction al cui centro ruota la storia dell'esplorazione di un pianeta in cui la connotazione di genere non esiste. Il genere della science fiction si presta perfettamente alle speculazioni sul futuro, tra l'utopia e la distopia, che in questo testo si configura come un interessante esperimento di pensiero, una profonda analisi sull'esistenza degli esseri umani. Il testo di Le Guin è ancora discusso nei giorni nostri e nonostante anch'esso abbia qualche limitazione si verifica comunque come un ottima narrazione speculativa. In conclusione, non è ancora finito il tempo di esplorazione e sperimentazione sulle questioni sul genere, c'è ancora molto di cui discutere e ancora molto da sradicare. Molto interessante è il mito del cyborg di Donna Haraway, che sembra essere la possibile soluzione per la liberazione dagli stereotipi di genere, e che resta ancora molto rilevante per la contemporaneità, e dunque, se proprio non si riesce ad uscire dalle narrazioni mitiche questa è la migliore alternativa che abbiamo ad oggi, su cui si potrebbe ancora discutere e ampliare le argomentazioni.
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