Questo elaborato si pone l’obiettivo di indagare le ragioni e le modalità attraverso cui l’hip-hop sia riuscito a guadagnare un così vasto successo nel nostro paese, similmente a quanto accaduto in molte altre nazioni occidentali. Nello specifico ci si occuperà di analizzare l’assimilazione italiana di una forma musicale e culturale innovativa concepita negli Stati Uniti d’America entro un preciso confine geografico e sociale, riassumendo le tappe fondamentali che – partendo dalle prime esperienze di “traduzione” del genere in Italia – hanno permesso all’hip-hop di adattarsi progressivamente al nostro contesto discografico, beneficiando dei mutamenti tecnologici e produttivi che negli ultimi due decenni hanno coinvolto l’intero sistema produttivo in ambito culturale. Analogamente ad altre realtà musicali introdotte in Italia nel passato anche l’hip-hop è un prodotto dei sobborghi urbani statunitensi, storicamente abitati in larga parte da cittadini africano-americani appartenenti alle fasce di popolazione più svantaggiate, nato come risposta alla marginalizzazione sociale. Sebbene anche altri generi di matrice afroamericana (il soul, l’R&B, il funk, il reggae) abbiano saputo esercitare una considerevole influenza nel nostro paese, l’hip-hop sembra tuttavia essere intervenuto più in profondità, contribuendo a trasformare gli assetti produttivi dell’industria del disco e le stesse dinamiche della fruizione musicale collettiva. Nel momento in cui si prende in esame l’hip-hop come argomento di studio, ci si riferisce ad esso attenendosi alla definizione di “genere musicale” proposta da Fabbri: Un genere musicale è “un insieme di fatti musicali, reali e possibili, il cui svolgimento è governato da un insieme definito di norme socialmente accettate. La nozione di insieme, per il genere come per il suo apparato definitorio, implica che si possa parlare di sottoinsiemi come i sottogeneri, nonché di tutte le operazioni previste dalla teoria degli insiemi: in particolare un certo fatto musicale può trovarsi nell’intersezione tra due o più generi, e quindi appartenere contemporaneamente a tutti questi". Per quanto riguarda il concetto di cultura mainstream, anch’esso non semplice da circoscrivere, si considera invece l’efficace formulazione del sociologo Frédéric Martel: "La parola mainstream, di difficile traduzione, significa letteralmente dominante o relativo al grande pubblico, e viene generalmente utilizzata per un media, un programma televisivo o un prodotto culturale destinato ad una vasta platea. Il mainstream è l'opposto della controcultura, della sottocultura delle nicchie di mercato; per molti è il contrario dell’arte. Per estensione, la parola si applica anche a un'idea, un movimento o un partito politico (il mainstream), che mira a sedurre tutti". Martel mette dunque in primo piano il rapporto tra la tradizione culturale dominante e le culture “antagoniste”, rapporto allo stesso tempo conflittuale ed osmotico che caratterizza in maniera determinante la produzione artistica contemporanea in tutte le sue forme – dal cinema alla letteratura, dalla musica alla televisione fino alle arti figurative. Lo sviluppo storico del movimento hip-hop si inserisce perfettamente entro questa dialettica, riflettendo la relazione di reciproca interdipendenza tra le subculture e la mass culture tipica dell’epoca postmoderna e della contemporaneità altermoderna (secondo la categorizzazione proposta da Nicolas Bourriaud).

Dall’underground al mainstream: il caso dell’Hip-Hop in Italia

DI SPIRITO, CARLO
2023/2024

Abstract

Questo elaborato si pone l’obiettivo di indagare le ragioni e le modalità attraverso cui l’hip-hop sia riuscito a guadagnare un così vasto successo nel nostro paese, similmente a quanto accaduto in molte altre nazioni occidentali. Nello specifico ci si occuperà di analizzare l’assimilazione italiana di una forma musicale e culturale innovativa concepita negli Stati Uniti d’America entro un preciso confine geografico e sociale, riassumendo le tappe fondamentali che – partendo dalle prime esperienze di “traduzione” del genere in Italia – hanno permesso all’hip-hop di adattarsi progressivamente al nostro contesto discografico, beneficiando dei mutamenti tecnologici e produttivi che negli ultimi due decenni hanno coinvolto l’intero sistema produttivo in ambito culturale. Analogamente ad altre realtà musicali introdotte in Italia nel passato anche l’hip-hop è un prodotto dei sobborghi urbani statunitensi, storicamente abitati in larga parte da cittadini africano-americani appartenenti alle fasce di popolazione più svantaggiate, nato come risposta alla marginalizzazione sociale. Sebbene anche altri generi di matrice afroamericana (il soul, l’R&B, il funk, il reggae) abbiano saputo esercitare una considerevole influenza nel nostro paese, l’hip-hop sembra tuttavia essere intervenuto più in profondità, contribuendo a trasformare gli assetti produttivi dell’industria del disco e le stesse dinamiche della fruizione musicale collettiva. Nel momento in cui si prende in esame l’hip-hop come argomento di studio, ci si riferisce ad esso attenendosi alla definizione di “genere musicale” proposta da Fabbri: Un genere musicale è “un insieme di fatti musicali, reali e possibili, il cui svolgimento è governato da un insieme definito di norme socialmente accettate. La nozione di insieme, per il genere come per il suo apparato definitorio, implica che si possa parlare di sottoinsiemi come i sottogeneri, nonché di tutte le operazioni previste dalla teoria degli insiemi: in particolare un certo fatto musicale può trovarsi nell’intersezione tra due o più generi, e quindi appartenere contemporaneamente a tutti questi". Per quanto riguarda il concetto di cultura mainstream, anch’esso non semplice da circoscrivere, si considera invece l’efficace formulazione del sociologo Frédéric Martel: "La parola mainstream, di difficile traduzione, significa letteralmente dominante o relativo al grande pubblico, e viene generalmente utilizzata per un media, un programma televisivo o un prodotto culturale destinato ad una vasta platea. Il mainstream è l'opposto della controcultura, della sottocultura delle nicchie di mercato; per molti è il contrario dell’arte. Per estensione, la parola si applica anche a un'idea, un movimento o un partito politico (il mainstream), che mira a sedurre tutti". Martel mette dunque in primo piano il rapporto tra la tradizione culturale dominante e le culture “antagoniste”, rapporto allo stesso tempo conflittuale ed osmotico che caratterizza in maniera determinante la produzione artistica contemporanea in tutte le sue forme – dal cinema alla letteratura, dalla musica alla televisione fino alle arti figurative. Lo sviluppo storico del movimento hip-hop si inserisce perfettamente entro questa dialettica, riflettendo la relazione di reciproca interdipendenza tra le subculture e la mass culture tipica dell’epoca postmoderna e della contemporaneità altermoderna (secondo la categorizzazione proposta da Nicolas Bourriaud).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/151076