L’oggetto di questa relazione finale è l’approfondimento di alcuni aspetti che ci permettono di consolidare le conoscenze dell’odore di ridotto che compare nel mosto e nel vino. Un ruolo preminente è svolto dallo zolfo e dai suoi composti. Si tratta di sostanze che, nella maggior parte dei casi, appartengono alla categoria dei mercaptani. Sono quasi tutti volatili e si caratterizzano per una bassa soglia di percezione, ovvero è possibile rilevare la loro presenza olfattiva anche quando sono presenti in basse concentrazioni. Alcuni anni fa è stata operata una suddivisione in composti con una temperatura di ebollizione inferiore e superiore al livello soglia di 90 °C. Tra le sostanze con un basso punto di ebollizione risultavano l’Acido Solfidrico, il Metantiolo e l’Etantiolo, tra quelle alto bollenti il Metionolo. Tutte si riconoscono olfattivamente perché sviluppano odori sgradevoli, come quelli di uova marce, verdura deteriorata, cavoli e gas naturali. È noto che il 10% dei composti volatili presenti in soluzioni alimentari derivate da frutta e verdura sono sostanze solforate. Non tutti i mercaptani si distinguono per appartenere alla categoria dei composti capaci di generare odori di alterazione olfattiva. Ve ne sono alcuni che esprimono sentori decisamente positivi. Si tratta di sostanze come il 4-mercapto-4-metilpentano-2-one (4MMP) che sviluppano una tipicità organolettica che sovrasta gli aromi derivati dalla fermentazione alcolica. Il 4MMP rientra nella categoria degli aromi varietali. In seconda istanza, ho cercato di descrivere le vie metaboliche all’interno del lievito Saccharomyces cerevisiae che, dai composti solforati inorganici come i solfati presenti nell’ambiente extracellulare, conducono alla sintesi dei solfuri. Questi ultimi sono importanti perché reagendo con i composti derivati dal metabolismo intracellulare degli amminoacidi, formano gli amminoacidi solforati (Cisteina e Metionina) necessari per la crescita della popolazione dei lieviti, soprattutto durante le prime fasi della fermentazione alcolica. Qualora non vi fosse, in questa fase iniziale, un’adeguata integrazione con composti azotati, il lievito non sarebbe capace di formare gli amminoacidi solforati e l’Acido Solfidrico, sintetizzato in eccesso, sarebbe secreto nel mosto consolidando il rischio di sviluppare odori di ridotto. Il lievito stesso è in grado di produrre variabili quantità di solfuri, ma è anche noto come tracce di composti a base di zolfo siano presenti nelle uve quali residui di trattamenti fitosanitari nei vigneti. Sono composti persistenti e non completamente dilavabili dalla superficie della bacca che si trasferiscono nel succo già nelle prime fasi della pigiatura. A partire dagli anni 90 del secolo scorso furono realizzati degli studi in cui si cercava di potenziare la concentrazione delle sostanze in grado di incrementare gli aromi varietali. Nella bacca gli aromi varietali di tipo tiolico sono legati in maniera stabile a sostanze come la Cisteina e il Glutatione. Poiché l’enzima carbonio zolfo liasi, presente nei lieviti, è in grado di scindere questi legami, un suo potenziamento si riteneva che fosse capace di aumentare la concentrazione di questi composti qualitativamente interessanti per il vino. Senza interventi sui geni responsabili della trascrizione dell’enzima, si osservò, in condizioni normali, una certa variabilità tra i ceppi di S. cerevisiae, ma risultati soddisfacenti si ebbero con l’impiego del lievito Saccharomyces baya

Presenza di composti solforati volatili nel vino e impatto sensoriale

BOSCHETTI, ALDO
2021/2022

Abstract

L’oggetto di questa relazione finale è l’approfondimento di alcuni aspetti che ci permettono di consolidare le conoscenze dell’odore di ridotto che compare nel mosto e nel vino. Un ruolo preminente è svolto dallo zolfo e dai suoi composti. Si tratta di sostanze che, nella maggior parte dei casi, appartengono alla categoria dei mercaptani. Sono quasi tutti volatili e si caratterizzano per una bassa soglia di percezione, ovvero è possibile rilevare la loro presenza olfattiva anche quando sono presenti in basse concentrazioni. Alcuni anni fa è stata operata una suddivisione in composti con una temperatura di ebollizione inferiore e superiore al livello soglia di 90 °C. Tra le sostanze con un basso punto di ebollizione risultavano l’Acido Solfidrico, il Metantiolo e l’Etantiolo, tra quelle alto bollenti il Metionolo. Tutte si riconoscono olfattivamente perché sviluppano odori sgradevoli, come quelli di uova marce, verdura deteriorata, cavoli e gas naturali. È noto che il 10% dei composti volatili presenti in soluzioni alimentari derivate da frutta e verdura sono sostanze solforate. Non tutti i mercaptani si distinguono per appartenere alla categoria dei composti capaci di generare odori di alterazione olfattiva. Ve ne sono alcuni che esprimono sentori decisamente positivi. Si tratta di sostanze come il 4-mercapto-4-metilpentano-2-one (4MMP) che sviluppano una tipicità organolettica che sovrasta gli aromi derivati dalla fermentazione alcolica. Il 4MMP rientra nella categoria degli aromi varietali. In seconda istanza, ho cercato di descrivere le vie metaboliche all’interno del lievito Saccharomyces cerevisiae che, dai composti solforati inorganici come i solfati presenti nell’ambiente extracellulare, conducono alla sintesi dei solfuri. Questi ultimi sono importanti perché reagendo con i composti derivati dal metabolismo intracellulare degli amminoacidi, formano gli amminoacidi solforati (Cisteina e Metionina) necessari per la crescita della popolazione dei lieviti, soprattutto durante le prime fasi della fermentazione alcolica. Qualora non vi fosse, in questa fase iniziale, un’adeguata integrazione con composti azotati, il lievito non sarebbe capace di formare gli amminoacidi solforati e l’Acido Solfidrico, sintetizzato in eccesso, sarebbe secreto nel mosto consolidando il rischio di sviluppare odori di ridotto. Il lievito stesso è in grado di produrre variabili quantità di solfuri, ma è anche noto come tracce di composti a base di zolfo siano presenti nelle uve quali residui di trattamenti fitosanitari nei vigneti. Sono composti persistenti e non completamente dilavabili dalla superficie della bacca che si trasferiscono nel succo già nelle prime fasi della pigiatura. A partire dagli anni 90 del secolo scorso furono realizzati degli studi in cui si cercava di potenziare la concentrazione delle sostanze in grado di incrementare gli aromi varietali. Nella bacca gli aromi varietali di tipo tiolico sono legati in maniera stabile a sostanze come la Cisteina e il Glutatione. Poiché l’enzima carbonio zolfo liasi, presente nei lieviti, è in grado di scindere questi legami, un suo potenziamento si riteneva che fosse capace di aumentare la concentrazione di questi composti qualitativamente interessanti per il vino. Senza interventi sui geni responsabili della trascrizione dell’enzima, si osservò, in condizioni normali, una certa variabilità tra i ceppi di S. cerevisiae, ma risultati soddisfacenti si ebbero con l’impiego del lievito Saccharomyces baya
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/150986