A partire dagli anni ’50 del secolo scorso, la produzione mondiale di plastica è cresciuta in media del 9% all’anno, raggiungendo quasi i 360 milioni di tonnellate nel 2018. Questo aumento considerevole è imputabile a diversi fattori, come la globalizzazione, l’urbanizzazione e le tendenze di mercato che puntano ad alimenti porzionati e pronti all’uso. Per evitare ripercussioni ambientali, l’Unione Europea ha emanato una direttiva apposta per limitare l’utilizzo di plastiche usa-e-getta e favorire l’utilizzo da parte delle industrie di scelte più sostenibili. L’obbiettivo di questo elaborato è quello di analizzare le attuali soluzioni presenti nel settore del confezionamento alimentare, con particolare attenzione ai polimeri in bioplastica. Questi ultimi infatti vengono spesso designati come materiale sostenibile, in grado di sostituire le plastiche tradizionali rendendo cosi le confezioni “eco-compatibili”. I risultati della ricerca hanno permesso di riscontrare come vi siano diverse categorie di bioplastiche, le quali possono essere ricavate da fonti rinnovabili o da fonti fossili. Inoltre non tutti i biopolimeri soddisfano i requisiti di biodegradabilità, oppure necessitano di particolari condizioni ambientali riscontrabili solo in compostatori industriali, rendendo questi materiali potenzialmente inquinanti se dispersi nell’ambiente. Al momento solo alcuni biopolimeri hanno trovato impiego a livello industriale, come il policaprolattone, la miscela di amidi o le bioplastiche drop-in (non biodegradabili ed ottenute da fonti rinnovabili), per la produzione di contenitori e bottiglie o come rivestimento di altri materiali, Su questa base, le scelte da adottare in materia di confezionamento al fine di rendere le confezioni dei prodotti più sostenibili richiedono un’attenzione più accurata, sia sui materiali utilizzati sia sulle dimensioni delle confezioni.
Bioplastiche: soluzione per le nuove tendenze di mercato?
SCANAVINO, MARCO
2021/2022
Abstract
A partire dagli anni ’50 del secolo scorso, la produzione mondiale di plastica è cresciuta in media del 9% all’anno, raggiungendo quasi i 360 milioni di tonnellate nel 2018. Questo aumento considerevole è imputabile a diversi fattori, come la globalizzazione, l’urbanizzazione e le tendenze di mercato che puntano ad alimenti porzionati e pronti all’uso. Per evitare ripercussioni ambientali, l’Unione Europea ha emanato una direttiva apposta per limitare l’utilizzo di plastiche usa-e-getta e favorire l’utilizzo da parte delle industrie di scelte più sostenibili. L’obbiettivo di questo elaborato è quello di analizzare le attuali soluzioni presenti nel settore del confezionamento alimentare, con particolare attenzione ai polimeri in bioplastica. Questi ultimi infatti vengono spesso designati come materiale sostenibile, in grado di sostituire le plastiche tradizionali rendendo cosi le confezioni “eco-compatibili”. I risultati della ricerca hanno permesso di riscontrare come vi siano diverse categorie di bioplastiche, le quali possono essere ricavate da fonti rinnovabili o da fonti fossili. Inoltre non tutti i biopolimeri soddisfano i requisiti di biodegradabilità, oppure necessitano di particolari condizioni ambientali riscontrabili solo in compostatori industriali, rendendo questi materiali potenzialmente inquinanti se dispersi nell’ambiente. Al momento solo alcuni biopolimeri hanno trovato impiego a livello industriale, come il policaprolattone, la miscela di amidi o le bioplastiche drop-in (non biodegradabili ed ottenute da fonti rinnovabili), per la produzione di contenitori e bottiglie o come rivestimento di altri materiali, Su questa base, le scelte da adottare in materia di confezionamento al fine di rendere le confezioni dei prodotti più sostenibili richiedono un’attenzione più accurata, sia sui materiali utilizzati sia sulle dimensioni delle confezioni.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/150969