In questo elaborato, dal titolo “Nei luoghi del Dark Tourism: Jukai, la foresta dei suicidi”, viene analizzata una particolare tipologia di turismo che si discosta dai posti che consideriamo obbligatori da vedere quando si decide di intraprendere un viaggio: si tratta di luoghi che sono stati teatro di battaglie, disastri, dove si sono consumate tragedie, resi ancora più noti dai mezzi di comunicazione e dai media e che negli ultimi anni sono divenuti un’attrazione per numerosi turisti. Si parla pertanto di dark tourism, un fenomeno globale per cui i turisti preferiscono alle classiche vacanze di evasione destinazioni considerate dark in quanto attratti dalla morte, dalla sofferenza o da paurose leggende. Nel primo capitolo si è affrontata l’evoluzione del turismo, comunemente associato al termine “viaggio”. Pur essendo un fenomeno moderno, il turismo affonda le sue radici nell’antichità in cui, sin dalle prime civiltà, si assiste a movimenti di gruppi di persone che possono essere considerati forme primordiali di turismo. Il concetto di turismo in senso moderno si afferma tra il Seicento e il Settecento con il diffondersi in Europa del Grand Tour, un fenomeno di élite che successivamente si trasforma in turismo di massa grazie ad alcuni cambiamenti socio-economici. Nel giro di qualche decennio il turismo di massa, dapprima prettamente europeo, si evolve in turismo internazionale e poi globale. Attualmente le nuove tecnologie assumono un ruolo fondamentale nell’organizzazione di viaggi e nella scelta delle destinazioni. Il secondo capitolo analizza il fenomeno del dark tourism con particolare riferimento alle sue origini e declinazioni che il termine ha assunto. Sebbene non esista una definizione condivisa, il dark tourism può essere definito come l’atto di viaggiare e visitare siti associati alla morte, alla sofferenza o a ciò che è apparentemente macabro. Diversi studiosi hanno tentato di classificare le esperienze del dark tourism distinguendole in relazione al livello di oscurità che le connota: quelle più oscure coinvolgono i luoghi di morte e sofferenza visitati per motivi perlopiù educativi in cui l’evento tragico è avvenuto non molto tempo prima. In questo modo il visitatore ha l’opportunità di accedere ad una zona “liminale” e vivere un’esperienza autentica che si discosta dagli standard dell’offerta tipica dell’industria turistica, per poi tornare nel suo luogo di provenienza con una sensazione di crescita o cambiamento. Nel terzo capitolo viene preso in esame uno dei siti considerati meta per molti appassionati del dark tourism: la foresta giapponese di Aokigahara, meglio conosciuta come foresta di Jukai. Si tratta di un luogo affascinante per via della flora e della fauna locale ma al contempo è anche un luogo pericoloso in quanto è molto facile perdersi al suo interno se non si rispettano i sentieri prestabiliti. La sua cattiva fama è legata soprattutto all’elevato numero di persone che decidono di recarvisi per suicidarsi: ecco perché è stata ribattezzata la “foresta dei suicidi”. Le ragioni che spingono le persone a compiere un gesto così estremo risiedono sia nelle antiche leggende giapponesi sia nella cultura di questa società. In conclusione quello del dark tourism è un fenomeno ampio da analizzare in quanto possono sorgere diverse riflessioni circa l’aspetto etico, la valenza positiva o negativa attribuita al turista del macabro e l’impatto che può generare sul territorio e sulle popolazioni locali.
Nei luoghi del Dark Tourism: Jukai, la foresta dei suicidi
BISCOZZI, ALESSANDRO
2022/2023
Abstract
In questo elaborato, dal titolo “Nei luoghi del Dark Tourism: Jukai, la foresta dei suicidi”, viene analizzata una particolare tipologia di turismo che si discosta dai posti che consideriamo obbligatori da vedere quando si decide di intraprendere un viaggio: si tratta di luoghi che sono stati teatro di battaglie, disastri, dove si sono consumate tragedie, resi ancora più noti dai mezzi di comunicazione e dai media e che negli ultimi anni sono divenuti un’attrazione per numerosi turisti. Si parla pertanto di dark tourism, un fenomeno globale per cui i turisti preferiscono alle classiche vacanze di evasione destinazioni considerate dark in quanto attratti dalla morte, dalla sofferenza o da paurose leggende. Nel primo capitolo si è affrontata l’evoluzione del turismo, comunemente associato al termine “viaggio”. Pur essendo un fenomeno moderno, il turismo affonda le sue radici nell’antichità in cui, sin dalle prime civiltà, si assiste a movimenti di gruppi di persone che possono essere considerati forme primordiali di turismo. Il concetto di turismo in senso moderno si afferma tra il Seicento e il Settecento con il diffondersi in Europa del Grand Tour, un fenomeno di élite che successivamente si trasforma in turismo di massa grazie ad alcuni cambiamenti socio-economici. Nel giro di qualche decennio il turismo di massa, dapprima prettamente europeo, si evolve in turismo internazionale e poi globale. Attualmente le nuove tecnologie assumono un ruolo fondamentale nell’organizzazione di viaggi e nella scelta delle destinazioni. Il secondo capitolo analizza il fenomeno del dark tourism con particolare riferimento alle sue origini e declinazioni che il termine ha assunto. Sebbene non esista una definizione condivisa, il dark tourism può essere definito come l’atto di viaggiare e visitare siti associati alla morte, alla sofferenza o a ciò che è apparentemente macabro. Diversi studiosi hanno tentato di classificare le esperienze del dark tourism distinguendole in relazione al livello di oscurità che le connota: quelle più oscure coinvolgono i luoghi di morte e sofferenza visitati per motivi perlopiù educativi in cui l’evento tragico è avvenuto non molto tempo prima. In questo modo il visitatore ha l’opportunità di accedere ad una zona “liminale” e vivere un’esperienza autentica che si discosta dagli standard dell’offerta tipica dell’industria turistica, per poi tornare nel suo luogo di provenienza con una sensazione di crescita o cambiamento. Nel terzo capitolo viene preso in esame uno dei siti considerati meta per molti appassionati del dark tourism: la foresta giapponese di Aokigahara, meglio conosciuta come foresta di Jukai. Si tratta di un luogo affascinante per via della flora e della fauna locale ma al contempo è anche un luogo pericoloso in quanto è molto facile perdersi al suo interno se non si rispettano i sentieri prestabiliti. La sua cattiva fama è legata soprattutto all’elevato numero di persone che decidono di recarvisi per suicidarsi: ecco perché è stata ribattezzata la “foresta dei suicidi”. Le ragioni che spingono le persone a compiere un gesto così estremo risiedono sia nelle antiche leggende giapponesi sia nella cultura di questa società. In conclusione quello del dark tourism è un fenomeno ampio da analizzare in quanto possono sorgere diverse riflessioni circa l’aspetto etico, la valenza positiva o negativa attribuita al turista del macabro e l’impatto che può generare sul territorio e sulle popolazioni locali.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
893364_tesidarktourism.pdf
non disponibili
Tipologia:
Altro materiale allegato
Dimensione
1.52 MB
Formato
Adobe PDF
|
1.52 MB | Adobe PDF |
I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14240/150198