In un contesto globale caratterizzato da persistenti squilibri internazionali, che soffocano narrazioni ed esperienze in favore di stereotipi e generalizzazioni, questo lavoro si propone di riaccendere i riflettori sulle comunità afghane, a lungo messe in secondo piano dai racconti di politica internazionale e dalle guerre decennali. Attraverso l’analisi della rappresentazione dell’alterità islamica nei media occidentali, si ripercorrono la genesi e il consolidamento della visione orientalista, responsabile di gran parte delle semplificazioni presenti oggi nel dibattito pubblico. Utilizzando i discorsi intorno alla nozione di failed state, frequentemente accostata all’Afghanistan, e osservando i qawm – le particolari realtà socio-politiche informali createsi nel territorio – si teorizza che l’approccio top-down occidentale di stampo imperialista, laddove applicato a realtà diverse da quelle occidentali, sia fallimentare. Attraverso l’approfondimento storico legato alla nascita del movimento talebano in Afghanistan si tenta di decostruire la narrazione stereotipata legate a quel territorio, dipinto come un paese medievale e incapace di fare propria la modernità che le diverse dominazioni straniere hanno provato a esportare, di cui i terroristi islamici sono l’unica e naturale espressione politica. In conclusione, con l’obiettivo di scardinare definitivamente gli stereotipi, trovano spazio alcune storie di persone afghane che, a dispetto delle difficoltà, utilizzano spazi di agency sempre diversi formando un mosaico di identità resistenti che meglio rappresentano l’eterogeneità del capitale umano afgano. ​

Afghanista: identità resistenti oltre gli stereotipi

PERCIAVALLE, ALESSANDRO
2022/2023

Abstract

In un contesto globale caratterizzato da persistenti squilibri internazionali, che soffocano narrazioni ed esperienze in favore di stereotipi e generalizzazioni, questo lavoro si propone di riaccendere i riflettori sulle comunità afghane, a lungo messe in secondo piano dai racconti di politica internazionale e dalle guerre decennali. Attraverso l’analisi della rappresentazione dell’alterità islamica nei media occidentali, si ripercorrono la genesi e il consolidamento della visione orientalista, responsabile di gran parte delle semplificazioni presenti oggi nel dibattito pubblico. Utilizzando i discorsi intorno alla nozione di failed state, frequentemente accostata all’Afghanistan, e osservando i qawm – le particolari realtà socio-politiche informali createsi nel territorio – si teorizza che l’approccio top-down occidentale di stampo imperialista, laddove applicato a realtà diverse da quelle occidentali, sia fallimentare. Attraverso l’approfondimento storico legato alla nascita del movimento talebano in Afghanistan si tenta di decostruire la narrazione stereotipata legate a quel territorio, dipinto come un paese medievale e incapace di fare propria la modernità che le diverse dominazioni straniere hanno provato a esportare, di cui i terroristi islamici sono l’unica e naturale espressione politica. In conclusione, con l’obiettivo di scardinare definitivamente gli stereotipi, trovano spazio alcune storie di persone afghane che, a dispetto delle difficoltà, utilizzano spazi di agency sempre diversi formando un mosaico di identità resistenti che meglio rappresentano l’eterogeneità del capitale umano afgano. ​
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