Lo scopo del presente elaborato è approfondire il ruolo dell'ippocampo nello sviluppo del disturbo da stress post-traumatico (PTSD). Si è infatti ipotizzato che l'ippocampo avesse un ruolo in questo senso, anche perché alcune delle funzioni disregolate nel disturbo sembrano essere quelle di cui questa struttura si occupa. Il fatto che le modificazioni strutturali e funzionali dell'ippocampo siano così significative, potrebbe essere un incentivo a lavorare in questa direzione per migliorare la terapia farmacologica e per sfruttare la plasticità neuronale nella terapia clinica. Dopo una breve descrizione della struttura ippocampale, del PTSD e della risposta da stress, necessaria per comprendere la trattazione seguente, si sono volute ricostruire le diverse ipotesi sul coinvolgimento dell'ippocampo nel disturbo. Partendo dalle prime ricerche scientifiche pubblicate da Bremner, si è esposta la sua teoria secondo la quale i pazienti con PTSD presentano un volume ippocampale inferiore rispetto ai soggetti senza disturbo. Questa teoria è stata ripresa e confermata da altri studi esposti nell'elaborato, uno portato avanti da Winter e una pubblicazione su larga scala compiuta dal gruppo di ricerca di Logue. In seguito è stato approfondito il deficit funzionale dell'ippocampo, oltre quello strutturale, attraverso le ricerche di Lazarov e di Rosso. Il primo ha indagato la connettività funzionale delle due parti dell'ippocampo, anteriore e posteriore, con altre zone del cervello centrali nello sviluppo dei sintomi del PTSD, il Salience Network e il Default Mode Network. Il secondo ha approfondito come la presenza di alcune sostanze nell'ippocampo, il glutammato e l'n-acetilaspartato, possa essere un marker dell'eccitotossicità neuronale che ne compromette la struttura nel PTSD. Infine, viene esposto lo studio di Bonne e colleghi, in contrasto con l'ipotesi di Bremner, per fornire anche un punto di vista opposto. In conclusione, si può affermare che la maggior parte dei gruppi di ricerca siano riusciti a dimostrare che il volume ippocampale minore correli con la presenza di PTSD, o almeno con l'esposizione ad uno stressor. Vi sono, però, ancora dei punti oscuri che dovranno essere indagati, tra cui la corretta relazione di consequenzialità causale tra la modificazione dell'ippocampo e lo sviluppo di PTSD e la comorbidità con alcune psicopatologie che potrebbero essere la vera causa della modificazione, come la depressione. L'elaborato termina con un invito per la ricerca futura, che avrà il compito di rispondere a queste ultime domande ancora irrisolte e di cercare un'applicazione pratica a queste scoperte, magari nell'ottica di un approccio bottom-up, per migliorare le condizioni di vita dei pazienti con disturbo da stress post-traumatico.

Il ruolo dell'ippocampo nel disturbo da stress post-traumatico

CINTORI, VERONICA
2019/2020

Abstract

Lo scopo del presente elaborato è approfondire il ruolo dell'ippocampo nello sviluppo del disturbo da stress post-traumatico (PTSD). Si è infatti ipotizzato che l'ippocampo avesse un ruolo in questo senso, anche perché alcune delle funzioni disregolate nel disturbo sembrano essere quelle di cui questa struttura si occupa. Il fatto che le modificazioni strutturali e funzionali dell'ippocampo siano così significative, potrebbe essere un incentivo a lavorare in questa direzione per migliorare la terapia farmacologica e per sfruttare la plasticità neuronale nella terapia clinica. Dopo una breve descrizione della struttura ippocampale, del PTSD e della risposta da stress, necessaria per comprendere la trattazione seguente, si sono volute ricostruire le diverse ipotesi sul coinvolgimento dell'ippocampo nel disturbo. Partendo dalle prime ricerche scientifiche pubblicate da Bremner, si è esposta la sua teoria secondo la quale i pazienti con PTSD presentano un volume ippocampale inferiore rispetto ai soggetti senza disturbo. Questa teoria è stata ripresa e confermata da altri studi esposti nell'elaborato, uno portato avanti da Winter e una pubblicazione su larga scala compiuta dal gruppo di ricerca di Logue. In seguito è stato approfondito il deficit funzionale dell'ippocampo, oltre quello strutturale, attraverso le ricerche di Lazarov e di Rosso. Il primo ha indagato la connettività funzionale delle due parti dell'ippocampo, anteriore e posteriore, con altre zone del cervello centrali nello sviluppo dei sintomi del PTSD, il Salience Network e il Default Mode Network. Il secondo ha approfondito come la presenza di alcune sostanze nell'ippocampo, il glutammato e l'n-acetilaspartato, possa essere un marker dell'eccitotossicità neuronale che ne compromette la struttura nel PTSD. Infine, viene esposto lo studio di Bonne e colleghi, in contrasto con l'ipotesi di Bremner, per fornire anche un punto di vista opposto. In conclusione, si può affermare che la maggior parte dei gruppi di ricerca siano riusciti a dimostrare che il volume ippocampale minore correli con la presenza di PTSD, o almeno con l'esposizione ad uno stressor. Vi sono, però, ancora dei punti oscuri che dovranno essere indagati, tra cui la corretta relazione di consequenzialità causale tra la modificazione dell'ippocampo e lo sviluppo di PTSD e la comorbidità con alcune psicopatologie che potrebbero essere la vera causa della modificazione, come la depressione. L'elaborato termina con un invito per la ricerca futura, che avrà il compito di rispondere a queste ultime domande ancora irrisolte e di cercare un'applicazione pratica a queste scoperte, magari nell'ottica di un approccio bottom-up, per migliorare le condizioni di vita dei pazienti con disturbo da stress post-traumatico.
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