L'inquinamento atmosferico può essere descritto come la presenza nell'aria di uno o più contaminanti (gassosi o solidi), in quantità e con persistenza tali da causare un danno misurabile agli esseri umani. I contaminanti solidi includono il particolato atmosferico fine (PM2.5) e ultrafine (PM0.1) che sono in grado di causare effetti sul sistema cardiocircolatorio a breve o a lungo termine. I PM fine e ultrafine hanno una capacità più elevata di determinare danno nell'organismo rispetto al PM grossolano, infatti contengono una più alta concentrazione di composti organici, come idrocarburi policiclici aromatici e sono in grado di produrre radicali liberi, grazie alla presenza di metalli di transizione come cobalto, rame, ferro, nichel, vanadio. L'esposizione al PM, sia acuta che cronica, è associata ad un aumento del rischio di eventi cardiovascolari come infarto del miocardio, ictus, aritmia, insufficienza cardiaca, arteriopatia periferica e trombosi venosa. Aritmia cardiaca e infarto miocardico sono i principali eventi che sono stati associati ad un'esposizione acuta al PM, mentre l'esposizione cronica sembra indurre lo sviluppo di ipertensione che, associata all'induzione di vasocostrizione favorita dall'esposizione acuta, può portare a insufficienza cardiaca. Sono stati individuati tre possibili meccanismi attraverso i quali l'esposizione al PM può indurre effetti biologici: (a) rilascio nel circolo sanguigno di mediatori pro-ossidativi e pro-infiammatori da parte delle cellule dei polmoni sotto la stimolazione del PM; (b) traslocazione diretta del PM ultrafine nel circolo sanguigno e interazione diretta con il sistema cardiovascolare, (c) influenza sul sistema nervoso autonomo indotta dall'interazione del PM con i recettori presenti nei polmoni. A livello cellulare gli effetti tossici generati dall'esposizione al PM comprendono lo stress ossidativo (sia nei polmoni che nei tessuti vascolari), l'alterazione dell'omeostasi del calcio, la disfunzione mitocondriale (i mitocondri sono in grado di agire come principale fonte di specie reattive dell'ossigeno) e la produzione di citochine pro-infiammatorie da parte dei macrofagi alveolari. Gli effetti fisiopatologici che si possono manifestare in seguito ad un'esposizione cronica al PM comprendono diverse tipologie di patologie cardiovascolari: ischemia, aritmia, insufficienza cardiaca e aterosclerosi. Esiste perciò una stretta relazione tra l'esposizione al particolato atmosferico e la mortalità per eventi cardiovascolari e non ci sono valori limite sicuri al di sotto dei quali si possano evitare tali effetti.

Il particolato atmosferico: ruolo nella patogenesi delle malattie cardiovascolari

NOFIT, EUGENIA
2018/2019

Abstract

L'inquinamento atmosferico può essere descritto come la presenza nell'aria di uno o più contaminanti (gassosi o solidi), in quantità e con persistenza tali da causare un danno misurabile agli esseri umani. I contaminanti solidi includono il particolato atmosferico fine (PM2.5) e ultrafine (PM0.1) che sono in grado di causare effetti sul sistema cardiocircolatorio a breve o a lungo termine. I PM fine e ultrafine hanno una capacità più elevata di determinare danno nell'organismo rispetto al PM grossolano, infatti contengono una più alta concentrazione di composti organici, come idrocarburi policiclici aromatici e sono in grado di produrre radicali liberi, grazie alla presenza di metalli di transizione come cobalto, rame, ferro, nichel, vanadio. L'esposizione al PM, sia acuta che cronica, è associata ad un aumento del rischio di eventi cardiovascolari come infarto del miocardio, ictus, aritmia, insufficienza cardiaca, arteriopatia periferica e trombosi venosa. Aritmia cardiaca e infarto miocardico sono i principali eventi che sono stati associati ad un'esposizione acuta al PM, mentre l'esposizione cronica sembra indurre lo sviluppo di ipertensione che, associata all'induzione di vasocostrizione favorita dall'esposizione acuta, può portare a insufficienza cardiaca. Sono stati individuati tre possibili meccanismi attraverso i quali l'esposizione al PM può indurre effetti biologici: (a) rilascio nel circolo sanguigno di mediatori pro-ossidativi e pro-infiammatori da parte delle cellule dei polmoni sotto la stimolazione del PM; (b) traslocazione diretta del PM ultrafine nel circolo sanguigno e interazione diretta con il sistema cardiovascolare, (c) influenza sul sistema nervoso autonomo indotta dall'interazione del PM con i recettori presenti nei polmoni. A livello cellulare gli effetti tossici generati dall'esposizione al PM comprendono lo stress ossidativo (sia nei polmoni che nei tessuti vascolari), l'alterazione dell'omeostasi del calcio, la disfunzione mitocondriale (i mitocondri sono in grado di agire come principale fonte di specie reattive dell'ossigeno) e la produzione di citochine pro-infiammatorie da parte dei macrofagi alveolari. Gli effetti fisiopatologici che si possono manifestare in seguito ad un'esposizione cronica al PM comprendono diverse tipologie di patologie cardiovascolari: ischemia, aritmia, insufficienza cardiaca e aterosclerosi. Esiste perciò una stretta relazione tra l'esposizione al particolato atmosferico e la mortalità per eventi cardiovascolari e non ci sono valori limite sicuri al di sotto dei quali si possano evitare tali effetti.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/149215