Aborto: l'essere umano e la persona

Il dibattito filosofico intorno all'aborto è sempre stato uno dei temi centrali della bioetica. Le due posizioni più classiche intorno al tema sono quella di chi è a favore all'interruzione della gravidanza e chi sostiene invece che sia sempre inaccettabile. É legittimo permettere alla donna di esercitare il diritto di decidere di decidere del proprio corpo al fine di abortire? Oppure il feto è detentore di un serio diritto alla vita e questo basta per negare l'interruzione di gravidanza? Questo lavoro prenderà in considerazione le teorie di tre filosofi che, attraverso i loro scritti, hanno cercato di dare risposta a queste domande. Peter Singer rappresenta la posizione meno critica riguardo all'interruzione di gravidanza. Per detenere un serio diritto alla vita, secondo Singer, è essenziale che un essere abbia già sviluppato l'autocoscienza di sé. Questa permette a tale essere non solo di concepire sé stesso come entità nel tempo, ma anche di desiderare che tale entità continui ad esistere nel tempo: desidera di continuare a vivere. Judith Jarvis Thompson invece mette al centro della sua riflessione la donna. Ella è l'unica proprietaria del proprio corpo, il che le concede il diritto di decidere di esso in modo completamente autonomo. Thompson indaga dunque sul rapporto che sussiste tra una donna che vuole esercitare tale diritto e la legittimità dell'interruzione di gravidanza ai danni di un embrione, al quale Thompson suppone di assegnare un diritto alla vita. Infine Massimo Reichlin rappresenta la posizione più critica nei confronti dell'aborto. Egli si dichiara un esponente dell'Etica del Rispetto delle Persone (ERP). L'essere umano è un essere speciale in quanto superiore per facoltà intellettuali e organizzative. Di conseguenza, secondo Reichlin, l'aborto è, generalmente, da condannare in quanto elimina un essere unico e irripetibile.