This works aims at analyzing the evolution in the concept of reform of the liturgy during the Second Vatican Council, starting from the events immediately preceding it until the starting stage of the Conciliar Liturgical Constitution Sacrosanctum concilium, a liturgical scheme outcoming from a constant process of mediation. The revolutionary ideas of expert liturgists such as Annibale Bugnini and Giacomo Lercaro contributed to the spreading among the bishops of the concepts of pastorality and ecumenicity, brought by John XXIII at first and by Paul VI then. All this took place not without voices against, like those of cardinals Alfredo Ottaviani and Giuseppe Siri, and of other more conservative members of the Vatican Curia and the Episcopate. The gap that formed between these extreme views was filled by the milder positions of more than 2.000 bishops that were in Rome during the council. Most of them were prone to change and simplification in liturgy - that would lead to a more active and aware attendance to the Rite by the faithful - but did not have specific proposal on the way to achieve it. This superficiality is largely to be found in the chronicles of the speeches from the bishops, which were written by Giovanni Caprile during the sessions of the council, and it is confirmed by another hitherto unpublished source: the yearly pastoral epistles to the faithful. In there you may notice the evolution in the contents from 1962 (opening year of the council), where there are few pages dedicated to liturgy, up to 1965 after the council approval, when many bishops had chosen to write entirely about it in their letters. This theme has been the “background noise” during the Second Vatican Council and the Sacrosanctum Concilium, a vivid topic that has evolved together with its protagonists, and it is still today one of the most important and interesting chapters in the history of the contemporary Church.​
Questo lavoro cerca di analizzare l'evoluzione del concetto di riforma liturgica durante il Concilio Vaticano II, partendo dagli eventi immediatamente precedenti, fino ad arrivare alla fase iniziale dell'attuazione della Costituzione Conciliare Liturgica Sacrosanctum concilium, uno schema liturgico frutto di continue mediazioni. Le rivoluzionarie idee di esperti liturgisti come Annibale Bugnini e Giacomo Lercaro contribuirono alle diffusione tra i vescovi dei concetti di pastoralità ed ecumenismo sostenuti prima da Giovanni XXIII e in seguito da Paolo VI. Tutto questo avvenne non senza incontrare importanti voci contrarie, come quelle dei cardinali Alfredo Ottaviani e Giuseppe Siri e di altri esponenti più conservatori della curia e dell'episcopato. Lo spazio che si creò tra queste visioni più estreme venne occupato dalle posizioni più moderate degli oltre duemila vescovi presenti a Roma in fase conciliare. La maggior parte di essi era propensa ad un cambiamento e ad una semplificazione della liturgia che portasse verso una partecipazione più attiva e cosciente dei fedeli al rito, senza però avere delle proposte concrete su come questo potesse avvenire. Tale superficilità è ampiamente riscontrabile nella cronaca degli interventi dei vescovi fatta da Giovanni Caprile durante le sessioni del concilio e confermata da un'altra fonte inedita: le lettere pastorali scritte annualmente ai fedeli. In esse si può infatti notare l'evoluzione dei contenuti a partire dal 1962, anno di apertura del concilio - in cui poche erano le pagine dedicate alla liturgia - fino ad arrivare al 1965 quando, dopo l'approvazione conciliare, molti vescovi scelsero di parlarne dedicando intere lettere. Tutto questo è stato il “rumore di fondo” del Vaticano II e del Sacrosanctum concilium, nonché un argomento vivo che si è evoluto insieme ai suoi protagonisti, rappresentando ancora oggi uno degli aspetti più importanti ed interessanti della storia della Chiesa contemporanea. ​
L'eco dell'aula conciliare: l'evoluzione del concetto di riforma liturgica nelle lettere pastorali e negli interventi dei vescovi durante il Vaticano II
MUSSO, VALERIO
2018/2019
Abstract
Questo lavoro cerca di analizzare l'evoluzione del concetto di riforma liturgica durante il Concilio Vaticano II, partendo dagli eventi immediatamente precedenti, fino ad arrivare alla fase iniziale dell'attuazione della Costituzione Conciliare Liturgica Sacrosanctum concilium, uno schema liturgico frutto di continue mediazioni. Le rivoluzionarie idee di esperti liturgisti come Annibale Bugnini e Giacomo Lercaro contribuirono alle diffusione tra i vescovi dei concetti di pastoralità ed ecumenismo sostenuti prima da Giovanni XXIII e in seguito da Paolo VI. Tutto questo avvenne non senza incontrare importanti voci contrarie, come quelle dei cardinali Alfredo Ottaviani e Giuseppe Siri e di altri esponenti più conservatori della curia e dell'episcopato. Lo spazio che si creò tra queste visioni più estreme venne occupato dalle posizioni più moderate degli oltre duemila vescovi presenti a Roma in fase conciliare. La maggior parte di essi era propensa ad un cambiamento e ad una semplificazione della liturgia che portasse verso una partecipazione più attiva e cosciente dei fedeli al rito, senza però avere delle proposte concrete su come questo potesse avvenire. Tale superficilità è ampiamente riscontrabile nella cronaca degli interventi dei vescovi fatta da Giovanni Caprile durante le sessioni del concilio e confermata da un'altra fonte inedita: le lettere pastorali scritte annualmente ai fedeli. In esse si può infatti notare l'evoluzione dei contenuti a partire dal 1962, anno di apertura del concilio - in cui poche erano le pagine dedicate alla liturgia - fino ad arrivare al 1965 quando, dopo l'approvazione conciliare, molti vescovi scelsero di parlarne dedicando intere lettere. Tutto questo è stato il “rumore di fondo” del Vaticano II e del Sacrosanctum concilium, nonché un argomento vivo che si è evoluto insieme ai suoi protagonisti, rappresentando ancora oggi uno degli aspetti più importanti ed interessanti della storia della Chiesa contemporanea. File | Dimensione | Formato | |
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