Una opinione comune vuole che alcune opere di finzione, grazie al talento dei loro autori, riescano ad agire come chiavi di accesso a scenari liberi dalle costrizioni del quotidiano, e da supporto o avvio nei nostri viaggi immaginari verso mondi remoti e inesplorati. L'immaginazione, in questo senso, ci concederebbe il privilegio di esplorare scenari surreali, spingendo la nostra mente oltre i confini della realtà. Tuttavia, nel delicato equilibro tra reale e immaginario, l’immaginazione potrebbe incontrare degli ostacoli. Questo può accadere, ad esempio, quando ci troviamo di fronte a opere di finzione che sfidano profondamente le nostre più radicate convinzioni o la nostra sensibilità, presentandoci scenari immorali, improbabili, troppo distanti dal mondo reale, o racconti che suscitano in noi terrore e ribrezzo, costringendoci – in un certo senso – a fermarci prima di attraversare la soglia che divide il mondo reale da quello della finzione. Dove tracciamo il confine tra ciò che vogliamo o possiamo immaginare e ciò che rifiutiamo o non riusciamo a immaginare? Questo interrogativo è alla base di quello che viene chiamato dilemma o rompicapo della resistenza immaginativa. Si tratta di un fenomeno che evidenzia una intrinseca tensione tra la facoltà immaginativa e una forma di riluttanza (o impossibilità a immaginare) che occasionalmente si manifesta dinanzi all’accettare o lasciarsi coinvolgere da determinate proposizioni fittizie. La resistenza immaginativa costituisce, nel dibattito filosofico contemporaneo, un fenomeno affascinante e complesso, riconducibile a Hume (1757) nella sua prima formulazione, e che soprattutto negli ultimi trenta anni ha attirato a sé l’attenzione di studiosi provenienti da diverse discipline, come la filosofia, la psicologia e le scienze cognitive. In questa dissertazione, grazie agli strumenti della filosofia analitica, si cercherà di offrire una ampia panoramica di tale fenomeno con l’obiettivo di dimostrare che (i) si tratta di un fenomeno reale e non semplicemente di un rompicapo filosofico, che (ii) è frutto di una forma di riluttanza volontaria del fruitore a lasciarsi coinvolgere nella pratica immaginativa, e che (iii) potrebbe – forse – essere risolvibile ricorrendo ad alcune strategie riparative attuabili tanto da parte di chi immagina (un lettore) quanto da parte di chi invita a immaginare (l’autore dell’opera di finzione). Anticipiamo, così da poter orientare chi leggerà le pagine che seguono, che non riteniamo – come alcuni pensatori vogliono – che ciò che è inimmaginabile lo è per una forma di inconcepibilità e incomprensibilità cognitiva. Il nostro obiettivo sarà, allora, quello di provare a dimostrare che il problema risiederebbe nell'invito sottinteso nelle finzioni (soprattutto quelle problematiche) ad abbracciare, condividere e comprendere-empaticamente ciò che al suo interno è delineato dall'autore. In consonanza con un recente articolo (Barbero e Voltolini, 2023), condividiamo l’ipotesi che la resistenza immaginativa riguardi la sola immaginazione di tipo partecipativo e non quella di tipo sensoriale o cognitivo. In sintesi: nella pratica immaginativa possiamo comprendere alcuni passaggi problematici senza però condividerli. Successivamente cercheremo di dimostrare che la resistenza immaginativa si configuri come un fenomeno radicato principalmente nel complesso rapporto che si stabilisce tra autore e lettore.

Immaginare l'inimmaginabile. Riflessione filosofica sui limiti dell'immaginazione

CARAVELLI, ANTONELLO
2022/2023

Abstract

Una opinione comune vuole che alcune opere di finzione, grazie al talento dei loro autori, riescano ad agire come chiavi di accesso a scenari liberi dalle costrizioni del quotidiano, e da supporto o avvio nei nostri viaggi immaginari verso mondi remoti e inesplorati. L'immaginazione, in questo senso, ci concederebbe il privilegio di esplorare scenari surreali, spingendo la nostra mente oltre i confini della realtà. Tuttavia, nel delicato equilibro tra reale e immaginario, l’immaginazione potrebbe incontrare degli ostacoli. Questo può accadere, ad esempio, quando ci troviamo di fronte a opere di finzione che sfidano profondamente le nostre più radicate convinzioni o la nostra sensibilità, presentandoci scenari immorali, improbabili, troppo distanti dal mondo reale, o racconti che suscitano in noi terrore e ribrezzo, costringendoci – in un certo senso – a fermarci prima di attraversare la soglia che divide il mondo reale da quello della finzione. Dove tracciamo il confine tra ciò che vogliamo o possiamo immaginare e ciò che rifiutiamo o non riusciamo a immaginare? Questo interrogativo è alla base di quello che viene chiamato dilemma o rompicapo della resistenza immaginativa. Si tratta di un fenomeno che evidenzia una intrinseca tensione tra la facoltà immaginativa e una forma di riluttanza (o impossibilità a immaginare) che occasionalmente si manifesta dinanzi all’accettare o lasciarsi coinvolgere da determinate proposizioni fittizie. La resistenza immaginativa costituisce, nel dibattito filosofico contemporaneo, un fenomeno affascinante e complesso, riconducibile a Hume (1757) nella sua prima formulazione, e che soprattutto negli ultimi trenta anni ha attirato a sé l’attenzione di studiosi provenienti da diverse discipline, come la filosofia, la psicologia e le scienze cognitive. In questa dissertazione, grazie agli strumenti della filosofia analitica, si cercherà di offrire una ampia panoramica di tale fenomeno con l’obiettivo di dimostrare che (i) si tratta di un fenomeno reale e non semplicemente di un rompicapo filosofico, che (ii) è frutto di una forma di riluttanza volontaria del fruitore a lasciarsi coinvolgere nella pratica immaginativa, e che (iii) potrebbe – forse – essere risolvibile ricorrendo ad alcune strategie riparative attuabili tanto da parte di chi immagina (un lettore) quanto da parte di chi invita a immaginare (l’autore dell’opera di finzione). Anticipiamo, così da poter orientare chi leggerà le pagine che seguono, che non riteniamo – come alcuni pensatori vogliono – che ciò che è inimmaginabile lo è per una forma di inconcepibilità e incomprensibilità cognitiva. Il nostro obiettivo sarà, allora, quello di provare a dimostrare che il problema risiederebbe nell'invito sottinteso nelle finzioni (soprattutto quelle problematiche) ad abbracciare, condividere e comprendere-empaticamente ciò che al suo interno è delineato dall'autore. In consonanza con un recente articolo (Barbero e Voltolini, 2023), condividiamo l’ipotesi che la resistenza immaginativa riguardi la sola immaginazione di tipo partecipativo e non quella di tipo sensoriale o cognitivo. In sintesi: nella pratica immaginativa possiamo comprendere alcuni passaggi problematici senza però condividerli. Successivamente cercheremo di dimostrare che la resistenza immaginativa si configuri come un fenomeno radicato principalmente nel complesso rapporto che si stabilisce tra autore e lettore.
ITA
IMPORT DA TESIONLINE
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
816045_immaginarelinimmaginabile_caravelli.pdf

non disponibili

Tipologia: Altro materiale allegato
Dimensione 1.55 MB
Formato Adobe PDF
1.55 MB Adobe PDF

I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/148071