The first part of this work aims at a reflection about the effect that passions have in the scope of community life, since they are components of a personality and causes of actions. The text I examined is the second book of Aristotle’s Rhetoric, whose subject, in short, is the analysis of “what can prove to be convincing”. Through this study, it is actually possible to bring into focus still crucial matters in the debate about human nature. Specifically, the rhetorical point of view allows us to meditate in an original way on the mechanisms of actions and reactions in social passions par excellence. With the same guiding principle, I have selected the pathe analysed in this first part (anger, friendship, fear, shame and their opposites), which represent the above-mentioned mechanisms in a paradigmatic way. However, the theory of passions that Aristotle developed in the second book of Rhetoric, seems to be built up ad abundantiam, that is, it seems to go beyond the function that Aristotle himself explicitly conferred to it. Namely, one clearly feels like facing an essay of social psychology, whose main aspect is the strongly antagonistic character of political and social relations. This is exactly the area that I want to explore, the one of the pathos between what is individual and what is universal. Passion phenomena represent constitutive elements of human life, awaiting to receive order and form from rational judgement. Since they have an intrinsic irremovable necessary component, I wonder if passions can be totally rationalizable, always and in any case: does the awareness of one’s own passions automatically mean the ability to control them? This is the appropriate starting point of the second part of the work, specifically dedicated to the study of passions and desires’ role in Aristotle’s philosophy of action. The context is the Etica Nicomachea’s one (where in some crucial passages one can find the same reference to persuasion in its various connotations). In many passages of Etiche, it is clearly stated that the study of ethics is meant to have a practical purpose. It is also well known that a man takes the way to happiness, when he uses his own psychic highest abilities in the best way. Human actions in any time and in any case refer to a never completely peaceful interconnection between orexis (i.e. the sphere to which the impulses of passion relate) and logos. In the prospect now defined, the aim is to show how desire (orexis), as a tension that produces movement in nature, is related to knowledge, producing a communication among tradition, nature and mind, in view of a purpose. Let us think to the metaphor of the bow and the archer. The man’s hand holds the bow at its centre; he pulls the string towards himself and releases the string aiming at the distant target. In the metaphor, the man is the bow, equally summoned by logos and by pathos. The target is the good, and the hand that releases is the “will”. It is just the arrow, sharp on one side and forked on the other to wedge in the string, that is the orexis: balanced between the extremities, with a given direction, it shows men the good, not as an acquisition, but as a tension.
Lo scopo della prima parte di questo lavoro è una riflessione sull’incidenza che le passioni hanno, come componenti del carattere e causa di azioni, nell’ambito della vita in comune. Il testo in esame è il secondo libro della Retorica di Aristotele. Attraverso l’indagine di “ciò che può risultare persuasivo” (è questo, in sintesi, l’argomento della Retorica di Aristotele) è infatti possibile mettere a fuoco questioni ancora cruciali nel dibattito sulla natura umana. In particolare, il punto di vista retorico consente di riflettere in modo inedito sui meccanismi di azione e di reazione delle passioni sociali per eccellenza. Tale criterio guida anche la selezione dei pathe analizzati in questa prima parte (ira, amicizia, paura, vergogna e i loro contrari) che rappresentano in maniera paradigmatica tali meccanismi. Ma la teoria aristotelica delle passioni elaborata nel secondo libro della Retorica sembra essere costruita ad abundantiam, sembra cioè travalicare la funzione che Aristotele stesso le attribuisce esplicitamente. Si ha cioè la netta impressione di essere innanzi tutto di fronte a un saggio di psicologia sociale, il cui elemento saliente è rappresentato dal carattere marcatamente antagonistico dei rapporti politici e sociali. È questa l’area che intendo esplorare, quella del pathos fra individuale e universale. Poiché, il fenomeno passionale rappresenta un fattore costitutivo della vita umana che attende di ricevere ordine e forma dal giudizio razionale, mi chiedo se, avendo in sé una componente necessaria ineliminabile, le passioni possano dirsi interamente razionalizzabili sempre e comunque: “ri-conoscere” le proprie passioni significa automaticamente dominarle? Questo è l’opportuno punto di partenza della seconda parte del lavoro, che è dedicata specificamente allo studio del ruolo delle passioni e dei desideri nella filosofia aristotelica dell’azione. Il contesto è quello dell’Etica Nicomachea (dove compare in alcuni passi cruciali lo stesso riferimento al persuadere nelle sue diverse sfumature). Che lo studio dell’etica sia inteso avere una finalità pratica è affermato in vari luoghi delle Etiche e con molta chiarezza. Che l’uomo imbocchi la via per la felicità quando usa al meglio, nella sua componente più elevata, la propria dotazione psichica è altrettanto noto. L’agire umano rimanda sempre e comunque ad un intreccio, mai del tutto pacifico fra orexis (ossia l’ambito a cui afferiscono le spinte passionali) e logos. Nella prospettiva ora delineata si tratta di mostrare in che modo il desiderio (orexis), in quanto tensione che in natura origina movimento, si relazioni al sapere, producendo comunicazione fra costume, natura, intelletto, in vista di un fine. Si pensi alla metafora dell’arco e dell’arciere. La mano impugna l’arco al centro, tende verso sé la corda, lascia la corda mirando all’obiettivo distante. Nella metafora l’uomo è l’arco richiamato dal logos e dal pathos, ugualmente. L’obiettivo è il bene e la mano che cede la ‘volontà’. È proprio la freccia, da un lato a punta, dall’altro biforcuta per incastrarsi alla corda, che è l’orexis: in equilibrio tra gli estremi, con un senso attribuito, comunica all’uomo il bene, non come acquisizione, ma come tensione.
Desideri e passioni nella filosofia dell'azione di Aristotele
SEMENTINO, EVA
2022/2023
Abstract
Lo scopo della prima parte di questo lavoro è una riflessione sull’incidenza che le passioni hanno, come componenti del carattere e causa di azioni, nell’ambito della vita in comune. Il testo in esame è il secondo libro della Retorica di Aristotele. Attraverso l’indagine di “ciò che può risultare persuasivo” (è questo, in sintesi, l’argomento della Retorica di Aristotele) è infatti possibile mettere a fuoco questioni ancora cruciali nel dibattito sulla natura umana. In particolare, il punto di vista retorico consente di riflettere in modo inedito sui meccanismi di azione e di reazione delle passioni sociali per eccellenza. Tale criterio guida anche la selezione dei pathe analizzati in questa prima parte (ira, amicizia, paura, vergogna e i loro contrari) che rappresentano in maniera paradigmatica tali meccanismi. Ma la teoria aristotelica delle passioni elaborata nel secondo libro della Retorica sembra essere costruita ad abundantiam, sembra cioè travalicare la funzione che Aristotele stesso le attribuisce esplicitamente. Si ha cioè la netta impressione di essere innanzi tutto di fronte a un saggio di psicologia sociale, il cui elemento saliente è rappresentato dal carattere marcatamente antagonistico dei rapporti politici e sociali. È questa l’area che intendo esplorare, quella del pathos fra individuale e universale. Poiché, il fenomeno passionale rappresenta un fattore costitutivo della vita umana che attende di ricevere ordine e forma dal giudizio razionale, mi chiedo se, avendo in sé una componente necessaria ineliminabile, le passioni possano dirsi interamente razionalizzabili sempre e comunque: “ri-conoscere” le proprie passioni significa automaticamente dominarle? Questo è l’opportuno punto di partenza della seconda parte del lavoro, che è dedicata specificamente allo studio del ruolo delle passioni e dei desideri nella filosofia aristotelica dell’azione. Il contesto è quello dell’Etica Nicomachea (dove compare in alcuni passi cruciali lo stesso riferimento al persuadere nelle sue diverse sfumature). Che lo studio dell’etica sia inteso avere una finalità pratica è affermato in vari luoghi delle Etiche e con molta chiarezza. Che l’uomo imbocchi la via per la felicità quando usa al meglio, nella sua componente più elevata, la propria dotazione psichica è altrettanto noto. L’agire umano rimanda sempre e comunque ad un intreccio, mai del tutto pacifico fra orexis (ossia l’ambito a cui afferiscono le spinte passionali) e logos. Nella prospettiva ora delineata si tratta di mostrare in che modo il desiderio (orexis), in quanto tensione che in natura origina movimento, si relazioni al sapere, producendo comunicazione fra costume, natura, intelletto, in vista di un fine. Si pensi alla metafora dell’arco e dell’arciere. La mano impugna l’arco al centro, tende verso sé la corda, lascia la corda mirando all’obiettivo distante. Nella metafora l’uomo è l’arco richiamato dal logos e dal pathos, ugualmente. L’obiettivo è il bene e la mano che cede la ‘volontà’. È proprio la freccia, da un lato a punta, dall’altro biforcuta per incastrarsi alla corda, che è l’orexis: in equilibrio tra gli estremi, con un senso attribuito, comunica all’uomo il bene, non come acquisizione, ma come tensione.File | Dimensione | Formato | |
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