Obiettivo ultimo della presente trattazione è quello di analizzare la creazione di reti territoriali per comprendere se esse possano essere considerate uno strumento valido nella tutela del diritto all’abitare. Il concetto di abitare, inteso nella sua accezione di "abitare un luogo", implica non solo la presenza fisica di una casa ma anche la costruzioni di rapporti dai quali derivano sensazioni di appartenenza e identità, essenziali per il benessere psicologico e sociale di ciascuno. La rilevanza che l’alloggio vanta di avere nella vita degli individui è stata di conseguenza recepita a vari livelli in ambito giuridico - internazionale, europeo, e nazionale - sotto forma di quel diritto all’abitare che le pubbliche istituzioni dovrebbero preoccuparsi di garantire in modo efficace. A livello nazionale, le politiche abitative messe in atto a partire dal secondo dopoguerra dagli attori competenti - lo Stato e le Regioni - si sono però rivelate poco efficaci nella tutela di tale diritto all'abitare, ponendo in evidenza la necessità di una collaborazione tra istituzioni pubbliche ed enti del privato sociale. Per favorire lo sviluppo di rapporti cooperativi di sussidiarietà orizzontale a tutela del diritto all’alloggio - da realizzarsi tramite processi di co-programmazione e/o co-progettazione - è possibile ricorrere allo strumento delle reti territoriali, stanti in una serie di strategie atte alla condivisione di risorse da investire per il raggiungimento di risultati comuni. Secondo la teoria di rete, ciascun rapporto di collaborazione territoriale presenta determinate caratteristiche, dati elementi fondanti e, nel corso della sua formazione, segue tre tappe che ne scandiscono la creazione e il funzionamento, stanti nell'identificazione dei potenziali attori partner, nell’avvio del funzionamento dei legami di collaborazione e nella realizzazione delle attività di rete. L’utilizzo dello strumento di rete si rivela infine utile perché permette di accrescere e diversificare le risorse, di aumentare la flessibilità degli interventi e la loro copertura geografica, di ridurne i costi, incrementare il capitale sociale e di integrare più missioni sociali tra loro. Al fine di mostrare la validità di tali reti territoriali per la tutela del diritto all’abitare un luogo, si reputa necessario riportare un caso studio tramite il quale indagare empiricamente la costruzione e lo sviluppo di tali rapporti di collaborazione. A tal proposito viene dunque esposto il caso studio ARIS - Abitare e Reti di Inclusione Sociale, attraverso il quale si analizza la costruzione delle reti territoriali in seno al progetto, se ne mettono in evidenza le opportunità e le mancanze e si propongono possibili soluzioni al fine di potenziare lo strumento di rete. L'elaborato si conclude con la dimostrazione della validità dello strumento di rete a favore di una maggiore tutela del diritto all'abitare, nella consapevolezza che, affinché esso sia del tutto efficace, bisognerebbe tendere a una piena collaborazione tra enti pubblici e privati verso un nuovo tipo tocquevilliano di welfare nel quale l’universalismo del primo si affianca alle risorse e alle nuove progettualità portate dagli enti del privato sociale.

La creazione di reti territoriali per l’abitare: il caso ARIS – Abitare e Reti di Inclusione Sociale

ROMANO, FEDERICA
2022/2023

Abstract

Obiettivo ultimo della presente trattazione è quello di analizzare la creazione di reti territoriali per comprendere se esse possano essere considerate uno strumento valido nella tutela del diritto all’abitare. Il concetto di abitare, inteso nella sua accezione di "abitare un luogo", implica non solo la presenza fisica di una casa ma anche la costruzioni di rapporti dai quali derivano sensazioni di appartenenza e identità, essenziali per il benessere psicologico e sociale di ciascuno. La rilevanza che l’alloggio vanta di avere nella vita degli individui è stata di conseguenza recepita a vari livelli in ambito giuridico - internazionale, europeo, e nazionale - sotto forma di quel diritto all’abitare che le pubbliche istituzioni dovrebbero preoccuparsi di garantire in modo efficace. A livello nazionale, le politiche abitative messe in atto a partire dal secondo dopoguerra dagli attori competenti - lo Stato e le Regioni - si sono però rivelate poco efficaci nella tutela di tale diritto all'abitare, ponendo in evidenza la necessità di una collaborazione tra istituzioni pubbliche ed enti del privato sociale. Per favorire lo sviluppo di rapporti cooperativi di sussidiarietà orizzontale a tutela del diritto all’alloggio - da realizzarsi tramite processi di co-programmazione e/o co-progettazione - è possibile ricorrere allo strumento delle reti territoriali, stanti in una serie di strategie atte alla condivisione di risorse da investire per il raggiungimento di risultati comuni. Secondo la teoria di rete, ciascun rapporto di collaborazione territoriale presenta determinate caratteristiche, dati elementi fondanti e, nel corso della sua formazione, segue tre tappe che ne scandiscono la creazione e il funzionamento, stanti nell'identificazione dei potenziali attori partner, nell’avvio del funzionamento dei legami di collaborazione e nella realizzazione delle attività di rete. L’utilizzo dello strumento di rete si rivela infine utile perché permette di accrescere e diversificare le risorse, di aumentare la flessibilità degli interventi e la loro copertura geografica, di ridurne i costi, incrementare il capitale sociale e di integrare più missioni sociali tra loro. Al fine di mostrare la validità di tali reti territoriali per la tutela del diritto all’abitare un luogo, si reputa necessario riportare un caso studio tramite il quale indagare empiricamente la costruzione e lo sviluppo di tali rapporti di collaborazione. A tal proposito viene dunque esposto il caso studio ARIS - Abitare e Reti di Inclusione Sociale, attraverso il quale si analizza la costruzione delle reti territoriali in seno al progetto, se ne mettono in evidenza le opportunità e le mancanze e si propongono possibili soluzioni al fine di potenziare lo strumento di rete. L'elaborato si conclude con la dimostrazione della validità dello strumento di rete a favore di una maggiore tutela del diritto all'abitare, nella consapevolezza che, affinché esso sia del tutto efficace, bisognerebbe tendere a una piena collaborazione tra enti pubblici e privati verso un nuovo tipo tocquevilliano di welfare nel quale l’universalismo del primo si affianca alle risorse e alle nuove progettualità portate dagli enti del privato sociale.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/147508