Nonostante gli insetti incutano da sempre timore, si è potuto recentemente notare un maggiore interesse del pubblico nei confronti della specie di impollinatori più famosa: l’ape da miele. Il fattore principale alla base di questa tendenza è stato prendere coscienza dell’effettivo valore dell’opera di questi animali. L’impollinazione è uno dei servizi ecosistemici più importanti forniti dalla natura, in primo luogo per la salvaguardia della biodiversità, ma anche per il benessere umano e per l’economia. Quasi il 90% di tutte le piante angiosperme dipende in vasta misura dall’impollinazione animale e quasi l’80% delle circa 1.400 specie vegetali coltivate. Tuttavia, nonostante l’ape da miele (Apis mellifera) sia il maggiore attore dell’impollinazione al mondo grazie agli oltre 100 milioni di alveari allevati a livello globale, ciascuno dei quali può contare fino a 60.000 esemplari, la si è spesso indicata come l’unica, tra gli Apoidea, coinvolta nei processi della riproduzione vegetale, trascurando il servizio ecosistemico reso da altre specie di ape, comunemente definite selvatiche. Con il termine di api selvatiche ci si può riferire a una qualsiasi famiglia, ordine e specie appartenente alla superfamiglia Apoidea che condividono la caratteristica di vivere allo stato selvaggio e, nella maggior parte dei casi, allo stato solitario, passando normalmente inosservate. Il fatto che le api selvatiche non forniscano prodotti direttamente utilizzabili dalle persone, come avviene invece per le api da miele, ha fatto sì che per molto tempo venisse ignorato l’importante contributo da loro dato al settore agricolo. Per quest’ultimo aspetto occorre evidenziare l’importanza di alcune interazioni specifiche tra piante e impollinatori che possono determinare o meno il successo produttivo di una coltura. L’obbiettivo di questo studio è stato valutare lo stato della biodiversità delle comunità di api selvatiche nei siti “Parco La Mandria” e “Parco Le Vallere”, entrambi facenti parte della Città Metropolitana di Torino e caratterizzati da differenti gradi di urbanizzazione. Altro scopo di questo progetto è consistito nella realizzazione di una banca dati che potrà essere utile in futuro, nell’ambito della ricerca e del monitoraggio degli Apoidei, per valutare lo stato di biodiversità anche in relazione ai cambiamenti climatici in corso. In merito a questi obbiettivi, ci si è posti la domanda se esistessero delle differenze riguardo la composizione della fauna apistica tra le cenosi dei due siti di monitoraggio. Per rispondere alla domanda si è provveduto ad un’opera di riconoscimento, in campo e in laboratorio, degli esemplari di api selvatiche, con successiva catalogazione dei dati e loro elaborazione tramite analisi statistiche, volte a valutare il grado di diversità esistente tra le due realtà. Dai risultati ottenuti non è emersa una dissimilarità tra i due siti scelti, ma è tuttavia necessario tenere conto del fatto che questo primo studio condotto nelle due aree di monitoraggio possa non avere intercettato tutta la variabilità delle api selvatiche presenti. A questo proposito è auspicabile che possano essere condotte ulteriori ricerche allo scopo di avere una visione d’insieme più accurata e completa.
Monitoraggio della biodiversità delle api selvatiche nell'ecosistema della Città Metropolitana di Torino
ALEMANNO, DANIELE
2022/2023
Abstract
Nonostante gli insetti incutano da sempre timore, si è potuto recentemente notare un maggiore interesse del pubblico nei confronti della specie di impollinatori più famosa: l’ape da miele. Il fattore principale alla base di questa tendenza è stato prendere coscienza dell’effettivo valore dell’opera di questi animali. L’impollinazione è uno dei servizi ecosistemici più importanti forniti dalla natura, in primo luogo per la salvaguardia della biodiversità, ma anche per il benessere umano e per l’economia. Quasi il 90% di tutte le piante angiosperme dipende in vasta misura dall’impollinazione animale e quasi l’80% delle circa 1.400 specie vegetali coltivate. Tuttavia, nonostante l’ape da miele (Apis mellifera) sia il maggiore attore dell’impollinazione al mondo grazie agli oltre 100 milioni di alveari allevati a livello globale, ciascuno dei quali può contare fino a 60.000 esemplari, la si è spesso indicata come l’unica, tra gli Apoidea, coinvolta nei processi della riproduzione vegetale, trascurando il servizio ecosistemico reso da altre specie di ape, comunemente definite selvatiche. Con il termine di api selvatiche ci si può riferire a una qualsiasi famiglia, ordine e specie appartenente alla superfamiglia Apoidea che condividono la caratteristica di vivere allo stato selvaggio e, nella maggior parte dei casi, allo stato solitario, passando normalmente inosservate. Il fatto che le api selvatiche non forniscano prodotti direttamente utilizzabili dalle persone, come avviene invece per le api da miele, ha fatto sì che per molto tempo venisse ignorato l’importante contributo da loro dato al settore agricolo. Per quest’ultimo aspetto occorre evidenziare l’importanza di alcune interazioni specifiche tra piante e impollinatori che possono determinare o meno il successo produttivo di una coltura. L’obbiettivo di questo studio è stato valutare lo stato della biodiversità delle comunità di api selvatiche nei siti “Parco La Mandria” e “Parco Le Vallere”, entrambi facenti parte della Città Metropolitana di Torino e caratterizzati da differenti gradi di urbanizzazione. Altro scopo di questo progetto è consistito nella realizzazione di una banca dati che potrà essere utile in futuro, nell’ambito della ricerca e del monitoraggio degli Apoidei, per valutare lo stato di biodiversità anche in relazione ai cambiamenti climatici in corso. In merito a questi obbiettivi, ci si è posti la domanda se esistessero delle differenze riguardo la composizione della fauna apistica tra le cenosi dei due siti di monitoraggio. Per rispondere alla domanda si è provveduto ad un’opera di riconoscimento, in campo e in laboratorio, degli esemplari di api selvatiche, con successiva catalogazione dei dati e loro elaborazione tramite analisi statistiche, volte a valutare il grado di diversità esistente tra le due realtà. Dai risultati ottenuti non è emersa una dissimilarità tra i due siti scelti, ma è tuttavia necessario tenere conto del fatto che questo primo studio condotto nelle due aree di monitoraggio possa non avere intercettato tutta la variabilità delle api selvatiche presenti. A questo proposito è auspicabile che possano essere condotte ulteriori ricerche allo scopo di avere una visione d’insieme più accurata e completa.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/147232