L’impatto sconvolgente che il modello di vita capitalistico sta determinando sulla società globale è un dato ormai innegabile: gli effetti di una produzione senza freni che procede da più di quarant’anni stanno infatti avvelenando non solo l’ambiente, ma anche la psiche individuale, il nucleo familiare, il rapporto coi colleghi di lavoro e le istituzioni politiche, catapultandoci in un quadro di devastazione sempre meno reversibile che si abbatte su ogni aspetto della nostra vita quotidiana. La desertificazione dei legami sociali e l’immersione in una società sempre più liquida svigorisce di giorno in giorno la nostra capacità di delineare con chiarezza i tratti della crisi: questo non solo ci impedisce di intravedere prospettive alternative a quella esistente, ma mistifica il malessere sistemico e strutturale di cui il capitalismo è fautore, colpevolizzando al suo posto l’individuo. In che modo possiamo, quindi, riportare chiarezza su quelle che sono le cause alla base di questa crisi sistemica? Partendo dalla teoria marxista sul capitale, la prima parte dell’elaborato tenta di delinearne pregi e limiti per poter poi muovere verso l’approccio più recente di autori come Fraser e Harvey, la cui analisi si rivela decisiva nell’obiettivo di delineare un quadro generale della crisi odierna che sia davvero esaustivo. Nella seconda parte, proveremo invece ad osservare la società attraverso la scomposizione di due dimensioni specifiche: lavoro e genere. Concentrare lo sguardo su queste due sfere ci permette non solo di coglierne l’intricata e sottovalutata interconnessione, ma ci rivela anche quanto i problemi che affliggono la società attuale non siano contingenti e inspiegabili quanto spesso siamo portati a pensare: decodificare il ruolo di questi due ambiti nel corso della storia del capitale ci consente di accedere ad una visione inedita e privilegiata sul malessere pervasivo e strutturale che affligge la società da qualche decennio. Analogamente, una tale prospettiva ci porta a riflettere sulle prospettive più plausibili per il futuro: innanzitutto, una via alternativa al modello capitalista è possibile? E ammesso che lo sia, per innescare un cambiamento che sia effettivo, da dove sarebbe meglio cominciare? Dove hanno fallito i movimenti anticapitalisti fino a oggi? È forse necessario ripensare al concetto stesso di libertà se l’idea che ne abbiamo oggi non è che l’ennesimo prodotto del sistema in cui viviamo?

Capitalismo, lavoro e genere nel dibattito contemporaneo

SARTOR, ELISA
2023/2024

Abstract

L’impatto sconvolgente che il modello di vita capitalistico sta determinando sulla società globale è un dato ormai innegabile: gli effetti di una produzione senza freni che procede da più di quarant’anni stanno infatti avvelenando non solo l’ambiente, ma anche la psiche individuale, il nucleo familiare, il rapporto coi colleghi di lavoro e le istituzioni politiche, catapultandoci in un quadro di devastazione sempre meno reversibile che si abbatte su ogni aspetto della nostra vita quotidiana. La desertificazione dei legami sociali e l’immersione in una società sempre più liquida svigorisce di giorno in giorno la nostra capacità di delineare con chiarezza i tratti della crisi: questo non solo ci impedisce di intravedere prospettive alternative a quella esistente, ma mistifica il malessere sistemico e strutturale di cui il capitalismo è fautore, colpevolizzando al suo posto l’individuo. In che modo possiamo, quindi, riportare chiarezza su quelle che sono le cause alla base di questa crisi sistemica? Partendo dalla teoria marxista sul capitale, la prima parte dell’elaborato tenta di delinearne pregi e limiti per poter poi muovere verso l’approccio più recente di autori come Fraser e Harvey, la cui analisi si rivela decisiva nell’obiettivo di delineare un quadro generale della crisi odierna che sia davvero esaustivo. Nella seconda parte, proveremo invece ad osservare la società attraverso la scomposizione di due dimensioni specifiche: lavoro e genere. Concentrare lo sguardo su queste due sfere ci permette non solo di coglierne l’intricata e sottovalutata interconnessione, ma ci rivela anche quanto i problemi che affliggono la società attuale non siano contingenti e inspiegabili quanto spesso siamo portati a pensare: decodificare il ruolo di questi due ambiti nel corso della storia del capitale ci consente di accedere ad una visione inedita e privilegiata sul malessere pervasivo e strutturale che affligge la società da qualche decennio. Analogamente, una tale prospettiva ci porta a riflettere sulle prospettive più plausibili per il futuro: innanzitutto, una via alternativa al modello capitalista è possibile? E ammesso che lo sia, per innescare un cambiamento che sia effettivo, da dove sarebbe meglio cominciare? Dove hanno fallito i movimenti anticapitalisti fino a oggi? È forse necessario ripensare al concetto stesso di libertà se l’idea che ne abbiamo oggi non è che l’ennesimo prodotto del sistema in cui viviamo?
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