The central theme of this research paper is psychological assessment, with a particular focus on teleassessment, the phenomenon of malingering, and the simulation of major depressive disorder. Psychological assessment is a problem-solving process aimed at collecting, evaluating, and interpreting information related to an individual's behavior, abilities, and personal characteristics, and is designed to provide an accurate and comprehensive understanding of the individual. It uses a multi-method approach: it involves the use of various methods, including clinical interviews, observations, neuropsychological testing, and case-specific assessments. Through standardization, it is also possible to conduct psychological assessments remotely. This process is referred to as tele-assessment. Tele-assessment in clinical settings, like traditional assessment, is used for clinical and differential diagnosis, screening, symptom monitoring, and evaluation of treatment progress and outcomes; the technologies through which it can be conducted are diverse and include cell phones, videoconferencing equipment, smart phones and personal computers, as well as faxes and emails that allow for the sending and receiving of useful material for analysis. But despite its enormous usefulness, psychological assessment, both in-person and remote, can present some problems: context characteristics, individual tendencies of participants and situational factors can influence the assessment process, giving rise to a specific phenomenon called response bias. Response bias is a broad concept that refers to the tendency on the part of individuals to distort test responses. When response bias becomes systemic and occurs consistently regardless of contextual characteristics we speak of response styles: individual tendencies to falsify responses that may emerge during participation in tests or questionnaires and that require special attention from the clinician. A response bias particularly explored in this paper is negative response bias, also referred to as over-reporting or negative impression management. This bias refers to the tendency on the part of an individual to negatively distort the responses given to the items in a test and to provide in parallel a more pathological and less adaptive self-image than is actually experienced. Within this theoretical framework is the phenomenon of "malingering," defined by the DSM-5 nosography as "the intentional production of false or grossly exaggerated physical or psychological symptoms motivated by external incentives, such as avoiding military service or work, obtaining financial compensation, or escaping criminal prosecution" (p. 726). Among the disorders most prone to malingering we find depression: in fact, a malingering prevalence rate of 16.08 % has been found regarding this syndrome. This is mainly due to the vast knowledge to date about depressive symptoms, together with the substantial economic benefits that can be gained from being clinically depressed. The detection of malingering emerges as a crucial aspect of ensuring the accuracy of psychopathological assessments and preserving the integrity of the psychological diagnosis and treatment process. The purpose of this thesis is to describe the literature and tests currently available to identify this response style, analyzing their effectiveness through a comparison of research conducted in recent years, up to the study conducted by the Department of Psychology in Turin. A special focus will be placed on the effectiveness of the tests in different administration settings, including remote administration.
Il tema centrale del presente lavoro di ricerca è la valutazione psicologica, con un particolare focus sul tele-assessment, sul fenomeno del malingering e sulla simulazione del disturbo depressivo maggiore. La valutazione psicologica è un processo di problem solving volto a raccogliere, valutare e interpretare informazioni relative al comportamento, alle capacità e alle caratteristiche personali di un individuo e ha come scopo quello di fornire una comprensione accurata e completa di quest’ultimo. Si avvale di un approccio multi-metodo: vede il coinvolgimento di diverse metodologie, tra cui interviste cliniche, osservazioni, test neuropsicologici e valutazioni specifiche in base al caso. Tramite delle procedure di standardizzazione è inoltre possibile effettuare una valutazione psicologica anche da remoto. Questo processo prende il nome di tele-assessment. Il tele-assessment in ambito clinico, al pari dell’assessment tradizionale, viene utilizzato per la diagnosi clinica e la diagnosi differenziale, lo screening, il monitoraggio dei sintomi e la valutazione del progresso e degli esiti del trattamento; le tecnologie attraverso cui è possibile svolgerlo sono molteplice e includono i telefoni cellulari, le attrezzature di video-conferenza, gli smartphone e i PC. Ma nonostante la sua enorme utilità, la valutazione psicologica, sia in presenza che da remoto, può presentare alcune problematiche: caratteristiche del contesto, tendenze individuali dei partecipanti e fattori situazionali possono influenzare il processo di valutazione, dando vita a un fenomeno specifico che prende il nome di response bias. Il response bias è un concetto ampio che si riferisce alla tendenza da parte degli individui a distorcere le risposte ai test. Quando il response bias diventa sistemico e si presenta in modo consistente a prescindere dalle caratteristiche del contesto parliamo di stili di risposta: tendenze individuali alla falsificazione delle risposte che possono emergere durante la partecipazione a test o questionari e che richiedono un’attenzione particolare da parte del clinico. Un bias di risposta particolarmente approfondito in questo lavoro è il negative response bias, definito anche over-reporting o negative impression management. Questo bias fa riferimento alla tendenza da parte di un individuo a distorcere in negativo le risposte date agli item di un test e a fornire parallelamente un’immagine di sé più patologica e meno adattiva rispetto a quella realmente esperita. In questa cornice teorica si colloca il fenomeno del “malingering”, definito dalla nosografia del DSM-5 come "la produzione intenzionale di sintomi fisici o psicologici falsi o grossolanamente esagerati, motivata da incentivi esterni, come evitare il servizio militare o il lavoro, ottenere compensazioni economiche o sfuggire a un’imputazione penale” (p. 726). Tra i disturbi più soggetti a falsificazione troviamo la depressione: è stato difatti riscontrato un tasso di prevalenza di malingering del 16,08% per per quanto concerne questa sindrome. Ciò è dovuto principalmente alla vasta conoscenza che ad oggi si ha dei sintomi depressivi, unitamente agli ingenti vantaggi economici che è possibile ottenere dall’essere clinicamente depressi. L'individuazione del malingering si configura come un aspetto cruciale per assicurare la precisione delle valutazioni psicopatologiche e preservare l'integrità del processo di diagnosi e trattamento psicologico. Lo scopo di questa tesi è descrivere la letteratura e i test attualmente disponibili per identificare questo stile di risposta, analizzandone l’efficacia attraverso un confronto tra le ricerche effettuate negli ultimi anni, fino ad arrivare allo studio condotto dal Dipartimento di psicologia di Torino. Un particolare focus sarà posto sull’efficacia dei test in setting di somministrazione diversi, incluso quello da remoto.
Dall'assessment classico al tele-assessment: Un'analisi comparativa della sensibilità di IOP-29 e IOP-M nella simulazione di depressione
RENDA, MARSIA
2022/2023
Abstract
Il tema centrale del presente lavoro di ricerca è la valutazione psicologica, con un particolare focus sul tele-assessment, sul fenomeno del malingering e sulla simulazione del disturbo depressivo maggiore. La valutazione psicologica è un processo di problem solving volto a raccogliere, valutare e interpretare informazioni relative al comportamento, alle capacità e alle caratteristiche personali di un individuo e ha come scopo quello di fornire una comprensione accurata e completa di quest’ultimo. Si avvale di un approccio multi-metodo: vede il coinvolgimento di diverse metodologie, tra cui interviste cliniche, osservazioni, test neuropsicologici e valutazioni specifiche in base al caso. Tramite delle procedure di standardizzazione è inoltre possibile effettuare una valutazione psicologica anche da remoto. Questo processo prende il nome di tele-assessment. Il tele-assessment in ambito clinico, al pari dell’assessment tradizionale, viene utilizzato per la diagnosi clinica e la diagnosi differenziale, lo screening, il monitoraggio dei sintomi e la valutazione del progresso e degli esiti del trattamento; le tecnologie attraverso cui è possibile svolgerlo sono molteplice e includono i telefoni cellulari, le attrezzature di video-conferenza, gli smartphone e i PC. Ma nonostante la sua enorme utilità, la valutazione psicologica, sia in presenza che da remoto, può presentare alcune problematiche: caratteristiche del contesto, tendenze individuali dei partecipanti e fattori situazionali possono influenzare il processo di valutazione, dando vita a un fenomeno specifico che prende il nome di response bias. Il response bias è un concetto ampio che si riferisce alla tendenza da parte degli individui a distorcere le risposte ai test. Quando il response bias diventa sistemico e si presenta in modo consistente a prescindere dalle caratteristiche del contesto parliamo di stili di risposta: tendenze individuali alla falsificazione delle risposte che possono emergere durante la partecipazione a test o questionari e che richiedono un’attenzione particolare da parte del clinico. Un bias di risposta particolarmente approfondito in questo lavoro è il negative response bias, definito anche over-reporting o negative impression management. Questo bias fa riferimento alla tendenza da parte di un individuo a distorcere in negativo le risposte date agli item di un test e a fornire parallelamente un’immagine di sé più patologica e meno adattiva rispetto a quella realmente esperita. In questa cornice teorica si colloca il fenomeno del “malingering”, definito dalla nosografia del DSM-5 come "la produzione intenzionale di sintomi fisici o psicologici falsi o grossolanamente esagerati, motivata da incentivi esterni, come evitare il servizio militare o il lavoro, ottenere compensazioni economiche o sfuggire a un’imputazione penale” (p. 726). Tra i disturbi più soggetti a falsificazione troviamo la depressione: è stato difatti riscontrato un tasso di prevalenza di malingering del 16,08% per per quanto concerne questa sindrome. Ciò è dovuto principalmente alla vasta conoscenza che ad oggi si ha dei sintomi depressivi, unitamente agli ingenti vantaggi economici che è possibile ottenere dall’essere clinicamente depressi. L'individuazione del malingering si configura come un aspetto cruciale per assicurare la precisione delle valutazioni psicopatologiche e preservare l'integrità del processo di diagnosi e trattamento psicologico. Lo scopo di questa tesi è descrivere la letteratura e i test attualmente disponibili per identificare questo stile di risposta, analizzandone l’efficacia attraverso un confronto tra le ricerche effettuate negli ultimi anni, fino ad arrivare allo studio condotto dal Dipartimento di psicologia di Torino. Un particolare focus sarà posto sull’efficacia dei test in setting di somministrazione diversi, incluso quello da remoto. File | Dimensione | Formato | |
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